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DAD, FAD, BOH? The digital madness.

By 18 Novembre 2020 No Comments

C’è vita oltre il divano, ma è solo un’ipotesi. (trovata da qualche parte su Internet)
Cattura molto bene la dimensione irreale e disumana della situazione che stiamo vivendo.
Un periodo dove il dramma si abbina al comico, alla follia, di un mondo che insieme alla salute sta perdendo anche i punti di riferimento che definiscano una direzione meritevole degli sforzi.
Nella famosa piramide dei bisogni di Maslow siamo scalati verso la parte bassa, quella dove i bisogni di sopravvivenza – fisica, economica, sociale – sono quelli predominanti relegando tutto il resto a un palliativo di soddisfazione ‘digitale’.

E’ proprio di questi giorni la discussione sulla chiusura/riapertura delle scuole e sul ricorso alla DAD. Acronimo bruttissimo per Didattica A Distanza, anche se forse la traduzione sottintesa è Dove l’Apprendimento è Dimenticato.
Gemello della DAD è la FAD: Formazione A Distanza (volendo si può aggiungere anche on-line), spesso richiesto dalle aziende e strumento utilizzato da una pletora di formatori e consulenti. 
Chiarisco subito che comprendo bene come oggi la prima priorità sia di combattere la pandemia e che l’uso di mascherine, distanziamento sociale e lavaggio delle mani siano contromisure necessarie. Capisco altrettanto bene il problema che affligge chi vive di formazione che dovendo campare ha ripiegato su Internet, sui Webinar e via dicendo. Lo capisco perché anche noi siamo stati pesantemente colpiti dallo stop alle attività di formazione. Tuttavia è una strada che non abbiamo voluto percorrere pur soffrendo di un calo pesante di attività, una decisione sofferta ma che origina dalla convinzione in certi principi di efficacia e valori a cui, finché potremo sostenerlo, non intendiamo rinunciare.

La FAD – Formazione A Distanza è parte di una tendenza più generale che esiste da anni  nelle aziende e cioè la svalutazione delle attività di formazione dove, purtroppo ancora in molti casi, i training, l’apprendimento sono visti come un costo da evitare o, nel migliore dei casi, finanziare. 
L’arrivo dei corsi on-line sarà parso a molti come la risposta: nessuna assenza dal lavoro, costi contenuti, possibilità di usufruirne in modo spezzettato (magari a casa o alla sera), impegno massimo uno o due ore (di più è difficile resistere fissi davanti a un monitor). 
Sembra quasi la soluzione perfetta.
Progenitore della FAD fu la didattica per corrispondenza:
I corsi per corrispondenza erano composti da materiale cartaceo inviato per lettera, spesso corredato d’informazioni e istruzioni su come studiare; nelle fasi di verifica della formazione trasmessa venivano utilizzati test scritti, che il discente inviava per posta al docente dopo averli svolti. La prova di valutazione rappresentava quasi sempre l’unica modalità d’interazione tra docente e studente. (Wikipedia)
Successivamente arrivarono le tecnologie audiovisive: radio e TV e infine le tecnologie informatiche (e-learning).
Certamente strumenti importanti e in qualche modo utili ma con un’efficacia che dipende dal tipo di competenza che si vuole acquisire: molto valida per compiti basati su una serie di step ben definiti (basati su algoritmi, ad esempio uso di software, vedi excel ecc.) meno efficace dove la competenza da acquisire necessità di esperienza, di una guida e di un feedback efficace e dove la teoria si deve sposare con la pratica. 
Del resto il buon senso ci aiuta: vi fareste operare da un dottore che ha appreso la chirurgia seguendo dei webinar? E per quando possiate provarci è praticamente impossibile imparare a nuotare seguendo un corso on-line: devi andare in piscina, bagnarti e ingurgitare qualche boccata di acqua con il cloro. 
Una competenza è la somma di teoria e pratica, altrimenti è una conoscenza. In altre parole è la differenza tra il sapere teoricamente come una cosa va fatta e saperla fare effettivamente, in pratica.

Secondo l’Ocse ogni anno il 40% degli adulti per i quali sono disponibili i dati partecipa ad attività di formazione, in Italia, poco più del 20%. 
Purtroppo lo si riscontra nel continuo calo delle performance e nello stato di impoverimento e abbassamento di molte competenze in molte organizzazioni. Considerazioni che dovrebbero essere di interesse di chiunque si interessi di formazione, primi tra tutti chi, all’interno delle organizzazioni, ha il compito di migliorare o costruire nuove competenze. 
Assistiamo invece a una confusione dove pare che lo stimolo ad effettuare una scelta piuttosto che un altra è determinata dalla moda del momento (sembra che tutti leggano gli stessi libri e inseguano le mode del momento), dall’attenzione al limite del ridicolo sui tools e da seguire le attività che più appaiono sui ‘social’ o sulle riviste di moda (economica, ovviamente) invece che su un’analisi corretta delle necessità e sull’efficacia della formazione e sui presupposti e conseguenze che ne dovrebbero determinare la progettazione, l’esecuzione e il follow-up.

In una bella intervista su il DOMANI del 18 novembre, Max Pezzali risponde cosi al giornalista che gli chiede:
(Giornalista) Concerti che come tutti gli altri sono saltati a causa della pandemia…ci sarà un cambiamento di come le persone vivono il tempo libero e il divertimento dal tuo punto di vista, quello del palco con le folle di fronte?
(Max Pezzali) Credo che le folle torneranno perchè il concerto non è andare a sentire uno che canta. E’ andare a sentire te stesso che canti con la tua fidanzata o i tuoi amici, o sconosciuti che sono lì per lo stesso motivo. Paradossalmente è più plausibile che non sia più necessario registrare le canzoni in studio. La musica è nata non registrata, c’erano solo gli spartiti. La gente se la suonava da sola a casa e gli editori musicali nascono per gli spartiti. La musica potevi solo andarla a sentire o suonartela da solo.
Il rito del luogo è cruciale.
(…) E’ l’evento collettivo lo spettacolo, è l’essere lì tutti insieme, condividere l’esperienza. Tornerà per forza perchè il bisogno delle persone di essere folla, di condividere quel tipo di emozione, è insopprimibile. Penso che quando tutto sarà finito la gente avrà una tale voglia di comunità che non torneranno a casa per settimane, sarà un’esplosione di gioia e di vitalità. Denaro permettendo.
(Massimo Coppola – “Per la mia Generazione X sono quello che al bar c’è sempre” L’ultimo baluardo prima dell’oblio – Domani – 18 novembre 2020)

Emozione, condividere l’esperienza, fare insieme, il rito del luogo, umanità… ecco perché il digitale è solo un surrogato e non può sostituire un’esperienza dal vivo. 
Musica, concerti, apprendimento, persone… non avatar…
Questa brutta cosa della pandemia finirà e lì torneremo. 
Deve confessare che sono provato da questa pazzia digitale e non sono il solo, molti cominciano a non poterne più di webinar e affini.

FAD, Formazione A Distanza, curiosamente c’è anche una parola inglese uguale: ‘fad’. Vuol dire ‘moda, mania, capriccio’, qualcosa nella quale le persone hanno interesse per un breve periodo di tempo. Poi sparisce…
E BOH? Un’interiezione, una categoria di parole invariabili con il valore di frase, usata per esprimere emozioni o stati soggettivi del parlante.
Boh? esprime incertezza o incredulità… incertezza su quello che sarà e incredulità su tutta questa foga sul ‘digitale’.
Per fortuna che, prima o poi, arriverà il momento di alzarsi dal divano.

Buona settimana
Design a better world
Massimo 

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