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La Spinta … sempre noi!

Proseguiamo con una carrellata su Heiko – i primi dieci anni vengono una volta sola – ospitando un pezzo di Silvia. 
Silvia, attrice e autrice scrive i suoi monologhi e poi li recita con un uso sapiente della parola e del gesto. Ho assistito a diversi suoi spettacoli, alcuni ospitati all’interno di nostre attività e nonostante li abbia visti più volte riesco sempre a emozionarmi.
La sua originalità e creatività unite a una grande professionalità e preparazione sono state l’origine e la Spinta di una collaborazione che prosegue da anni.
Lei lo racconta cosi.
Alla fine un mio breve commento.
Buona lettura
Massimo

La Spinta di Silvia Elena Montagnini

Io sono nata ad Ivrea. Per noi di Ivrea ci sono la Mugnaia e l’Olivetti.
La prima – secondo leggenda – aveva liberato la città dal tiranno durante l’esercizio dello ius primae noctis decapitandolo come la caravaggesca Giuditta con Oloferne: una popolana, donna ha liberato una città. E da lì poi il carnevale col tiro delle arance e tutto a seguire ma non vi sto a raccontare. 
L’altro… anzi gli altri. Perché son due. Mica solo Adriano. Anzi. Camillo in primis. E poi, certo Adriano. 
E di questi credo non ci sia nulla da dire. 

Quando tu entri a Ivrea è possibile che per le strade del centro incontri stendardi del carnevale, ma quello dipende dal periodo, certo. Ma prima di prendere Lungo Dora che ti porta al cuore della città c’è la fontana di Camillo. Il papà di Adriano. Quello che ha fondato lui, l’Olivetti. Una parete di roccia naturale. Era già lì. Al centro un altorilievo di bronzo: la faccia col barbone di Camillo Olivetti. Tutt’intorno edera (quando i fuochi d’artificio del carnevale non la bruciano per sbaglio, ma quella è un’altra storia.) 
Come se Camillo uscisse dalla roccia, fosse forgiato dalla roccia e dall’acqua. Fermo con quelle belle barbe lunghe degli uomini di quei tempi lì, che ora son tornate di moda, ma accompagnate dal pantalone alto sopra la caviglia. 

Per noi di Ivrea gli eroi erano una donna rivoluzionaria del popolo e due dei più grandi industriali che il secolo scorso abbia prodotto. Strano eh? Non sembrano poter andare insieme, sembrano storie che non c’entrano. 
Il carnevale di Ivrea nella storia si è fermato due volte dopo la guerra. Perché a noi Eporediesi se ci tocchi il carnevale ci vengono i cinque minuti. Ovviamente la seconda volta è stata la mannaia del Covid, e la prima volta quando è morto Adriano Olivetti. Un lutto cittadino portato senza se e senza ma. Per ogni eporediese non era concepibile festeggiare con un lutto simile. 

Lo so che pare campanilistico, e sicuramente lo è. Ma noi con quei principi di umanità e di etica del lavoro ci siamo cresciuti. 

Questo è il punto in cui potete anche dire: e a me? 
Ora ci arrivo. 
Ho incontrato Heiko (Max e Doretta) qualche anno fa. Ci avevano invitati a fare lo spettacolo Antartica in un Lead Talk. Noi ci siamo andati e abbiamo cercato di fare bene il nostro. 
Con Doretta  spesso ricordiamo sorridendo la nostra telefonata prima di arrivare. Lei ci domanda molte cose, io rispondo e, dopo un po’, mi esce la frase “non si preoccupi”. Lei risponde: “è il mio dovere preoccuparmi”. Un po’ ho pensato: ma come? Poi: ma sì alla fin fine faccio anche io così. Il terzo pensiero: ok bene. Ci tengono a fare le cose come si deve. Ci troviamo.

Ora. Io faccio l’attrice perché non riuscirei mai a fare il vostro lavoro. Infatti faccio un lavoro che quasi non è un lavoro. 
Visto da fuori penso che il vostro sia un mestiere di una complessità indescrivibile, quello di avere a che fare con processi che stanno diventando sempre più complessi, gestione di risorse, economiche, umane, leggi, globalizzazione, costo del lavoro. Che lingua difficile parlate. 
Penso che sia facile perdersi, perdere le priorità. Perdere l’equilibrio. 
Eppure una cosa in comune abbiamo noi, nonostante sembri che facciamo lavori così diversi: siamo un pò funamboli. 

Un grande regista di teatro inglese, Peter Brook, agli attori con cui lavorava faceva fare l’esercizio del funambolo, fingere – camminando su un tappeto – di camminare su una corda. Più che un esercizio lo considerava un buon esempio per dire cosa sia la vita di un attore. Il funambolo, per trovare l’equilibrio camminando sul filo, deve saper vedere il punto d’arrivo e allo stesso tempo cosa c’è ai lati. Deve oscillare senza perdere di vista la meta, non fermarsi, irrigidirsi. congelarsi nella paura. Non perdere di vista nulla di ciò che c’è. Altrimenti cadrebbe. Tra questi vettori di equilibrio c’è il perché. La Spinta. Non si può perdere il perché, se no si cadrebbe.
Dimenticarsi il perché.                                                                                                            
Non il cosa o il come ma il perché. 

Ecco. Io con Heiko ho visto molti perché.

Silvia

Grazie Silvia!
Tra i tanti ‘perché’ ci sono tre temi fondamentali.

L’EQUILIBRIO, dinamico, adattabile, quello di Einstein: “la vita è come andare in bicicletta: se vuoi stare in equilibrio devi muoverti. Oggi con le forti turbolenze che stiamo vivendo la capacità di essere equilibrati e di stare in equilibrio è una delle capacità fondamentali soprattutto per chi ha un ruolo di responsabilità. Stare in equilibrio oggi vuol dire avere la capacità di muoversi anche in direzioni nuove. Vuol dire non essere preda di istinti primordiali soprattutto in un’epoca di infodemia ma guardare le cose con il necessario distacco ed equilibrio.

Il SIGNIFICATO, il più grande dei ‘perchè’ e cioè la ragione per cui facciamo qualcosa. Una delle ragioni della bassa motivazione che si riscontra in tante organizzazioni, tra tante altre cause, deriva anche da un lavoro che ha perso il suo significato originario che non può essere solo quello di lavorare per ‘fare soldi’ o ‘più profitti’. Lo diceva molto bene Adriano Olivetti: 
(…) Può l’industria darsi dei fini? Si trovano questi semplicemente nell’indice dei profitti?
Non vi è al di là del ritmo apparente qualcosa di più affascinante, una destinazione, una vocazione anche nella vita di una fabbrica?(…)
(…) La fabbrica di Ivrea, pur agendo in un mezzo economico e accettandone le regole, ha rivolto i suoi fini e le sue maggiori preoccupazioni all’elevazione materiale, culturale, sociale del luogo ove fu chiamata ad operare, avviando quella regione verso un tipo di comunità nuova ove non sia più differenza sostanziale di fini tra i protagonisti delle sue umane vicende, della storia che si fa ogni giorno per garantire ai figli di quella terra un avvenire, una vita più degna di essere vissuta. (Adriano Olivetti in un discorso ai dipendenti, 1955)

E, infine, collegato al significato il terzo elemento: la SPINTA. Quella molla che ci spinge per spenderci in una cosa a cui diamo importanza, per cui vale la pena di impegnarsi.
E nel nostro caso uno dei ‘perché’ è cercare di dare il nostro – piccolo, infinitamente piccolo – contributo per rendere il mondo migliore.

Buona settimana.
Design a better world
Massimo

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