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La rana e il bambu’.

By 11 Settembre 2016 Marzo 29th, 2018 One Comment

La rana e il bambù.blog-3116Tre storie questa settimana per qualche riflessione.

Amico lettore, dopo che hai letto ciascuna storia fermati un momento a riflettere.
Lascia scorrere pensieri e riflessioni, domande (importanti) e forse, qualche risposta.

General Motors
Ecco la prima storia.

Era il 1976 e il mercato americano dell’automobile stava per essere rivoluzionato dalle auto di piccole dimensioni. Avevamo avuto una crisi petrolifera. La National Highway Traffic and Safety Commision aveva diffuso indicazioni sulle medie di consumo di carburante dei vari tipi di auto e la conseguente tendenza del governo era stata quella di favorire le automobili di piccole dimensioni. I produttori automobilistici giapponesi iniziavano a capire che cosa si vendeva di più. Noi, come molti altri giovani americani, guidavamo una Volkswagen Beetle. E uno studio della Yankelovich metteva in evidenza che gli americani stavano cominciando a pensare in piccolo, a credere che una macchina grossa consumasse troppo carburante e non fosse un buon affare.
Stavamo lavorando con il fu Florence Skelly, uno dei giganti intellettuali delle ricerche di mercato, e avevamo come cliente la General Motors. I dirigenti erano tutti uomini di mezza età, vivevano tutti a Detroit e tutti lavoravano per la General Motors da un sacco di tempo.
A pranzo bevevano Manhattan mangiando grosse bistecche con le patate. Avremmo potuto trovarci ancora negli anni Cinquanta.
“Preparatevi, sta arrivando l’epoca delle automobili piccole” disse un giorno Florence tornando in ufficio nel palazzo della GM, tempio dell’automobile, dopo uno di questi lunghi e abbondanti pranzi. La GM ci pagava per essere lungimiranti, così ecco la nostra previsione: “Andranno di moda le piccole auto”.
Il dirigente a capo dell’ufficio marketing si alzò dalla sedia, guardò fuori dalla finestra e commentò: “Non so di cosa state parlando. Non vedo nessuna macchina piccola”.
“Non ne vedi perché ci troviamo nel palazzo della General Motors a Detroit, Michigan, nel Midwest. Qui guidano tutti dei macchinoni giganteschi”.
“Non credo proprio che abbiate ragione. Io di piccole auto non ne vedo” ripetè lui lanciandoci un’occhiata di scherno.
Fine della discussione. Fine della totale egemonia di mercato della GM.
(Kevin J. Clancy, Peter C. Krieg – Marketing Scientifico)

La rana
Per la seconda facciamo un piccolo esercizio d’immaginazione.

Immaginate una pentola piena d’acqua fredda e dentro una rana che nuota tranquillamente. Si accende il fuoco sotto la pentola. L’acqua si riscalda pian piano. Presto diventa tiepida. La rana trova la situazione piacevole e continua a nuotare.
La temperatura comincia a salire. L’acqua è calda, un po’ più calda di quanto piaccia alla rana ma per il momento non se ne preoccupa più di tanto, soprattutto perché il calore tende a stancarla e stordirla.
L’acqua ora è davvero calda. La rana comincia a trovarlo sgradevole ma è talmente indebolita che sopporta, si sforza di adattarsi e non fa nulla.
La temperatura dell’acqua continua a salire progressivamente, senza bruschi cambiamenti, fino al momento in cui la rana finisce per cuocere e morire senza mai essersi tirata fuori dalla pentola.
Immersa di colpo in una pentola d’acqua a 50°, la stessa rana salterebbe fuori con un salutare colpo di zampa.
(Olivier Clerc – La rana che finì cotta senza accorgersene)

La storia della rana viene chiamata correntemente la Sindrome della Rana Bollita. L’esperimento, ovviamente da non fare, è fonte preziosa di insegnamenti.
 
(…) Ci mostra che un deterioramento abbastanza lento sfugge alla nostra coscienza e non suscita il più delle volte alcuna reazione, opposizione o rivolta da parte nostra.

(…) Quando una situazione è il prodotto di un’evoluzione (o involuzione) che si sviluppa sul lungo periodo, le soluzioni rapide e a breve termine che mettiamo in pratica sono generalmente inadatte, quando non concorrono, alla fine, ad aggravare la suddetta situazione.
(Olivier Clerc – opera citata)
 
Il Bambù cinese
Ancora da Clerc, la terza storia.

Si dice che esista in Cina una varietà di bambù del tutto particolare. Se si pianta il seme in un terreno fertile occorre però armarsi di pazienza … In effetti, il primo anno non succede niente, neanche uno stelo che si degni di spuntare dal terreno, nulla di nulla. Il secondo anno? Neanche. Il terzo? Nulla ancora. Il quarto, allora? Proprio no! Soltanto durante il quinto anno spunta dalla terra la cima del primo stelo ma a questo punto cresce a un ritmo di dodici metri all’anno: che “recupero” spettacolare! La ragione è semplice: per ben cinque anni mentre in superficie non si vedeva niente, il bambù sviluppava in segreto nel suolo delle prodigiose radici grazie alle quali, arrivato il momento, poter fare la sua entrata trionfale, in pompa magna.

La metafora della rana allude a un cambiamento che si verifica lentamente e impercettibilmente. Quello del bambù cinese è al contrario improvviso, veloce e spettacolare; entrambi sono tuttavia strettamente connessi.

(…) Intanto ci mostra (il bambù cinese) che non è detto che poiché non vediamo nulla, nulla accada; inoltre ci rivela che alcuni cambiamenti bruschi o magari istantanei possono essere il risultato di una lenta evoluzione che non riusciamo a percepire.
(…) Esiste, in tutto ciò che viene evidenziato dalla metafora, un “effetto ritardo” suscettibile d’avere conseguenze funeste. Ritroviamo anche nel concetto del bambù cinese la nozione di “massa critica” di cui oggi spesso sentiamo parlare.
(…) In un’epoca che ha il culto dell’immediatezza a tutti i costi – “tutto e subito, senza sforzi” – l’allegoria del bambù cinese di insegna la perseveranza, il lavoro a lungo termine, il rifiuto della rassegnazione.

Storie, lontane e vicine, sul cambiamento: dalla GM, alla rana, al bambù cinese.

Un processo di cambiamento da lento a veloce, che non procede a scatti; la visione del cambiamento rapido come effetto cumulativo di una serie di cambiamenti invisibili, piccoli ma che raggiunto la “massa critica”, diventano un cambiamento importante e così via.

La storia della GM ci riporta alla capacità di “vedere”: l’occhio vede solo ciò che la mente è preparata a comprendere (H.L.Bergson) e in quel caso all’incapacità dei manager di provare a cambiare, di percorrere nuove strade.
In molti ambiti, dal business, al miglioramento personale, il cambiamento ha proprio l’aspetto della rana o del bambù.

(…) Una delle ragioni, infine, per cui la rana finisce cotta è che non ha altro termometro se non la propria pelle per misurare l’aumento progressivo della temperatura: non dispone quindi di un parametro affidabile in base al quale valutare la situazione. E per noi quali sono gli standard? Come valutiamo la “temperatura ambiente”?
 
(…) Il principio della rana nella pentola d’acqua rivela una trappola che dobbiamo sempre tenere presente se il nostro ideale è la ricerca della qualità, l’evoluzione, il perfezionamento; se rifiutiamo la mediocrità, lo status quo, l’accettazione supina. In effetti, la legge della materia, lasciata a se stessa, è l’entropia.
 
(…) In effetti, i cambiamenti che si verificano in noi e intorno a noi, su grande e piccola scala non sono solo negativi! Anche quelli positivi possono passare inosservati. A livello individuale, ad esempio, gli sforzi compiuti quotidianamente per migliorarsi non producono effetti visibili a breve termine.
(Olivier Clerc – opera citata)

In sintesi:

  • Niente ha il potere di allargare tanto la mente quanto l’investigazione sistematica dei fatti osservabili  (Marco Aurelio); allargare la mente vuol dire imparare a osservare e a mettere in discussione continuamente lo status quo.
  • Ci sono soltanto due possibili conclusioni: se il risultato conferma l’ipotesi, allora hai appena fatto una misura. Se il risultato è contrario all’ipotesi, allora hai fatto una scoperta (Enrico Fermi). Le scoperte ci fanno progredire, per cui se il risultato non è conforme alle attese è necessario proseguire con la ricerca.
  • Pensar non nuoce  (Ennio Flaiano). Osservare con mente e occhi critici vuol dire diventare consapevoli. La presa d’atto, la consapevolezza è il primo passo nel processo di cambiamento.
  • Sono sempre quelli che fanno domande a essere i più pericolosi  (Jostein Gaarder). Dovremmo pensare di più a fare le domande giuste che a dare le risposte corrette. Tuttavia molte volte non è popolare, è bene esserne consapevoli.

Mentre scrivo queste righe, non posso non pensare a molte organizzazioni e a molti manager che ho incontrato e che hanno vissuto, come azienda e a volte come individui, proprio le tre storie sopra riportate.

Quasi mai un cambiamento nel business è “iper-veloce”, di solito assomiglia proprio al bambù cinese; lavora sotto terra fino a quando a un certo punto non si manifesta in tutta la sua potenza. In molti casi questi cambiamenti danno luogo a tutta una serie di “segnali deboli” che semplicemente non sono notati fino a quando non emergono in tutta la loro dirompente forza ed effetti.
La sindrome della rana bollita è tipica di quelle organizzazioni “anestetizzate” più orientate all’interno che attente a quello che succede nel mercato.

Naturalmente gli effetti dei cambiamenti possono essere sia positivi (crescita, acquisizione di nuovi clienti o mercati, lancio di prodotti di successo) che negativi (perdita di quote di mercato, deterioramento del clima aziendale, prodotti nuovi che falliscono gli obiettivi di crescita, etc.). Il panorama anche in questo caso è ampio e diverso.

Per estensione le stesse modalità di cambiamento – positivo/negativo – si applicano anche a livello personale. Sul tema ho scritto a più riprese, anche recentemente.

Viviamo un momento storico ricco di cambiamenti, novità e anche qualche minaccia, ma poiché ci viviamo dentro, non ne siamo consapevoli.
Penso a come doveva sentirsi una persona nel 1916 e a quello che è successo nei venti/trenta anni successivi e provo a immaginare a quello che succederà da qui al 2036-2046. Ogni tanto mi aiuta a collocare le cose nella giusta prospettiva e a inquadrare le situazioni in un ambito dal respiro più ampio.

Caro amico/lettore, se hai qualche riflessione o pensiero sui temi di questo post, che vuoi condividere, scrivimi una mail e avrò cura di pubblicarli appena possibile.

Ora Edward Bear scende le scale sulla testa, bump, bump, bump, dietro Christopher Robin. Questo è, per quanto ne sa, l’unico modo per scendere le scale, ma a volte gli viene il sospetto che, in realtà, ve ne sia un altro, se solo riuscisse a fermarsi per un istante a riflettervi sopra.
(A.A. Milne, Winnie-the-Pooh)

Per non scendere di testa, sia fisicamente che in senso figurato, fermiamoci a riflettere (anche se oggigiorno non è molto comune), ci possono essere, infatti, infinite opportunità.

Design a better world and…
design a better mind.

Buona settimana
Massimo

 

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