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Ignoranza e virus.

By 20 Ottobre 2020 No Comments

L’artista Egon Schiele ci ha lasciato una testimonianza di tanta ferocia in un dipinto incompiuto intitolato La famiglia, in cui sono ritratti lui, la moglie Edith e il loro figlioletto. Una famiglia che non è mai esistita, perchè Edith mori nell’ottobre del 1918, incinta di sei mesi del loro primogenito. Schiele mori tre giorni dopo di lei, mentre dipingeva proprio questa tela. Aveva ventotto anni.

E’ un breve estratto del bellissimo libro della giornalista scientifica Laura Spinney 1918 L’influenza spagnola. Scoperta ufficialmente negli Stati Uniti mentre le nazioni erano impegnate in una guerra mondiale e passata sotto traccia negli altri stati venne riconosciuta come epidemia proprio in Spagna:

La mattina del 4 marzo 1918 il ranchiere Albert Gitchell si presentò nell’infermeria di Camp Funston, in Kansas, con mal di gola, febbre e mal di testa. All’ora di pranzo l’infermeria si trovò a gestire più di cento casi simili, e nelle settimane successive il numero dei malati crebbe a tal punto che il capo ufficiale medico del campo dovette requisire un hangar per sistemarli tutti.
(…) Nell’aprile 1918 l’influenza era già epidemica nel Midwest, nelle città della costa orientale dove si imbarcavano i soldati e nei porti francesi dove sbarcavano. A metà aprile aveva raggiunto le trincee del fronte orientale.
(…) L’epidemia scoppiò in Giappone alla fine di maggio e a luglio era già in Australia. Poi sembrò svanire.
Questa fu la prima ondata, relativamente blanda, della pandemia, Provocò qualche disagio, come la normale influenza stagionale, ma non scatenò il panico.
(…) In agosto l’influenza ritornò trasformata. Fu la seconda e più letale ondata della pandemia e, sempre per convenzione, si ritiene sia scoppiata nella seconda metà del mese in tre punti diversi sull’Atlantico: Freetown, in Sierra Leone; Boston negli Stati Uniti; Brest in Francia.
(…) Nel dicembre 1918 buona parte del pianeta era di nuovo libero dall’influenza.
(…) Le autorità australiane tolsero la quarantena all’inizio del 1919; un pò troppo presto, come fu chiaro in seguito, perchè proprio allora si scatenò la terza ondata.
(…) La terza ondata si scatenò mentre in tutto il mondo ci si stava ancora riprendendo dalla seconda.
(Laura Spinney – opera citata)

L’impatto della ‘spagnola’ fu enorme:
L’influenza spagnola colpì un abitante su tre del pianeta, ovvero cinquecento milioni di esseri umani. Tra il primo caso registrato – il 4 marzo 1918 – e l’ultimo – nel marzo 1920 – uccise tra cinquanta e cento milioni di persone, vale a dire tra il 2,5% e il 5% della popolazione mondiale.
(Laura Spinney – opera citata)

Comprendere il passato, studiare la storia ci permette di comprendere quali furono le soluzioni e anche gli errori fatti e ci dovrebbe aiutare a capire come agire per il meglio tenendo conto delle lezioni del passato.

Cordone sanitario, isolamento, quarantena: sono concetti antichi che gli esseri umani mettono in pratica da molto prima di aver compreso la natura degli agenti del contagio, persino da prima di considerare le epidemia un atto divino.

(…) Nelle città moderne le misure contro le infezioni dovevano essere imposte dall’alto, da un’autorità centrale che, per riuscirci, aveva bisogno di tre cose: identificare i malati in modo tempestivo e così determinare la direzione dell’infezione; comprendere il mezzo di diffusione della malattia (l’acqua? l’aria? un insetto?) in modo da escogitare le misure più efficaci per bloccarla; trovare un metodo per assicurare il rispetto di tali misure.

(…) Il concetto di sorveglianza delle malattie – ovvero raccogliere i dati sui focolai per mettere in atto una risposta appropriata e tempestiva, se non per l’epidemia in corso almeno per la successiva – nacque in seguito alle devastanti epidemie di peste del Medioevo. All’inizio erano resoconti appena abbozzati: le diagnosi erano vaghe e i numeri approssimativi. Gradualmente la quantità e qualità dei dati è aumentata. I medici iniziarono a registrare non soltanto il numero di malati e dei decessi, ma anche chi erano queste persone, dove vivevano e quando avevano riportato i primi sintomi. Si resero quindi conto che attraverso la raccolta e l’analisi di questi elementi avrebbero potuto imparare moltissimo sull’origine delle epidemie e lo sviluppo del contagio.

(…) Nel 1918, non appena l’influenza fu soggetta a notifica e fu riconosciuta l’esistenza di una pandemia, furono messe in atto numerosissime misure di distanziamento sociale. Perlomeno nei paesi che avevano le risorse per farlo. Si decise la chiusura di scuole, teatri e luoghi di culto, furono adottate restrizioni al trasporto pubblico e proibiti i raduni di massa. Nei porti e nelle stazioni ferroviarie fu imposta la quarantena e i malati vennero trasferiti negli ospedali, dove furono creati reparti di isolamento per tenerli separati dai pazienti non infetti. Campagne informative avvertivano di usare sempre il fazzoletto quando si starnutiva e di lavarsi le mani regolarmente, di evitare i luoghi affollati ma di tenere le finestre aperte (si sapeva che i germi prosperano in ambienti caldi e umidi).
(Laura Spinney – opera citata)

New York – 1918 – il commissario per la Sanità della città, Royal S. Copeland prese tre decisioni fondamentali: innanzitutto scaglionò gli orari di apertura di fabbriche, negozi e cinema, eliminando di fatto l’ora di punta, poi stabilì un sistema di camere di compensazione in base la quale furono creati 150 centri di emergenza sparsi in tutta la città per coordinare la cura e la notifica della malattia. Infine la decisione più controversa: tenne aperte le scuole. All’inizio la sua idea era di chiudere tutti gli istituti pubblici, come avevano deciso di fare due stati confinanti, Massachusetts e New Jersey. Ma Josephine Baker, a capo della divisione di Igiene infantile del dipartimento di Salute pubblica, una pioniera nel suo campo, lo convinse a non farlo. Era sicura che sarebbe stato più semplice controllare i bambini a scuola, e curarli se avessero mostrato i sintomi. Li si poteva nutrire in modo adeguato – a casa non sempre succedeva – e utilizzarli come tramite per comunicare alle famiglie importanti informazioni igieniche.

(…) Nel suo rapporto del 2016 il Ghrf (Global Health Risk Framework) chiedeva ai governi, ai privati e alle Ong si stanziare almeno quattro miliardi di dollari all’anno per prepararsi a una pandemia e raccomandava di usare questi soldi per quattro scopi principali: addestrare operatori sanitari motivati; creare efficaci sistemi di sorveglianza delle malattie; istituire reti di laboratori ben funzionanti; coinvolgere le comunità.

(…) I media avranno in ogni caso un ruolo decisivo in una pandemia futura, e anche su questo il 1918 ci fornisce una lezione di valore inestimabile: la censura e la minimizzazione del pericolo non funzionano, bisogna trasmettere informazioni accurate con oggettività e tempismo.

Non voglio aggiungere altro, credo ci sia già parecchio materiale per pensare, riflettere e capire. Da ultimo solo un’osservazione con uno sguardo a quello che sta succedendo proprio in questi giorni: incapacità, incompetenza, confusione, impreparazione possono essere mortali, uccidono persone e possono distruggere un paese. 

Buona settimana
Design a better world
Massimo 

Foto crediti:
Wikipedia – Egon Schiele – The Family.

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