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Why not?

By 25 Ottobre 2015 Marzo 29th, 2018 No Comments

Why not?Blog 4015C’è chi guarda alle cose come sono e si chiede “Perché?”.
Io penso a come potrebbero essere e mi chiedo “Perché no?
(Robert Kennedy)

Perché è così difficile cambiare le cose?
A volte, si ha un vago pensiero che è necessario fare qualcosa, ma poi, velocemente, lo releghiamo in un angolo della mente e procediamo come il solito.
La situazione è difficile, ci fa disperare, non ci piace, è difettosa o patologica, e tuttavia persistiamo in quel cammino perverso.
Perché?

L’esistente ha una sicurezza velenosa che ci intrappola nelle sue spire mortali e così, aspettiamo, incapaci di agire o reagire, mentre la situazione, o rimane stabile con tutte le sue distorsioni, o tende a peggiorare.
Molte difficoltà personali, molte carriere e molte aziende, finiscono male; diretti con una rassegnata sicurezza verso il baratro.

Il giorno della presa della Bastiglia, che avrebbe determinato l’inizio della Rivoluzione Francese e la fine della monarchia, re Luigi XVI scriveva nel suo diario “Oggi niente di nuovo”.
Frase, se non scritta, certamente pensata, da molti imprenditori, manager e consigli di amministrazione che, continuando imperterriti nel loro percorso, non prestano attenzione a quello che avviene all’esterno, essendo auto-centrati.

Perché tutta questa resistenza, nonostante si sappia quanto il cambiamento sia inevitabile?

Possiamo supporre diverse spiegazioni e motivazioni: convinzioni e credenze non basate su dati oggettivi; incapacità di riconoscere i “segnali deboli” che arrivano o dall’organizzazione o dal mercato o da nuove tecnologie; preoccupazioni legate ad ambizione e carriera; ambienti che favoriscono gli “yes man”; schemi di pensiero difettosi; rassegnazione alla situazione; processi e procedure che bloccano qualunque tentativo di fare le cose in modo diverso; e soprattutto, la tranquilla e comoda sicurezza dello status quo.

E’ in verità tutto molto umano. E’ difficile mettere in discussione se stessi e/o il proprio lavoro.

Esistono, tra le tante, due cause fondamentali che impediscono il cambiamento: primo, la difficoltà nel cambiare modelli mentali che portano al persistere di atteggiamenti, comportamenti e modi di operare non più adeguati, dei quali non si hanno, a volte, nemmeno consapevolezza e, secondo, la paura di cambiarli.

Per Umberto Galimberti, la paura è un’emozione primaria di difesa, provocata da una situazione di pericolo che può essere reale, anticipata dalla previsione, evocata dal ricordo o prodotta dalla fantasia.
I comportamenti determinati dalla paura sono i più profondi e radicati nell’essere umano: la lotta o la fuga.
La paura, nella storia della nostra specie, è un’emozione importante e utile: serve ad avvertirci del potenziale pericolo e a intraprendere quelle azioni funzionali o a evitare l’evento pericoloso (fuga), oppure ad affrontarlo (lotta).

La paura può, però, diventare patologica (fobia) o bloccante.

A volte la paura è una costruzione della nostra mente: l’animo che pensa a quello che può temere, comincia a temere quello che può pensare (F. De Quevedo).
A volte dalle nostre credenze: il pericolo non viene da quello che non conosciamo, ma da quello che crediamo sia vero e invece non lo è (M.Twain).
A volte è la paura di perdere quello che abbiamo, o di non essere capaci di giocare un ruolo diverso, o di non governare una situazione nuova, o di non riuscire ad acquisire nuove competenze e abilità che potrebbero esserci utili; e quindi ci ritiriamo nel caldo e rassicurante tepore dell’esistente.
Alcune persone e alcune organizzazioni sono prigioniere di tutta una serie di timori che diventano così paralizzanti.

La paura è anche una domanda.

La paura è una domanda: di cos’è che hai paura, e perché?
Così come il seme della salute sta nella malattia, perché la malattia contiene informazioni, le tue paure sono il forziere della conoscenza di te stesso, se sai esplorarle.(Marilyn Ferguson)

E’ una domanda impegnativa e audace: esplorare le proprie paure e le paure dell’organizzazione nella quale si lavora; è anche un modo per comprenderle, esorcizzarle e capire cosa va fatto per creare ambienti privi di paura, dove il sentimento principale sia la fiducia e non il timore.
Dovremmo costruire organizzazioni libere dalla paura: di sbagliare, di esprimere quello che non si può dire, paura della responsabilità, dell’impegno e del rispetto.

Per essere leader più efficaci e per costruire organizzazioni aperte al cambiamento e all’innovazione, dobbiamo riuscire a superare la paura.

E per vincere la paura ci vuole coraggio.

Il coraggio non è assenza di paura, ma la capacità di vincerla; in un modo meravigliosamente semplice, Nelson Mandela, con tutto il peso della sua storia personale, sull’argomento ha detto: Ho imparato che il coraggio non è l’assenza di paura, ma il trionfo sulla paura. L’uomo audace non è quello che non ha paura, ma quello che conquista la paura.

Il coraggio è un tema sul quale torno spesso nelle mie riflessioni, perché oggi se ne sente un gran bisogno e purtroppo, non si sa, quasi più, cosa significa “essere coraggiosi”.

Si ha coraggio e si vince la paura perché si crede in qualcosa per cui vale la pena impegnarsi, per idee che si vogliono sviluppare nonostante tutte le difficoltà, perché si vuole fare la differenza.
Oggi, nell’epoca del pensiero debole, invece, ci hanno reso piuttosto cinici e ci hanno portato a pensare che, alla fine, non ne valga la pena e ci ritiriamo così nel nostro piccolo mondo.

Quando il disimpegno e il cinismo diventano la norma, perdiamo la capacità di sviluppare energia, di ispirare e di creare le condizioni per costruire organizzazioni che possano stimolare le persone, focalizzate, allineate nei valori e negli obiettivi e in cui le persone possano trovare soddisfazione e dare il loro prezioso contributo.

Il più coraggioso deve essere proprio il leader – imprenditore o manager – che deve vincere e superare le proprie paure. Egli deve dimostrare coraggio in tutte quelle occasioni in cui è necessario imprimere un corso diverso agli eventi, esplorando, egli per primo, un nuovo percorso e una nuova direzione.
Deve avere il coraggio di guidare (to lead) verso il nuovo e verso il cambiamento quando questo è necessario e vitale per il successo dell’azienda e delle persone che ci lavorano.

Tutti i grandi esploratori, pensatori, scienziati, artisti e imprenditori che hanno lasciato un segno nella storia, possedevano questa qualità: il coraggio. Sono certo che provavano paura, avevano dubbi e incertezze, ma sono riusciti a non farsi bloccare dai propri timori, per realizzare qualcosa in cui credevano.

Non dobbiamo avere paura della paura.
Se non provassimo paura saremmo degli irresponsabili, dobbiamo, invece, trovare la forza di vincerla, di superarla.
E il primo passo è di riconoscerla e analizzarla.

La caverna nella quale hai paura di entrare ha il tesoro che stai cercando. (Joseph Campbell)
C’è solo un modo: entrarci con coraggio!

Buona settimana
Massimo

 

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