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Un grande uomo e’ sempre disposto a essere piccolo.

By 11 Ottobre 2015 Marzo 29th, 2018 No Comments

Un grande uomo è sempre disposto a essere piccolo. (Ralph W. Emerson)Blog 3815È stato l’orgoglio che ha trasformato gli angeli in diavoli;
è l’umiltà che rende gli uomini uguali agli angeli.
(Sant’Agostino)

ERESIA minore nr.1
Di Padreterno ne esiste solo uno. Tuttalpiù sei stato una persona particolarmente abile e capace, ma ricordati che anche tu puoi sbagliare e che soprattutto sei umano!
Socrate era ritenuto il più saggio degli uomini, perché “SAPEVA DI NON SAPERE”.

ERESIA minore nr.4
Hybris: arroganza, tracotanza. Da evitare.
Umiltà e Mente del Principiante: da perseguire.
“Nella mente del principiante ci sono molte possibilità, in quella dell’esperto, poche.”(S.Suzuki)
Da il post del 23 GIUGNO 2014 – La MENTE del PRINCIPIANTE

Tra le tante virtù, o qualità, di cui oggi si sente la mancanza, l’umiltà è tra le prime.
Molti sono quelli che salgono in cattedra e pontificano, dispensando consigli e suggerimenti su ogni argomento dello scibile umano.
Ho scritto degli “snake charmers”, gli incantatori, che pieni di parole e con intenti manipolatori, t’imbottiscono la testa d’idee che non valgono nulla. Nessun campo o settore ne è esente. Sono personaggi che nella loro follia, esercitano un certo fascino, perché ti fanno sembrare facile ottenere con poca fatica, successo, fama o qualunque altra cosa possa essere attraente.

A volte ci “incantiamo” da soli, quando preda di qualche nuova forma di delirio, crediamo a cose inesistenti oppure manifestiamo credenze per lo più sballate, ma molto convincenti.

Delirio: idea o insieme d’idee che, pur non avendo nessuna corrispondenza con i dati della realtà non cedono né agli argomenti della discussione, né alle smentite dell’esperienza.
Credulità: tendenza a prestar fede a qualsiasi affermazione. Frequente nei soggetti carenti di capacità critica.(Psicologia di Umberto Galimberti)
Il delirio è una patologia con vari stadi di gravità, mentre la credulità è una tendenza, molto umana peraltro, derivante da un difetto di pensiero critico.
La credenza è un’opinione, una convinzione, spesso, non basata su fatti oggettivi.
Tutti noi abbiamo delle credenze non dimostrate e queste possono finire in deliri o patologie (con livelli di gravità variabili da soggetto a soggetto).

Gruppi di credenze, esperienze fatte, informazioni, abitudini, ambiente e cultura, educazione, etc., contribuiscono a formare tutta una serie d’ipotesi che costruiamo, per spiegare il mondo che ci circonda (modelli mentali) e il suo funzionamento. Questi modelli, per la maggior parte di noi (la cautela è d’obbligo!), sono di aiuto nell’interpretare tutta una serie di situazioni senza che intervengano le funzioni alte del cervello, consentendo così un notevole risparmio energetico e di concentrazione. Un esempio molto banale è l’automatismo che acquisiamo nello svolgimento di un compito complesso come la guida di un’automobile. Compito che a un certo punto svolgiamo automaticamente, senza che le funzioni cognitive superiori siano coinvolte nella sua esecuzione.

Questi modelli, tuttavia, possono essere un ostacolo a una nuova interpretazione degli eventi esterni che tendiamo a far rientrare nei modelli acquisiti, non riuscendo così a generare risposte nuove. L’incapacità di generare risposte originali può avvenire sia a livello individuale, che collettivo.

Quando avviene a livello individuale, generiamo risposte – idee o comportamenti – che non sono più adeguati a rispondere con successo agli eventi che capitano; quando avviene a livello collettivo, assistiamo ad aziende che non riescono più a decifrare il mercato nel quale operano e che continuano a ripetere gli schemi di sempre; aumentando ancora il livello di riferimento, possiamo vedere come a livello di nazione, si arrivi a una sorta di blocco del sistema, che ne impedisce l’evoluzione e il cambiamento.

Riuscire a osservare quello che avviene e mettere in discussione i modelli mentali, è una capacità che è necessario coltivare e sviluppare per riuscire a operare con efficacia, in tutti e tre i livelli (personale, aziendale e anche politico) in un ambiente complesso come l’attuale.

Con queste considerazioni in mente vorrei riportare una frase, illuminante di Cher Wang, taiwanese, co-fondatrice di HTC.
Chi è Cher Wang:
È il momento di Cher Wang. La co-fondatrice di Htc prende il timone del marchio dalle mani dello storico Ceo Peter Chou. “Conosco la società, conosco le persone e ho la visione. Penso di essere la persona giusta”, ha dichiarato la 56enne a Bloomberg. La persona giusta per risollevare le sorti della società taiwanese, in caduta libera nel mercato smartphone sotto il peso di Samsung e Apple e in difficoltà al cospetto delle arrembanti case cinesi.
(…)Fino al 2011, quando Htc ha detronizzato Apple dalla testa del mercato smartphone negli Stati Uniti, la situazione era positiva: gli utili trimestrali volavano del 191% e la posizione assunta nel 2008 come precursore del settore dei telefoni cellulari intelligenti con sistema operativo Android dava i suoi frutti. Poi il declino, con l’uscita dalla lista dei primi dieci produttori di smartphone nel 2013, con meno del 2,9% del mercato (fonte Idc), e capitomboli strategici, come il dispositivo meteora lanciato in collaborazione con Facebook nel 2013 che hanno causato un crollo del fatturato annuo del 60%. (Corriere della Sera)

I dati su riportati di HTC dimostrano una volta di più come sostenere certi risultati non sia un elemento scontato e Cher Wang, a tal proposito, ha detto:

Come imprenditori, dobbiamo continuare a chiederci “cosa c’è dopo?”
Ci vuole umiltà per rendersi conto che non sappiamo tutto, che non dobbiamo dormire sugli allori e sappiamo che dobbiamo continuare a imparare e osservare.
(Cher Wang)

Cosa c’è dopo?: avere la capacità di immaginare e creare innovazione, di pensare sempre in avanti consapevoli che il successo a volte può essere una pietra che ti tira giù.
E’ uno dei quesiti strategici che imprenditori e manager dovrebbero porsi con un’alta frequenza.
Non sappiamo tutto: l’umiltà di voler imparare e la capacità di osservare. Non è forse la mente del principiante?

Molte aziende, molti manager, purtroppo hanno l’errata convinzione di sapere tutto e non si rendono conto che la loro è una visione da esperto, a tunnel, plasmata dai loro modelli mentali e dalle premesse o assunzioni – implicite o esplicite – che si formano su come funziona il mondo e che invece dovrebbero rimettere in discussione continuamente e con coraggio.

Nonostante il gran parlare che si fa d’innovazione, di cambiamento, in realtà assistiamo alla ripetizione dei soliti schemi oramai obsoleti, dei comportamenti di sempre, confinando innovazione e cambiamento a bei discorsi da fare in qualche occasione giusta o in qualche meeting.
In realtà, molte aziende e molti manager non ci credono veramente, perché innovare implica avventurarsi in territori nuovi e il nuovo spaventa. Purtroppo non hanno coraggio, sono preda o di obiettivi a breve termine, o di paure ataviche bloccanti e in qualche caso, di deliri di onnipotenza (sig!).

Un primo, importante passo, potrebbe essere proprio un atteggiamento più umile, curioso, interessato a capire, con l’obiettivo di creare il nuovo, invece di combatterlo.

Il secondo potrebbe essere di fare proprie queste tre frasi di Peter Drucker:

Se vuoi qualcosa di nuovo, devi smettere di fare qualcosa di vecchio.

Tutte le organizzazioni devono sapere che praticamente nessun programma o nessuna attività può funzionare efficacemente a lungo senza una modifica e una riprogettazione.

Dietro ogni impresa di successo c’è qualcuno che ha preso una decisione coraggiosa.

Diventiamo piccoli per essere grandi! Riconosciamo che NON sappiamo tutto.
E’ arrivato il momento di R-I-P-R-O-G-E-T-T-A-R-E il management!
E’ una tecnologia vecchia che deve essere aggiornata.
Per questo l’innovazione non è per tutti.

L’innovazione non ha niente a che fare con quanto spendi per la ricerca. Ai tempi in cui la Apple lanciò il Mac, l’IBM spendeva almeno 100 volte di più in ricerca. Non è questione di soldi. Dipende dalle persone che hai, da come ognuno viene guidato, e quanto a fondo capisci il mondo in cui operi. (Steve Jobs)

Management … cosa c’è dopo?

Buona settimana
Massimo

 

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