Anche questa settimana ospitiamo un ‘pezzo’ di Silvia che è il nostro piccolo, piccolissimo contributo alla battaglia che tutti noi stiamo combattendo in questo momento.
Battaglia che i nostri eroi stanno combattendo nelle corsie degli ospedali, nei supermercati, nelle fabbriche e nei servizi di pubblica utilità (carabinieri, polizia, esercito, protezione civile e tutti gli altri che non abbiamo menzionato).
Un pensiero speciale anche a chi, colpito dal virus, sta lottando per guarire.
Pensiamo di fare cosa gradita ai nostri amici/clienti/lettori di essere vicini a loro con qualche piccolo spunto di riflessione.
Buona lettura.
L’albero ovvero del radicamento e del silenzio
Il Pa Chi Ch’üan 八 極 拳, “destrezza o pugilato delle otto direzioni”, è uno stile esterno del Kung Fu originatosi durante il periodo Ming 明 (1368-1644). Esso si basa su di posizioni sempre assai basse, radicate al suolo, eppure potenti ed efficaci, attraverso spostamenti rettilinei fulminei in otto diverse direzioni, come nel combattere contro otto diversi avversari.
Il maestro che lo elaborò si trovava recluso in un’angusta prigione dal soffitto basso, ma nonostante questa limitazione riuscì ugualmente a sviluppare uno stile molto potente.
Forse tra i più potenti.
Uno dei princìpi base dello stile è il radicamento dei piedi a terra. L’avere radici solide come una quercia.
Ho la fortuna di praticare il Kung fu da 13 anni, iniziando dopo un brutto incidente in auto. Il fatto di praticarlo è una scelta, la fortuna è di avere incontrato un grande Maestro.
Per la reale poca esperienza che ho la potenza di questo stile (che viene insegnato agli allievi dalla cintura nera in avanti, ma anche agli eserciti perché molto efficace) è veramente tanta.
L’aspetto incredibile è che questo stile venne sviluppato in una cella in cui la restrizione era estrema, con il soffitto più basso dell’altezza di un uomo. Riusciamo ad immaginare quale disagio possa essere non potere neanche stare in piedi?
Questa breve storia può diventare una parabola se ci poniamo davanti ad essa sinceramente e senza nasconderci dietro a un dito.
Dalla gabbia in cui siamo (che è comunque dorata, riscaldata, con gli affetti vicini, cibo e acqua potabile) cosa può nascere? Abbiamo le radici solide a terra?
Se così non fosse questo è il momento di allenare le radici e allontanare le scimmie.
Insomma, pare che la metafora a questo punto sia l’albero. Interessante. Fermo, con le radici a terra, che resiste a vento e intemperie, che fa i suoi frutti, e con la continua tensione verso l’alto, il sole.
E allora proseguiamo.
Allontanare le scimmie dicevamo.
Una tecnica del T’ai Chi Chu’an (l’unica in cui si cammina all’indietro) si chiama “indietreggiare spingendo via la scimmia”. Sempre dalla Cina deriva il detto: “avere la testa (come un albero) piena di scimmie” – che poi in slang italiano suona: “hai proprio la scimmia”. Tradotto: hai un pensiero ossessivo, un rumore di fondo ossessivo, e ti riempie la testa e non ti fa pensare ad altro, ascoltare altro, riposare.
Fuori di metafora: in questo momento qualcuno può sentirsi chiuso in gabbia soffocante, con la testa piena di scimmie. Un bel quadretto, no?
Siamo così abituati a vivere nell’adrenalina delle risposte veloci, azioni veloci, pensieri accatastati e compulsivi che non riusciamo a fare silenzio. Dobbiamo avere la risposta, la lettura, il colpevole ora subito qui. La nostra mente è piena di scimmie.
Nessuno ha soluzioni per questo – ognuno ha il suo modo – ma potremmo provare a cercare le giuste domande per comprendere cosa tutto ciò può portare a noi, alla nostra vita, al miglioramento personale.
Qual è la domanda che mi spaventa di più?
Qual è il sogno di cui mi sono dimenticato/a?
Qual è la gioia o (se è troppo difficile) la soddisfazione più grande che ho provato?
Come posso migliorare?
Che parte mia sto ascoltando?
Riesco a fare l’albero?
So che ad alcuni possono sembrare domande new age, o astratte, ma, a vederla da project manager… se è più comodo… come ho progettato la mia vita? Sta andando come speravo? Cosa posso cambiare? Come proverò a cambiarlo?
Come direbbero i miei amici Heiko… direi che è il momento di fare l’Hansei. Ora potete pensarci, tra una call, la spesa e i compiti dei ragazzi.
Io ci sto provando.
Quantomeno a zittire le scimmie e a sentire i piedi radicati a terra.
Silvia Elena Montagnini
Abbiamo creato su LinkedIn un gruppo:
HEIKO Forum: The Creative Challenge.
Discussing ideas and proposals to overcome the current Covid 19 crisis.
It’s a Creative Challenge, we need to change Businesses, Processes, Practices and Mindsets.
Vogliamo capire e agire per superare questa crisi e pensiamo sia necessario sviluppare nuovi schemi mentali. Unitevi alla conversazione, costruiamo insieme un nuovo modo di pensare.
Quando i nostri occhi sono feriti da qualcosa di troppo luminoso, li distogliamo e li riposiamo posandoli sui colori dei fiori e dell’erba: la nostra mente, invece, la teniamo fissa su ciò che ci procura dolore e la costringiamo a fermarsi su riflessioni tormentose, strappandola quasi a forza da altre migliori. (Plutarco)
Zittire le scimmie, quei pensieri ossessivi che si impadroniscono della mente e la portano ad avvitarsi su se stessa, creando una spirale negativa.
Che tutta questa storia possa essere un nuovo inizio?
Certo, se non succedeva saremmo stati tutti meglio e ci saremmo risparmiati tanto dolore e tante preoccupazioni, ma ora? Ora, cosa possiamo fare?
La possiamo solo attraversare impedendogli di impadronirsi del nostro futuro.
E continuare a lottare.
Design a better world
Buona settimana
Massimo
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