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Verra’ un tempo …

By 15 Novembre 2015 Marzo 29th, 2018 One Comment

Verrà un tempo …38199762_mUn uomo può uccidere un fiore, due fiori, tre… Ma non può contenere la primavera.
Gandhi

(…)Ero a casa, la mia casa è nel centro di Manhattan, e verso le 9 ho avuto la sensazione d’un pericolo che forse non mi avrebbe toccato ma che certo mi riguardava. La sensazione che si prova alla guerra, anzi in combattimento, quando con ogni poro della tua pelle senti la pallottola o il razzo che arriva, e tendi le orecchie e gridi a chi ti sta accanto: “Down! Get Down! Giù! Buttati Giù!”. L’ho respinta. Non ero mica in Vietnam, non ero mica in una delle tante e fottutissime guerre che sin dalla Seconda Guerra Mondiale hanno seviziato la mia vita! Ero a New York, perbacco, in un meraviglioso mattino di settembre. L’11 settembre 2001. Ma la sensazione ha continuato a possedermi inspiegabile, e allora ho fatto ciò che al mattino non faccio mai. Ho acceso la TV. Bè, l’audio non funzionava. Lo schermo sì. E su ogni canale, qui di canali ve ne sono circa cento, vedevi una torre dello World Trade Center che dagli ottantesimi piani in su bruciava come un gigantesco fiammifero. Un corto circuito? Un piccolo aereo sbadato? Oppure un atto di terrorismo mirato? Quasi paralizzata son rimasta a fissarla e, mentre la fissavo, mentre mi ponevo quelle tre domande, sullo schermo è apparso un aereo. Bianco, grosso. Un aereo di linea. Volando bassissimo si dirigeva verso la seconda Torre come un bombardiere che punta sull’obbiettivo, si getta sull’obbiettivo. Sicché ho capito. Voglio dire, ho capito che si trattava d’un aereo kamikaze. E mentre lo capivo, l’audio è tornato. Ha trasmesso un coro di urla selvagge. “God! Oh, God! Oh God, God, God! Gooooood! Dio! Oddio! Oddio! Dio, Dio, Diooooooo!” E l’aereo bianco s’è infilato nella seconda Torre come un coltello che si infila dentro un panetto di burro.
(…) Ero un pezzo di ghiaccio. Anche il mio cervello era ghiaccio.
(…) La gente che per non morire bruciata viva si buttava dalle finestre degli ottentesimi o novantesimi o centesimi piani, ad esempio. Rompevano i vetri delle finestre, le scavalcavano, si buttavano giù come ci si butta da un aereo avendo addosso il paracadute. A dozzine. Sì, a dozzine. E venivano giù lentamente. Così lentamente… Agitando le gambe e le braccia, nuotando nell’aria. Sì, sembravano nuotare nell’aria. E non arrivavano mai. Verso i trentesimi piani, però acceleravano. Si mettevano a gesticolar disperati, suppongo pentiti, quasi gridassero help-aiuto-help. E magari lo gridavano davvero. Infine cadevano a sasso e paf!
(…) La prima (Torre) è crollata perché è implosa, ha inghiottito sé stessa, La seconda invece s’è fusa, s’è sciolta proprio come fosse un panetto di burro. E tutto è avvenuto, o m’è parso, in un silenzio di tomba. Possibile? C’era davvero, quel silenzio, o era dentro di me?
Forse era dentro di me.
(Oriana Fallaci – La rabbia e l’orgoglio –Ed.Rizzoli)

Silenzio…

Spari. Il boato di una bomba, grida, sangue, urla, confusione.
Vite che cambiano per sempre e finiscono uccise da una follia senza senso.
La morte, il terrore, la paura, irrompono nelle nostre vite lasciandoci senza parole e senza protezione.
Ci immedesimiamo nel terrore dei sopravvissuti, avvertiamo forte il dolore di chi resta avendo perso un figlio, una moglie, un marito, un nipote e comprendiamo quanto quella sofferenza è lacerante. E sentiamo dentro di noi la rabbia.

A Parigi c’eravamo tutti, potevamo essere noi o i nostri cari.

Così, come succede in tutti gli attentati terroristici, ci sentiamo scoperti, impotenti e soggetti alle brutali pazzie di chi non è più degno di appartenere alla razza umana.

Affermiamo con forza la nostra vicinanza, comprensione e cordoglio a chi è stato così duramente e ingiustamente colpito nella sua parte più sensibile, intima e umana della propria vita.
In Italia è ancora vivo il ricordo delle tante stragi e uccisioni legate a barbari che avevano fatto della violenza la loro bandiera e che per così tanto tempo hanno tracciato con il sangue un periodo difficile della nostra storia.

La storia umana è costellata di periodi bui nei quali sono state commesse atrocità indicibili, sia nel passato remoto sia in quello recente, triste dimostrazione della nostra fragilità di esseri umani, prova del nostro lato oscuro che emerge, non trattenuto, con violenza e malvagità e della nostra incapacità di cercare soluzioni a problemi globali usando razionalità, comprensione e collaborazione.

Israeliani e palestinesi, obbligati dalla storia e dalla geografia a convivere in un fazzoletto di terra, sono in guerra da decenni, incapaci di trovare una soluzione ai loro problemi che soddisfi entrambi, e tutte le volte che la pace si avvicina, il processo viene bloccato da chi ha l’obiettivo di destabilizzare l’area perché avrebbe tutto da perdere da una convivenza pacifica.

Nel mondo continuano le guerre locali e intere aree del pianeta sono di fatto instabili, risultato di politiche miopi portate avanti da leader che mai hanno compreso la situazione, il contesto e i rischi.

L’Europa, microcefala al meglio, acefala in realtà, è incapace di sviluppare progetti o idee per gestire un fenomeno in rapida crescita come l’immigrazione e le uniche soluzioni ideate da alcuni dei suoi leader sono il filo spinato e l’innalzamento di muri.
Non siamo molto lontani dalla costruzione delle mura difensive di medioevale memoria. I tanti castelli che esistono in tanti paesi europei sono emblemi di come certe risposte siano in realtà ripetizioni del passato.
Sembra che la storia non ci abbia insegnato nulla.

Dovremmo, allora, rinunciare alla speranza?

Tanti anni fa, in uno dei momenti peggiori della storia europea, nel mezzo di una guerra disumana, costellata dalla più grande strage di innocenti mai vista, una ragazza coraggiosa scriveva:

E’ un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo. Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione. Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l’avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace e la serenità.
Intanto devo conservare intatti i miei ideali; verrà un tempo in cui saranno forse ancora attuabili.
Da Il diario di Anne Frank.

Non si può costruire sulla morte, sulla miseria e sulla confusione. Quelli che l’hanno fatto in passato hanno fallito e quelli che ci proveranno falliranno.

Esiste, là in fondo nell’oscurità, una flebile scintilla che ci rende uomini. E finché quella piccola luce risplenderà, l’oscurità non potrà prendere il sopravvento e non ci potrà essere una notte infinita. Come Anne Frank, continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo che ha sempre vinto anche nei periodi più bui.

Ci sono molti “ex-umani”, ma sono contrastati da tanti “uomini” degni e di buona volontà, rappresentanti di un’umanità responsabile, ragionevole, tollerante, civile, disposta a impegnarsi per aiutare il prossimo.

Gli umani hanno sempre vinto sugli ex-umani e così sarà sempre, per questo non dobbiamo perdere la speranza o rinunciare ai nostri ideali.
Verrà un tempo in cui gli “ex-umani” si saranno estinti e saranno solo un brutto ricordo, un tempo in cui ordine, pace e serenità saranno la condizione normale.

Silenzio …
Più di centoventi fiori strappati alla vita …
I loro cari … padri, madri, figli e figlie, mogli e mariti …
Ma … verrà un tempo …
Siamo vicini, vi abbracciamo, voi siete noi e noi siamo voi.

La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio.
Lo sdegno per la realtà delle cose; il coraggio per cambiarle.
Pablo Neruda

Massimo

 

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