In cerca del leader …In generale, continua a esserci sostanziale insoddisfazione con la leadership tra i dipendenti nelle organizzazioni a causa di fattori quali la risposta quasi automatica nel biasimare le persone quando le cose vanno male; la dedizione a sprecare tempo, distrazione, e dispendiose politiche organizzative; una leadership cronicamente inadeguata; e la continua accettazione di psicopatici in posizioni di leadership.
In generale, non sono soddisfatte le necessità di leadership dei dipendenti. Senza dubbio, è ragionevole che i collaboratori si aspettino competenze e capacità di leadership superiori a quelle che effettivamente sperimentano. Una leadership di basso livello ha conseguenze sia rispetto alle esigenze di breve termine, sia per la sopravvivenza di lungo termine dell’organizzazione, per la prosperità degli stakeholder, per il turnover del personale, e per la salute fisica e mentale dei lavoratori.
(Bob Emiliani – Speed Leadership. A better way to lead in rapidly changing times)
Una delle sfide più grandi che un’organizzazione deve affrontare e vincere, se vuole continuare a esistere, è quella di sviluppare una leadership adeguata a questi tempi tribolati.
Molte aziende, non tutte per fortuna, soffrono di una mancanza strutturale di leadership che sappia sviluppare una visione e una strategia coerente con essa, e che abbia poi le necessarie competenze per portarla avanti con determinazione e coraggio, riuscendo a coinvolgere, toccando mente e cuore, le proprie persone nel processo e nelle fasi esecutive.
La visione senza azione è semplicemente un sogno.
L’azione senza visione è solo un passatempo.
La visione con l’azione può cambiare il mondo.
(Joel Barker)
In effetti, appare proprio così: molte azioni, molti meeting, molti report, sono in realtà “passatempi” che nascondono, dietro mucchi di numeri, grafici e tabelle, una mancanza di idee, un disallineamento rispetto agli obiettivi spesso confliggenti e un ricorso alle vecchie tattiche di sempre, certe e collaudate, che incontrano il favore di una struttura più preoccupata della propria sopravvivenza e posizione, che del bene dell’azienda, dei clienti e dei tanti che ci lavorano.
Le ragioni di questa situazione assurda sono diverse.
Folli e miopi politiche portate avanti negli ultimi anni di taglio indiscriminato dei costi, di riduzione pesante d’investimenti in formazione seria e di livello e di personale, hanno eliminato tanti manager e responsabili che avrebbero dovuto formare la nuova generazione di leader. Alcune aziende si sono appoggiate a società di consulenza che hanno inviato il loro plotone di neo-laureati, i quali, manuali alla mano, hanno definito, secondo criteri “di distribuzione matematica”, i tagli da fare.
Altre società più “evolute” (sig!) hanno fatto da sole, tagliando, spalmando e ottimizzando, guidate da piani di “saving” concordati con la casa madre, altre, infine, meno attente, hanno semplicemente chiuso.
Qualcun altro si è avvalso di temporary manager che hanno fatto il “lavoro sporco”, lasciando un cimitero, persone sovraccariche di lavoro, disaffezione, demotivazione e processi che già mal funzionanti in origine, sono definitivamente degradati.
Si poteva fare diversamente? Non abbiamo la controprova, ma direi proprio di si!
Molte aziende si sono trovate in grave difficoltà perché non hanno visto o non hanno voluto vedere, i tanti “segnali deboli” che preannunciavano le criticità in arrivo.
Alcune organizzazioni, passate senza troppi danni attraverso la crisi, affrontano invece un’altra sfida, quella di re-inventare il management che, ancorato nella sostanza ai modelli di inizio del XX secolo, appare una tecnologia obsoleta. In altre parole si gestiscono le aziende come trenta o quarant’anni fa, in un mondo che si muove alla velocità di Internet.
L’incapacità di mettere in discussione modelli che hanno fatto il successo dell’azienda in passato, crea un gap tra l’azienda stessa, la sua struttura (persone, ruoli, procedure, processi, sistemi) e un mercato che si muove in modo impredicibile e con una velocità che strutture concettualmente simili all’esercito napoleonico, non riescono nemmeno a eguagliare; si sviluppa, così, una tensione continua (negativa) che drena risorse, energie, tempo e denaro.
Queste considerazioni sono rilevanti per la capacità di far crescere nuovi leader e per lo sviluppo di nuovi modelli di leadership più adeguati ai nostri tempi.
Leader si diventa sul campo, la formazione teorica è importante, ma non può sostituirsi all’esperienza che deriva dall’esercitare un ruolo di responsabilità. Questo significa creare le condizioni affinché i potenziali leader seguano un processo di crescita e abbiano occasioni per mettersi alla prova.
Nel processo di apprendimento delle competenze di leadership e soprattutto all’inizio, è fondamentale avere modelli di riferimento ed esempi cui potersi ispirare, fino a quando il potenziale leader non acquisirà un suo modo e un suo stile, processo di strutturazione che richiede tempo ed esperienza per potersi formare e consolidare.
E’ fondamentale che il leader più esperto (mentore o coach, per usare termini di moda) fornisca continui feedback che possano essere utilizzati come elementi di correzione, di crescita e di stimolo. Il modello e l’esempio sono quindi due strumenti fondamentali di apprendimento della leadership; ma, se il modello è obsoleto e l’esempio è negativo, che tipo di leader si svilupperà?
Qualunque organizzazione che intenda crescere e prosperare dovrebbe porsi l’obiettivo di creare modelli di leadership, sostenibili e adeguati, e di formare la nuova generazione di leader che guiderà l’azienda nel futuro.
Se l’analisi è corretta, si pongono due questioni prioritarie: quale leadership e quale processo per sviluppare nuovi talenti.
Sono due questioni appassionanti e la cui soluzione può creare i presupposti per un nuovo tipo di azienda, più moderna, agile e innovativa. Le organizzazioni più avanzate al mondo stanno già operando in quella direzione.
Il successo nel progettare questa nuova organizzazione dipenderà dalla capacità dell’attuale leadership di immaginare nuovi modelli, processi e ambienti lavorativi, di comprendere e studiare quali saranno le nuove competenze delle aziende di domani, ma prima e soprattutto dal riuscire a mettere in discussione il proprio modo di guidare l’organizzazione e di essere leader.
Ed Catmull, fondatore della Pixar, ha scritto:
Credo che i manager migliori siano quelli che sanno riconoscere e fare spazio a ciò che non conoscono, non solo perché l’umiltà è una virtù, ma anche perché è impossibile conseguire progressi straordinari se non si adotta una mentalità di questo tipo. Sono convinto che i manager debbano concedere più libertà, non limitarla. Devono saper correre il rischio, credere nelle persone con cui lavorano e affrontare ogni paura. Inoltre, un leader di successo accetta il fatto che i propri modelli possano essere sbagliati o imperfetti. Solo ammettendo che non conosciamo qualcosa possiamo sperare di impararlo.
(Ed Catmull – Verso la creatività e oltre)
Abbiamo bisogno di costruire un nuovo modello di leadership che abbandoni pratiche e processi da prima rivoluzione industriale, che formuli nuove domande, che voglia focalizzare e moltiplicare le energie delle persone, che sappia ispirare.
In molte organizzazioni le persone si sentono estranee agli obiettivi e ai problemi della propria azienda, rese ciniche e disamorate da una leadership inetta, concentrata solo sul risultato di breve termine, incapace di creare nuovi stimoli, di disegnare processi efficaci ed efficienti e di sviluppare una visione del futuro che generi entusiasmo, coinvolgimento e partecipazione.
Secondo la leggenda, Alessandro rese visita al filosofo Diogene di Sinope e volendo esaudire un suo desiderio gli chiese cosa desiderasse. Ecco la versione dell’incontro data da Plutarco:
“Poiché molti statisti e filosofi erano andati da Alessandro congratulandosi con lui, questi pensò che anche Diogene di Sinope, che era a Corinto, avrebbe fatto altrettanto. Ma dal momento che il filosofo non gli diede la minima attenzione, continuando a godersi il suo tempo libero nel sobborgo di Craneion, Alessandro si recò di persona a rendergli visita; e lo trovò disteso al sole. Diogene sollevò un po’ lo sguardo, quando vide tanta gente venire verso di lui, e fissò negli occhi Alessandro. E quando il monarca si rivolse a lui salutandolo, e gli chiese se volesse qualcosa, egli rispose “Sì, stai un po’ fuori dal mio sole“.
(Wikipedia)
Ecco, abbiamo bisogno, innanzitutto, di una leadership che non faccia ombra.
Buona settimana
Massimo
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