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Pensieri del ‘durante’ e per il ‘dopo’…

By 29 Giugno 2020 No Comments

Un amico, imprenditore importante e di successo, qualche giorno fa, in risposta a un pensiero che gli avevo inviato mi ha scritto:
Non riesco ad applicare la saggezza che esprimi ma qualcosa di ciò che dici mi resta sempre dentro e concludeva il suo messaggio ringraziandomi.
A un messaggio così cortese ho risposto con le parole di Seneca, uno dei miei filosofi preferiti:
“Perché mi dai consigli?” chiederai. “Forse li avrai già dati a te stesso, ti sei corretto, e perciò hai tempo per correggere gli altri.” Non sono così disonesto da pretendere di curare gli altri, essendo io stesso malato; ma, come se stessimo in un unico ospedale, parlo con te della comune malattia e metto in comune le medicine.
Seneca 

Lontana da me l’intenzione di dispensare consigli o soluzioni cerco e mi sforzo di trasferire, per quel che riesco, la ricerca di umanità, perché quel che oggi manca è proprio umanità, ossia attenzione all’uomo in senso completo, sociale, economico, filosofico.
La crisi del coronavirus ci ha fatto scoprire in modo forte proprio quell’umanità che rischiavamo e rischiamo  di perdere. 
Tutti abbiamo sentito una vicinanza forte a quanti sono mancati, a quanti hanno sofferto o stanno lottando per superare questo momento che non ha eguali nella storia recente. 
Ci siamo immedesimati, riflessi nelle sofferenze, nella paura, nel desiderio di lottare, nella voglia di uscirne, nella voglia di ritrovarci.
Ognuno di noi ha cercato di dare un contributo, piccolo o grande che fosse, in funzione delle proprie capacità, risorse e immaginazione.
Ho cercato, non so se ci sono riuscito, di partecipare alle preoccupazioni, ansie, paure, decisioni difficili, di tanti amici/lettori con i quali nel tempo ho avuto il privilegio di interagire, cercando di portare qualche parola di riflessione e spero di sprone a continuare, a non mollare perché dopo ogni temporale arriva sempre il sereno.
Non regalare consigli, non dare soluzioni, senza arroganza e senza la pretesa ‘di curare gli altri, essendo io stesso malato; ma, come se stessimo in un unico ospedale’, ma, solo diparlare a loro ‘della comune malattia’ e di mettere ‘in comune le medicine’.

Parlare della comune malattia non cambia le difficoltà del momento ma ci aiuta a superarlo, ci può aiutare a trovare quell’oncia di energia che ci fa andare avanti ancora e ancora.

La crisi economica era già presente prima del Covid e il virus ne ha accelerato in modo esponenziale gli effetti; stanno anche deflagrando tutta una serie di problemi mai affrontati ne tantomeno risolti sia a livello di paese Italia, che di Europa, che a livello mondiale (si pensi agli Stati Uniti o ad altre nazioni che stanno vivendo la crisi in modo drammatico) e stiamo assistendo all’incapacità di una leadership politica – nazionale e internazionale – incapace di gestire una situazione così impegnativa perché prigioniera di schemi di un passato che è appunto passato, finito, superato.
E’ una crisi di portata mondiale, storica e profonda che sta facendo emergere le tante criticità in un colpo solo, rispetto alle quali siamo, purtroppo, tragicamente impreparati.

Ciò premesso, anche nei giorni più foschi del lockdown non ho mai smesso di credere che è una crisi che possiamo superare, che possiamo farcela, che ne usciremo anche se ‘non è andato e non andrà tutto bene’. 
Non voglio tornare qui su cose più operative che ho scritto in altri post, perché oggi voglio ricollegarmi a quella forza che ci rende umani e che ci ha consentito di superare i tanti periodi oscuri che hanno costellato la storia del genere umano.
Da epoche antiche, da sempre, lottiamo, combattiamo, ci spingiamo in avanti e la freccia del tempo, osservandola con occhio prospettico, ha sempre mostrato una direzione di progresso e di sviluppo e mai come oggi abbiamo bisogno di non perdere la voglia di andare avanti che così tante volte ci ha sostenuto davanti a problemi apparentemente irrisolvibili o complicati.
Non credo sia possibile proseguire domani come se non fosse successo nulla, ma possiamo trarne insegnamenti per fare meglio, per ricollegarci a quell’umanità che nei momenti più difficili ci ha sempre sostenuto e mai perdere la fiducia in un domani migliore che possiamo realizzare con i nostri sforzi, insieme, dando ciascuno il suo piccolo o grande ma unico contributo.

E un piccolo pensiero anche al nostro straordinario paese così provato in questo momento. In una lettera scritta al fratello Theo, Vincent Van Gogh scrive:
Troverete in Il filosofo sotto i tetti di Souvestre, come un uomo del popolo, un semplice operaio molto miserabile se si vuole, si figurava la patria. “Tu non hai forse mai pensato a ciò che è la patria”, riprese egli posandomi una mano sulla spalla, “essa è tutto ciò che ci circonda, tutto ciò che ci ha cresciuto e nutrito, tutto ciò che hai amato, questa campagna che vedi, queste case, questi alberi, queste ragazze che passano ridendo, questa è la patria! Le leggi che ci proteggono, il pane che rimunera il tuo lavoro, le parole che scambi, la gioia e la tristezza che ti vengono dagli uomini e dalle cose fra le quali vivi, questa è la patria! La stanzetta dove hai visto tua madre, i ricordi che ti ha lasciato, la terra dove riposa, questa è la patria! La vedi e la respiri ovunque! Immaginati i diritti e i doveri, gli affetti e i bisogni, i ricordi e la riconoscenza, tutto ciò riunito in un solo nome, e questo sarà quello della patria.
La patria, la nostra povera Italia che ce la farà perché, nonostante quello che tanti possono pensare, siamo un grande popolo.

Questo evento tremendo, il Covid e i suoi terribili effetti, può essere uno spartiacque, un punto nel tempo che segnerà un prima e un dopo, a noi sta costruire quel ‘dopo’ con immaginazione, visione, creatività e soprattutto … umanità.
Nonostante tutte le brutture e storture che la storia ci ha consegnato, credo fortemente nell’uomo, nella sua capacità di evolvere e nella sua capacità di riscatto. Ma quell’uomo, quest’uomo non è un essere astratto, ma è reale, vero, siamo noi, io, voi e la nostra voglia di farcela.
Parliamo della comune malattia allora ma mettiamo anche in comune le medicine, cominciamo a guarire perché la peggior malattia è quella che ci corrode da dentro, quella che ci fa pensare che non ce la faremo.

Ne usciremo! Diamoci dentro…

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Massimo

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