BLOG

Ignoramus ovvero il valore dell’intelligenza.

By 6 Aprile 2020 No Comments

Mi colpisce sempre molto nei servizi che vediamo in questi giorni così difficili, la quantità di giovani italiani, scienziati ed esperti, che vengono regolarmente intervistati. 
Questi “cervelli brillanti”, in molti, troppi casi, parlano da istituti di ricerca o aziende che sono all’estero, dove queste persone, intelligenti, preparate e creative, sono costrette ad andare per poter lavorare.
Il professore Silvio Garattini, presidente e fondatore dell’Istituto di Ricerca Mario Negri, in un intervento ha sintetizzato molto bene uno dei problemi che ci affliggono: “la scienza in Italia vive nella miseria”. 
E mai come in questo momento abbiamo bisogno di risposte che solo la scienza ci può dare. 
Ce ne ricorderemo quanto tutta questa storia sarà finalmente superata?

La Rivoluzione scientifica non è stata una rivoluzione della conoscenza. E’ stata soprattutto una rivoluzione dell’ignoranza. La grande scoperta che lanciò la Rivoluzione scientifica fu la scoperta che gli umani non conoscevano le risposte alle loro questioni più importanti.

(…) Colombo credeva di aver raggiunto una piccola isola al largo delle coste dell’Asia orientale.
(…) Nel proprio rifiuto di ammettere l’ignoranza, Colombo era ancora un uomo medievale. Era convinto di sapere tutto del mondo, e neppure la scoperta epocale che aveva compiuto lo convinse che le cose non stavano così.
Il primo uomo moderno fu Amerigo Vespucci, un navigatore italiano che prese parte a diverse spedizioni in America negli anni compresi fra il 1499 e il 1504. Fra il 1502 e il 1504 furono pubblicati in Europa due testi che descrivevano tali spedizioni. Furono attribuiti a Vespucci. In questi testi si sosteneva che le nuove terre scoperte da Colombo non erano isole al largo della costa dell’Asia Orientale, ma un vero e proprio continente sconosciuto alle Sacre Scritture, ai geografi classici e agli europei del tempo. Nel 1507, convinto di queste argomentazioni un rispettato cartografo di nome Martin Waldseemuller pubblicò una mappa del mondo aggiornata, la prima a mostrare come continente separato il posto dove erano approdate le flotte europee che facevano vela verso occidente. Dopo aver disegnato la sua mappa Waldseemuller dovette indicare quel posto con un nome. Credendo erroneamente che fosse stato Amerigo Vespucci a scoprire quel continente, lo chiamò America, in suo onore. La mappa di Waldseemuller divenne molto popolare e fu copiata da molti altri cartografi, diffondendo così il nome che egli aveva assegnato alla nuova terra. C’è una sorta di giustizia poetica nel fatto che un quarto del mondo, e due dei suoi sette continenti, abbiamo preso il nome di un italiano poco noto, celebre solo per aver avuto il coraggio di dire:”Non sappiamo.”
La scoperta dell’America fu l’evento fondatore della Rivoluzione scientifica. E non solo perchè insegnò agli europei a mettere in maggior rilievo le osservazioni attuali rispetto alle tradizioni del passato. Ma anche perchè il desiderio di conquistare l’America li spinse a cercare nuove conoscenze a velocità folle. Se volevano davvero controllare quei nuovi vasti territori, dovevano raccogliere enormi quantità di dati circa la geografia, il clima, la flora, la fauna, le lingue, le culture e la storia del nuovo continente. Le Sacre scritture cristiane, i vecchi libri di geografia e semantiche tradizioni orali erano di ben poco aiuto.
(Yuval Noah Harari – Sapiens. Da animali a dei.)

Questi giorni bui mi fanno pensare che dobbiamo ammettere che ‘non sappiamo’ e cercare risposte con il metodo più potente che l’uomo ha inventato ad oggi: il metodo scientifico.
Così se i politici invece di demagogia, dichiarazioni e interessi di bottega, si approcciassero o si fossero approcciati a molti problemi con spirito indagatore e non fazioso, forse molte cose funzionerebbero meglio. Lo abbiamo visto e lo continuiamo a vedere nella gestione di questa emergenza, sia a livello nazionale che a livello internazionale. 
Non possiamo usare mappe medioevali o le Sacre scritture per orientarci in un mondo globale, complesso e interconnesso, o per gestire una crisi come quest’epidemia.
Avremmo allora investito in ricerca, nella scienza, avremmo avuto un sistema sanitario più preparato, avremmo lavorato per creare processi e sistemi efficienti e intelligenti. Avremmo curato il coordinamento tra i vari attori (avremmo già forse ricevuto le fantomatiche mascherine…sig!), avremmo curato la comunicazione, avremmo disegnato un percorso per le altrettanto fantomatiche ‘fase 2’ e ‘fase 3’.  Avremmo magari pubblicato le caratteristiche tecniche delle mascherine creando uno standard che poteva essere eseguito invece di andarle a cercare in giro per il mondo o spacciando due fogli di cotone piegati per un dispositivo di protezione.
Avremmo creato sistemi che incentivano innovazione e la permanenza di tante menti brillanti che vengono soffocati da una burocrazia asfissiante o da una gerontocrazia che chiude invece di aprire al nuovo. Avremmo risposto alla carenza di medici e infermieri già da tempo, e così via… 
E anche il mondo delle aziende avrebbe lavorato per fare vera ‘innovazione’ e non pallidi tentativi di imitazione della stessa. Avremmo creato opportunità di lavoro, di sviluppo e di ricerca per questi giovani che spesso quando decidono di restare hanno davanti lunghi anni di precariato con stipendi da fame. Avremmo creato sistemi che incentivano idee, partecipazione, coinvolgimento, motivazione.

L’epidemia crea una sorta di spartiacque, un prima e un dopo.
Un prima fatto di schemi di pensiero medioevali e un dopo con parecchie aree bianche da riempire, un mondo di cose che dobbiamo fare in modo nuovo e diverso.
Abbiamo bisogno di un bagno di umiltà e ammettere che ‘non sappiamo’ e andare a cercarci le risposte. 
Dobbiamo rivalutare la competenza, l’impegno, l’iniziativa, a tutti i livelli che può esserci solo se insistiamo sull’apprendimento, sulla capacità di imparare e di fare le cose in modo nuovo, diverso.
Dobbiamo rivalutare il valore dell’intelligenza, del saper pensare bene, del metodo e della costruzione di nuove mappe mentali, più adeguate all’oggi.
Non abbiamo alternative percorribili, saremo obbligati a investire in intelligenza, dovremo costruire nuove abitudini di pensiero.
E se non ora, quando?

Design a better world
Buona settimana
Massimo

Foto crediti
Fonte Wikipedia – Martin Waldseemüller – https://www.loc.gov/resource/g3200.ct000725
Waldseemüller map from 1507 is the first map to include the name “America” and the first to depict the Americas as separate from Asia. There is only one surviving copy of the map, which was purchased by the Library of Congress in 2001 for $10 million.

Post collegati:
Cosa viene dopo.
La bolla. Pensieri dalla “Zona Arancione”.
COVID-19 Storie di (stra)ordinario coraggio! di Silvia Elena Montagnini
Attraversare la paura.
I due comandanti e la ‘normalità’ in tempi di crisi.
Ottimismo? Forse la parola è un’altra.
La pancia sul fuoco.
Ammassare umanità.
Zittire la scimmia.
E’ ora di cominciare a pensare al ‘dopo’…

    Pubblichiamo un nuovo post ogni settimana, se desideri riceverlo iscriviti:

    Nome e cognome (richiesto)

    Professione

    Indirizzo email (richiesto)

    Condividi l'articolo

    Leave a Reply