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Il virus che uccide più del Covid: l’irresponsabilità.

By 10 Novembre 2020 No Comments

Una chiacchierata con un caro amico mi ha suggerito la riflessione di oggi, proprio in uno momento così impegnativo nella lotta al Covid.

Oggi va di moda il termine ‘narrazione’, sarebbe più esatto definirlo ‘propaganda’.

Propaganda: 1. Azione che tende a influire sull’opinione pubblica, orientando verso determinati comportamenti collettivi, e l’insieme dei mezzi con cui viene svolta.
2. estens. Complesso di notizie destituite di ogni fondamento, diffuse ad arte e per fini particolari: non mi hai fatto certo una bella p. nel tuo ambiente!; si è trattato di una p. denigratoria per rovinargli la carriera; sono tutte menzogne, dette solo per farsi p.!; è tutta p.!; è solo p.!
(Treccani)

E’ stato l’agire dei nostri cittadini che fa parlare in tutto il mondo di un modello Italia che, con tutta la prudenza del caso, si sta rivelando molto efficace”. 
Presidente Giuseppe Conte – 27 settembre 2020

Qui sotto vedete una tabella con un confronto interessante.
Lascio all’amico/lettore il compito di trarre le conclusioni che preferisce.

I ‘negazionisti’ più pericolosi sono quelli che negano la propria incompetenza. Temo purtroppo che non ne siano nemmeno consapevoli.
E l’incompetenza uccide.

Cosa ci si aspetterebbe da chi ha la responsabilità di governare una crisi (governo, regioni, esperti, commissari)?  
Probabilmente capacità, competenza, comunicazione (non diffondere panico), credibilità e l’umiltà di capire se altri stanno facendo meglio.

Un irresponsabile è una persona che si comporta in modo sconsiderato, da incosciente, mettendo in pericolo sé e gli altri. Con questo significato, anche riferito alle azioni che dimostrano mancanza di senso di responsabilità, e quindi sconsideratezza, incoscienza.
(Treccani)

C’è tuttavia un altro tipo di irresponsabilità che è quella dimostrata da tutti quelli che non rispettano le regole per contenere il contagio: mascherina, lavaggio delle mani, distanziamento sociale.
Continuiamo a vedere persone che utilizzano le mascherine in modo improprio o per proteggere parti del corpo che non sono né bocca né naso. 
Se lo fanno in contesti/luoghi dove sono presenti altre persone è da irresponsabili.
E un irresponsabile come un incompetente è pericoloso per sé e per gli altri.

Il senso di responsabilità si forma attraverso apprendimenti, relazioni, compartecipazione emotiva, riflessioni e introiezioni delle norme della convivenza civile. E’ il risultato di un percorso dove i modelli familiari, scolastici e sociali hanno, insieme alle esperienze dirette, un ruolo fondamentale. Quando c’è una corrispondenza tra i valori presenti in famiglia, a scuola e nella società, il senso di responsabilità si sviluppa naturalmente perché acquista un forte significano per l’individuo in rapporto alle attese degli altri. C’è una coerenza che rafforza. Ci si sente parte di un tutto.

(…) I messaggi che fanno appello al senso del dovere sono considerati obsoleti e guardati con sufficienza.
(Anna Oliviero Barberis)

L’irresponsabilità può essere combattuta solo rinforzando il suo opposto cioè il senso di responsabilità, seguire regole anche quando non le si condividono. Le regole, le leggi, sono lì per consentire il vivere di una comunità.
Sono anche convinto che la maggior parte delle persone siano responsabili ma che ogni tanto in questa confusione di messaggi anche contrastanti sia facile perdere l’orientamento che, invece, dobbiamo  ritrovare.
Proteggere noi stessi e gli altri, a maggior ragione se anziani o soggetti a rischio, è un dovere che dobbiamo al nostro vivere civile.

Dobbiamo riscoprire il senso di un valore che abbiamo perso: il rispetto. 
Il rispetto per le persone, per le cose, per l’ambiente, per la nostra e l’altrui sicurezza. 
Il rispetto è un sentimento e un atteggiamento di riguardo, di attenzione verso gli altri. Dobbiamo averne e dimostrarlo per riceverne altrettanto in cambio.

E’ un piccolo disagio indossare la mascherina, una cosa che non mi piace, non la trovo naturale, ma è un fastidio che sopporto volentieri convinto che sia un piccolo gesto di attenzione verso gli altri. Un piccolo contributo per una grande battaglia.
Già perché siamo impegnati in una battaglia difficile con un nemico insidioso, invisibile e pericoloso. Possiamo vincerlo se tutti ci atteniamo ad alcune semplice regole che lo colpiscono là dove è più debole. Un’esperta l’ha definito un ‘virus opportunista’ cioè prospera in mezzo alle persone e sarà proprio là dove lo sconfiggeremo.

Abbiamo una sorta di tacita accettazione verso i ‘furbetti’, verso quelli che aggirano le regole, quelli che scantonano, quelli che sembrano più bravi, più ‘furbi’. 
Devo ammettere che mi infastidiscono e non riescono proprio a piacermi, li trovo patetici. Non li capisco. Ma chi credono di fregare? 
In realtà fregano solo chi fa bene, chi segue le regole e so che come loro ‘fregano’ il sistema domani ‘fregheranno’ me, perché il loro è un atteggiamento che non crea le basi per un rapporto di fiducia.

Piero Angela in un’intervista al Huffington Post del 19/02/2017 ha detto:
L’Italia ha l’energia per risollevarsi?
L’Italia è come il gigante Gulliver, imbrigliata da mille lacci che ne immobilizzano la forza. Nel dopoguerra, ogni giorno vedevi un miglioramento: si tiravano di nuovo su le case, costruivamo le strade, organizzavamo un salone internazionale, nascevano cose nuove. La vita proseguiva. Oggi, invece, ogni giorno scompare qualcosa. Ci impoveriamo. E gli italiani sono assuefatti al degrado. Non vedono via d’uscita. Sono arrabbiati. Nutrono rancore. Sono stanchi di un paese fermo.
Cosa può fare la politica?
In tutta la storia dell’umanità, la politica non ha mai creato ricchezza. La rivoluzione industriale è un prodotto della tecnologia. E il miracolo economico italiano degli anni sessanta non è merito della Democrazia cristiana. Sono l’innovazione, la ricerca, la competenza, il talento, la creatività, l’istruzione, che creano il valore aggiunto. L’Italia non lo fa da quindici anni. Il nostro sistema è congegnato per bloccare le energie produttive.
Abbiamo delle responsabilità anche noi italiani?
Quando ero bambino, non mi hanno mai detto che ero titolare di diritti. Avevo molti doveri. Se li rispettavo, venivo premiato. Altrimenti, venivo punito. In Italia oggi – nella famiglia, nella scuola, nella società – tutti vogliono tutto. Nessuno è più educato a pensare che per avere qualcosa prima deve essere disposto a offrire qualcos’altro in cambio.
E allora il problema è più serio.
Il problema dell’Italia è un problema morale, che non si può risolvere in cinque minuti. Ogni giorno leggiamo di casi di corruzione. Non sono solo politici, palazzinari, delinquenti: sono anche avvocati, giudici, uomini della guardia di finanza, dipendenti pubblici che truffano lo stato per cui lavorano. Non ci sono punizioni per chi sbaglia. E non ci sono premi per chi merita. Un paese così non può funzionare. È un paese morto.
(Piero Angela: “L’Italia è come il gigante Gulliver, imbrigliata da mille lacci. E gli italiani sono stanchi di un paese fermo” – Huffpost – 19/2/2017)

Non siamo un paese morto, siamo un paese con un grave deficit culturale: nessuno è più educato a pensare che per avere qualcosa prima deve essere disposto a offrire qualcos’altro in cambio. Responsabilità significa allora dare per primi, rispettare per essere rispettati.

E indossiamole ste’ cavolo di mascherine! E’ così difficile? E rispettiamo le regole. 
E’ il nostro piccolo, personale contributo alla battaglia.

Buona settimana
Design a better world
Massimo 

Foto crediti:
La foto pubblicata da Pietro Izzo su Instagram: la colonna partita dal Mauriziano passa in corso Dante.
Foto tratta da La Repubblica.it – La foto simbolo: la fila di ambulanze parte dall’ospedale di Torino per trasferire i malati Covid – 4 novembre 2020

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