Una veloce ricerca su Google visualizza per le parole: ‘Lean’ 76.000.000 risultati; ‘Lean Thinking’, 21.600.000 risultati; ‘Lean Manufacturing’, 8.630.000 risultati; ‘Lean Industry 4.0’, 8.910.000 risultati; ‘Lean Six Sigma’, 3.010.000 risultati.
Ancora più impressionante digitando ‘Lean Strategy’: 127.000.000 di risultati.
Un numero soverchiante di parole, blog, libri, siti, ecc. ecc.
Viviamo, sembrerebbe, in un mondo sempre più ‘lean’.
Ma è davvero così?
Continuando con Wikipedia (italiano) troviamo:
La produzione snella (dall’inglese lean manufacturing o lean production) è una filosofia che mira a minimizzare gli sprechi fino ad annullarli.
Lean manufacturing or lean production, often simply “lean”, is a systematic method for waste minimization (“Muda”) within a manufacturing system without sacrificing productivity. Lean also takes into account waste created through overburden (“Muri”) and waste created through unevenness in workloads (“Mura”). Working from the perspective of the client who consumes a product or service, “value” is any action or process that a customer would be willing to pay for.
(Wikipedia – English)
Degna di nota la frase di Wikipedia nella versione inglese:
For many, lean is the set of “tools” that assist in the identification and steady elimination of waste. As waste is eliminated quality improves while production time and cost are reduced.
(Per molti, lean è l’insieme di “strumenti” che aiutano nell’identificazione e nell’eliminazione costante degli sprechi. Man mano che gli sprechi vengono eliminati, la qualità migliora mentre vengono ridotti i tempi e i costi di produzione.)
Che dire, spiegazioni sintetiche e chiare no?
Personalmente non amo particolarmente il termine ‘lean’, ho scritto sull’origine della parola tempo fa e anche se molti sono convinti che ‘kaizen’ sia un ‘tool’ della lean, in realtà la ‘lean’ non esiste ma la fonte è proprio kaizen. Rimando chi fosse interessato a qualche approfondimento ai post citati più sotto.
Utilizzo, in questo post, la parola ‘lean’ nel senso più ampio di ‘attività di miglioramento (kaizen)’.
Quello che è successo è che oramai la lean è diventata una commodity.
Commodity è un termine inglese che indica un bene per cui c’è domanda ma che è offerto senza differenze qualitative sul mercato ed è fungibile, cioè il prodotto è lo stesso indipendentemente da chi lo produce.
Entrato oramai nel gergo commerciale ed economico, l’equivalente in italiano è bene indifferenziato.
(…) La commoditization accade quando beni o servizi di un determinato mercato perdono la loro differenziazione.
(Wikipedia)
La ‘lean’ è un bene che è offerto sul mercato senza (apparenti) differenze qualitative, cioè ha subito il processo di commoditization.
Entrando in un qualsiasi supermercato e andando al reparto ‘cura della persona’ si trovano decine e decine di dentifrici che competono per attrarre l’attenzione del potenziale cliente.
Esattamente come nei dentifrici o in qualunque altro settore oramai invaso e pervaso da tanti produttori che cercano una loro nicchia di mercato, così è successo alla ‘lean’.
Come è potuto succedere?
Il mercato della ‘lean’ e delle sue mutazioni genetiche – ‘World Class Manufacturing’, ‘Lean Six Sigma’, solo per citarne due – è diventato così grande e interessante da attirare tanti che devono cercare un loro posizionamento per differenziarsi.
In questo non c’è nulla di diverso da quello che succede anche in altri ambiti.
Il proliferare di società di consulenza, di ‘format’, schemi e tool è diventato così pervasivo da produrre una sorta di rumore di fondo continuo ed indistinguibile.
Conferenze, seminari, interviste, video, ecc. vengono prodotti a getto continuo e i vari social sono inondati da workshop con persone che partecipano a riunioni brevi, attività di miglioramento, tabelloni di vari fattura, schemi di ogni tipo e formato, gruppi sorridenti e motivati, aziende che ottengono risultati incredibilmente brillanti e così via.
L’ultimo cavallo di battaglia del tentativo di differenziazione è l’aggancio a Industry 4.0, dal momento che molte società di consulenza temendo di rimanere tagliati fuori da questo finto nuovo sviluppo (chi ha letto i miei post sul tema, conosce la mia posizione al riguardo) e prendendo l’occasione al volo sono saltati sul treno di Industry 4.0, trasformando i tabelloni di cui sopra in tablet…
Una delle ragioni per cui la ‘lean’ è diventata una commodity è l’enorme proliferazione di esperti o pseudo tali che popolano il campo.
Un po’ come nel settore dell’aiuto alla persona: si va da astrologi ed esperti di tarocchi, ai maghi tipo Oronzo, fino a professionisti seri e preparati; solo l’attenzione e l’intelligenza possono aiutare a capire la differenza.
Un’altra ragione è legata a una limitazione strutturale di molti approcci comuni alla ‘lean’: essere cioè circoscritti alle attività produttive e alla fabbrica.
All’interno delle aziende industriali le attività di miglioramento sono limitate all’ambito manifatturiero, escludendo aree come la parte commerciale, di sviluppo prodotto, marketing, e servizi a supporto, come se queste non debbano e non possano trovare opportunità di miglioramento.
Quindi è tutto un proporre attività che insistono sui reparti produttivi e poche o quasi nessuna sulle altre funzioni.
E che dire di settori, ad esempio come quello dei servizi, immuni a qualunque idea di miglioramento (solo a titolo di esempio, si pensi alla sanità!)?
La continua attenzione e ‘caccia agli sprechi’ (per citare il mantra di molti) porta spesso a dimenticare che si dovrebbe lavorare anche per aumentare il ‘valore’, creando nuovi prodotti/servizi e che bisognerebbe cercare di farlo in modo strutturato. Temi lasciati spesso ai margini ma che invece potrebbero generare risultati notevoli.
Parallelo al processo di commoditization che ha subito la ‘lean’ vi sono due altri fattori che ne riducono sistematicamente l’efficacia: la banalizzazione e il depotenziamento.
Figlio di tentativi malriusciti di differenziazione, la banalizzazione di molti concetti profondi kaizen, diventa l’applicazione pedissequa del solito schemino in un numero variabile di punti che non trasmette né i principi né i valori sottostanti, limitandosi a un ‘copia e incolla’ senza comprendere. Così è l’insistenza di molti approcci mirati a copiare ‘Toyota’.
Del resto, alcune società di consulenza che operano con degli junior devono basare la loro attività su un set di conoscenze facilmente ripetibili e dal risultato certo, omettendo altri aspetti che richiedono un’esperienza e conoscenza che si accumula in anni di lavoro.
Lo stesso fenomeno si ripete all’interno di molte organizzazioni, che dovendo creare un approccio che, nei suoi effetti e manifestazioni deve essere rapido e molto funzionale ai risultati di breve termine, tende a ricorrere a schemi facilmente trasmissibili e controllabili.
Inoltre, le attività di miglioramento sono quasi sempre demandate a giovani laureati, privi di esperienza e di seniority, che devono lottare contro colleghi e, a volte, superiori resistenti all’idea stessa di cambiamento e lasciati molto spesso soli.
E’ evidente che, se un progetto definito ‘strategico’, viene lasciato senza struttura e demandato a questi ragazzi (encomiabili per lo sforzo e l’impegno), si trasferisce di fatto all’intera struttura un messaggio contraddittorio.
Del resto, su un progetto di qualche milione di euro, veramente strategico e fondamentale per la sopravvivenza dell’azienda, chi sarebbe corretto assegnare? Un giovane inesperto o un manager di esperienza che possa fare da guida e abbia anche l’autorevolezza di condurre il cambiamento necessario?
Infine, l’aspetto che più fa riflettere è il depotenziamento voluto dal management che invece di giocare un ruolo in prima persona nell’implementazione delle attività di miglioramento, preferisce delegarle e depotenziarle di modo che, di fatto, non interferiscano con la loro modalità di gestione dell’azienda.
Così a strutture spesso imponenti di miglioramento, si contrappone un management che non ha mai partecipato ad alcuna attività kaizen, non ritiene sia suo compito partecipare e in molti, troppi casi, ignora persino metodi e principi, agendo con comportamenti che sono in netto contrasto con quanto, a parole viene sostenuto.
Le ragioni per cui la ‘lean’ è diventata una commodity sono molte e diverse le cause, ma è certamente più rassicurante vederla come un set di tool, magari facilmente acquisibili con certificazioni e cinture varie per i livelli bassi, che come un modo di gestire l’azienda, perché quando è così, il manager e l’imprenditore dovrebbero davvero cambiare.
Meglio allora demandare queste attività a un ufficio apposito, così il rischio è limitato e la coscienza è a posto!
Un altro tubetto di dentifricio tra tanti altri …
Design a better world
Buona settimana
Massimo
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