Nel folklore, un proiettile rivestito di argento (silver bullet) è spesso una delle poche armi efficaci contro un lupo mannaro, una strega, un vampiro o altri mostri. Il termine è anche una metafora di una soluzione semplice, apparentemente magica, a un problema difficile: ad esempio, la penicillina fu un proiettile d’argento che permise ai medici di curare con successo molte infezioni batteriche.
(Wikipedia)
Amiamo i proiettili d’argento, ovvero le soluzioni facili.
Vi è oramai un’abbondante mole di ricerche che dimostra come tendiamo a preferire il conosciuto anziché cercare nuove strade. E se cerchiamo il nuovo vogliamo qualcosa di testato, semplice e magari applicabile come un qualche algoritmo o dispositivo tipo ‘plug and play’.
Sfortunatamente certi problemi complessi che si devono affrontare non possono essere risolti in modo così automatico.
La difficoltà sta allora nel cercare una soluzione che sia efficace, efficiente e originale.
Il segno distintivo dell’originalità è rifiutare lo standard predefinito e cercare di scoprire se esiste un’alternativa migliore.
(…) Il punto di partenza è la curiosità: domandarsi perchè lo standard esista. Siamo spinti a mettere in questione le condizioni predefinite quando sperimentiamo il ‘vuja de’, cioè l’opposto del ‘deja vu’. Il ‘deja vu’ si manifesta quando incontriamo qualcosa di nuovo ma ci sembra di averlo già visto. Il vuja de funziona al contrario: ci troviamo davanti qualcosa di familiare ma lo vediamo con occhi nuovi e riusciamo a ideare nuove soluzioni a problemi vecchi.
(Adam Grant – Essere originali)
In alcuni casi lo standard non esiste nemmeno o meglio, lo standard è non avere standard o aver reso il problema ‘standard’, quindi la condizione di anormalità è in realtà ritenuta normale per cui deve essere ‘gestita’ non affrontata o risolta, con il risultato di perpetuare il problema.
In altri casi non vediamo nemmeno il problema:
Un uomo cieco sa che non riesce a vedere, ed è contento di essere guidato, sebbene a farlo sia un cane. Ma chi è cieco nella sua comprensione, che è la peggiore di tutte le cecità, crede di vedere meglio di tutti e disprezza una guida.
Samuel Butler
Il primo passo per cercare una soluzione consiste quindi nel ‘vedere’ il problema, comprenderlo:
La domanda: Cosa dobbiamo fare in merito? è la sola che viene posta da coloro che non comprendono il problema. Se un problema può essere in effetti risolto, comprenderlo e sapere cosa si deve fare è la stessa cosa. D’altro canto, fare qualcosa a riguardo di un problema che non si comprende è come cercare di eliminare l’oscurità cercando di spostarla con le mani. Quando viene portata la luce, l’oscurità svanisce d’incanto.
Allan Wilson Watts
Molti problemi operativi, commerciali o strategici hanno proprio la struttura indicata sopra. Si affrontano con la convinzione di avere già tutte le risposte (il famoso ‘silver bullet’) per cui si applicano soluzioni che non funzionano perché risolvono il problema sbagliato.
Cito a titolo d’esempio tre casi abbastanza ricorrenti.
Il ricorso al guru: la convinzione – priva di ogni evidenza scientifica – che da qualche parte nel mondo qualcuno conosca la risposta, il tutto si traduce nel seguire ciecamente il consiglio del cosiddetto ‘guru’, salvo poi scoprire che la soluzione (magari pagata a caro prezzo) non funziona.
Il format/canvas/template: come il ‘Credo’ di cristiana memoria, si applicano schemi di vario tipo (oramai ne esiste uno per ogni argomento) sperando che avvenga la magia. Altro esempio di ragionamento fallace perchè il problema non è la struttura o lo schema ma le idee che devono popolarlo e se non ci sono idee (siamo nel dominio della creatività il processo che produce vera innovazione) risulta impossibile generare una soluzione.
La risposta standard: spesso, lavorando con venditori o esperti di marketing pongo sempre la domanda da sei milioni di dollari: cosa ci serve per vendere di più? La risposta che quasi sempre ottengo propone due soluzioni (standard!): un prezzo più basso, un prodotto che non abbiamo. Esempio straordinario di fuga in avanti come strategia di evitamento del problema. Quando parlo di prezzo significa che ho esaurito tutti gli argomenti e mi sono quindi chiuso in un angolo e quando propongo un prodotto che non ho, quasi sempre è una reazione o un potenziale cliente già visitato da un concorrente (che ha proposto proprio quella cosa che non abbiamo) oppure una carenza di conoscenza del mercato che porta a sviluppare prodotti che non servono (non si vendono).
Tre tipi di risposte standard a problemi che richiederebbero soluzioni più originali.
Per uscire dall’impasse esistono molti percorsi possibili, a mio avviso non riducibili a format o canvas, poiché la strada da percorre dovrebbe essere vestita, adattata alla situazione da affrontare altrimenti si ritornerebbe al modello preconfezionato. Questo vuol dire avere la capacità di adattarsi alla struttura del problema anziché forzare soluzioni predefinite, cosa che molti consulenti amano fare perchè dà sicurezza e crea un meccanismo esportabile e riproducibile all’infinito, del resto se tutti i modelli (format/canvas/template) funzionassero saremmo pieni di casi di successo.
Consapevolezza della situazione e delle difficoltà insite nell’affrontare il problema e nella ricerca delle possibili soluzioni, comprensione e analisi del problema sono i primi passi del problem solver.
Adattabilità e flessibilità di approccio sono due caratteristiche fondamentali di un buon problem solver.
La curiosità, intesa come ricerca aperta ed esplorazione di scelte, opzioni possibili, è un altro elemento determinante.
Gli approcci e gli atteggiamenti che ho indicato più sopra rientrano in quello che mi piace chiamare mind fitness ossia pensare bene utilizzando il più potente strumento mai creato: la nostra mente, imparando a usarla bene ed esercitandola costantemente.
La capacità di affrontare i problemi, il problem-solving, è una delle competenze che, in un mondo complesso e volatile come l’attuale (VUCA world) è fondamentale acquisire e sviluppare, è, cioè, una competenza distintiva sia a livello personale che organizzativo.
Le condizioni operative, lo sviluppo di nuovi prodotti, la proposta commerciale, la strategia, sono tutti ambiti dove le competenze di problem solving (ovviamente di tipo diverso) possono e fanno la differenza.
Tutti risolviamo problemi e farlo in modo efficace ed efficiente e con metodo fa davvero differenza, nei risultati e nella qualità e originalità delle soluzioni proposte.
Lavoriamoci su…e dimenticate i ‘silver bullet’, funzionano solo nei film!
Design a better world
Buona settimana
Massimo