E il settore dei servizi è servito… The Reality Gap 6.
There’s a common denominator in our human experience…
Everybody wants to know: “Did you hear me, and did what I say matter?”
Oprah Winfrey
E’ arrivato il momento di fare una piccola riflessione sul mondo dei servizi dedicando un post al tema. Ne ho scritto in passato ma sempre brevemente.
Una frase espressa da un importante imprenditore di una società di servizi – “il commercio ha delle logiche abbastanza (se non molto..) diverse (dall’industria)” – chiarisce molto bene l’atteggiamento di molte imprese del settore terziario e proprio a loro sono dedicati questi pensieri, come al solito “irriverenti”.
Due avvertenze iniziali.
La prima: trattando un tema così ampio si corre sempre il rischio di generalizzare e di non riuscire a rappresentare gli aspetti di diversità che caratterizzano molte organizzazioni, tuttavia, è opinione di chi scrive, che alcune logiche, dimostrate anche dall’affermazione di cui sopra, siano in realtà molto comuni.
La seconda, conseguenza della prima: vi sono, per fortuna abbondanti eccezioni e organizzazioni/persone/esperti che forniscono prestazioni ben sopra la media, ma non sono così diffuse come dovrebbe essere e questo per una serie di ragioni che proverò a indicare.
Buona lettura e buon pensiero!
Siamo andati sulla Luna ma non riusciamo a rendere l’esperienza di un viaggio in aereo accettabile: code al check-in, ai controlli, compagnie aeree che nel tentativo di reggere la concorrenza, continuano a tagliare su ogni cosa possibile.
Uno degli ultimi casi clamorosi è quello di Ryanair e i voli cancellati, ne ho trattato estesamente nel post: C’era una volta … il cliente! (24 settembre 2017).
Siamo nell’era della telecomunicazione ma le società di telefonia mobile non parlano con i clienti e quando lo fanno, l’utente (sempre che riesca a trovare il numero del customer service su siti incomprensibili) si interfaccia con qualcuno che sta a Tirana e non da risposte utili.
Un’altra società di telefonia mobile assume giovani universitari promettendo, al momento del colloquio, un fisso per tre mesi, il malcapitato scopre poi che non c’è nessun fisso ma solo provvigioni sui contratti stipulati.
Spot televisivi, slogan pubblicitari e siti internet abbagliano con parole vuote, perché poi nei fatti la realtà è diversa (ecco il solito Reality Gap!).
Siamo capaci di fare operazioni chirurgiche iper-sofisticate, ma l’esperienza del paziente (se sopravvive) è rimasta, in molti, troppi casi, quella dell’ospedale in Somalia.
Vi sottopongo tre casi accaduti in Lombardia considerata una regione all’avanguardia nel campo della sanità.
Una persona di 80 anni si sente male, cerca aiuto in ospedale e viene dimessa per ben quattro volte dal Pronto Soccorso di due ospedali con una diagnosi generica di “malessere”, ma poiché le condizioni peggiorano, la quinta volta il Pronto Soccorso di un ospedale diverso, la ricovera con diagnosi di cancro terminale.
Riporto il titolo del Giornale di Vimercate del 21 novembre:
All’ospedale di Vimercate di sera manca il chirurgo cardiovascolare, 76enne muore per un aneurisma dopo tre ore di attesa.
Fa pensare il seguito dell’articolo:
Pronto Soccorso da incubo, il sindaco scrive in Regione. All’ennesima protesta ricevuta sulla sua scrivania da parte dei suoi concittadini, ha deciso di prendere carta e penna e di scrivere all’assessore regionale al Welfare (singolare la scelta del nome, no?).
Questo il gesto compiuto nei giorni scorsi dal sindaco di Agrate Ezio Colombo, che punta il dito contro i disservizi del Pronto Soccorso dell’ospedale di Vimercate a cui si rivolgono molti suoi concittadini. Agratesi spesso costretti, come gli altri utenti del Vimercatese, ad estenuanti attese prima di essere visitati. Un problema che si trascina da tempo e che pare sia dovuto anche e soprattutto a carenza di personale.
Deciso a fissare una visita per un persistente problema, un utente si reca in un ospedale, sempre lombardo, a settembre 2017 e si sente proporre un appuntamento per il maggio del 2019 (sì, non è un errore, proprio quasi due anni dopo).
Esempi di disservizio e malasanità del paese di Pulcinella, i cui politici non governano cittadini con diritti e doveri, ma sudditi, i quali nel vuoto spinto di una politica sempre più lontana dal mondo reale, subiscono di tutto senza protestare.
Inoltre la strutturale inefficienza di queste strutture, la cattiva gestione e i tagli che i governi continuano a fare, hanno di fatto abbassato il livello prestazionale delle strutture pubbliche.
Esistono, per fortuna come chiarivo all’inizio, eccezioni, più legate alla capacità del team locale che a strutture che oramai sono malfunzionanti e inadeguate, lo dimostrano i tanti casi di ottimo funzionamento di un reparto che coesiste con un altro reparto che invece funziona male, entrambi all’interno dello stesso ospedale.
Storie di ordinaria follia…
Che cosa accomuna questi tristi casi, esempi d’idiozia e cretineria organizzativa?
Alcune disfunzioni che si trovano anche nell’industria: incapacità, irresponsabilità, incompetenza, mancanza di rispetto/maleducazione, processi difettosi e da ultimo, e più importante di tutto, l’assoluta assenza d’interesse per l’utente (cliente, cittadino, paziente, ecc.) che è solo da spremere e che non deve causare troppi fastidi.
La differenza qui tra pubblico e privato è sostanziale: se il privato eccede con i malfunzionamenti e i disservizi chiude, se lo stesso avviene nel pubblico non c’è nessuna conseguenza.
Le società di telefonia mobile e gli aeroporti sono eccezioni nell’eccezione, poiché la scelta è limitata (oligopolio) l’utente si deve accontentare e … arrangiare!
All’interno di queste organizzazioni esistono persone serie, impegnate e capaci, ma devono lottare contro i classici mulini a vento fatti di procedure, sistemi e strutture organizzative, molte volte progettati da chi non né competente né preoccupato dell’utente e/o del cliente e/o dell’efficienza del servizio.
Che cosa impedisce a queste organizzazioni di migliorare in tutti gli ambiti: efficienza, coinvolgimento delle persone, servizi erogati, miglioramento delle prestazioni?
Nulla!
Perché non lo fanno?
Perché non lo considerano importante, sono strutture autoreferenziali e sono ceche ai loro stessi problemi.
Good service is good business (Siebel Ad).
E i negozi?
Siamo pieni di fidelity card, sconti, promozioni, offerte, eppure i clienti sono sempre più lontani, meglio informati e più disincantati.
Molto spesso il cliente visita il sito internet, si reca in negozio (che è diventato un catalogo fisico) e poi compra on-line.
Perché?
Maggior offerta, vantaggio economico, rapidità, ampiezza di scelta, comodità.
E in realtà oramai tutti i negozi si assomigliano, le catene poi hanno istituzionalizzato le best pratice, catene di negozi diversi che vendono prodotti simili sono di fatto uguali.
E tutti fanno le stesse cose.
Andare in un negozio o in un altro, non fa nessuna differenza.
L’esperienza d’acquisto che vive il cliente è spesso trascurata dal negozio (o dalla catena).
Le capacità della persona che il cliente trova, che consiglia, ascolta, spiega, guida, fa la differenza.
Molte aziende non hanno costruito sufficienti competenze e investito nella costruzione di un livello minimo standard di preparazione che possa fare la differenza.
La concorrenza non è più, solo tra prodotti (oramai tutti si eguagliano), ma tra il negozio fisico e quello virtuale, tra un’esperienza di acquisto e un’altra.
Esemplare il livello raggiunto dagli Apple Store che hanno, anche in zone geografiche diverse, lo stesso livello di attenzione al cliente o potenziale tale e all’atmosfera molto particolare che si respira in ogni store.
Altre organizzazioni hanno costruito sistemi avanzati di raccolta dati per analizzare le scelte di acquisto, influenzare i consumatori e attirarli con tutta una serie di proposte e offerte, producendo un numero incredibilmente alto di prodotti nuovi quasi su base mensile (una delle ragioni di successo di Zara e delle sue collezioni in continuo cambiamento). Questo implica grandi investimenti in software, e capacità di sviluppo, produzione e distribuzione di prodotti che non tutti i negozi possono pensare di eguagliare.
Insomma, anche il mondo dei negozi subirà cambiamenti profondi.
Commercio e industria dovranno affrontare le sfide di un mondo sempre più veloce, sempre più connesso e di clienti sempre più esigenti.
Dovranno, per sopravvivere e prosperare, ripensare e riprogettare processi, riattivare le energie delle loro persone, imparare ad ascoltare clienti e potenziali tali, migliorare continuamente il servizio e l’esperienza di acquisto.
Dovranno rivedere dal profondo i loro sistemi di management.
In questo non c’è alcuna differenza tra i due settori, senza contare, ad esempio, che anche molte imprese industriali erogano, di fatto, oramai sia prodotti che servizi.
E in comune hanno anche un altro aspetto importante: la capacità del management e delle persone di continuare a modificare il business per creare prospettive nuove e originali.
Ogni azienda ha tre macro-processi per produrre ricchezza: progettare un prodotto o servizio, erogare o produrre (il prodotto o servizio) e vendere (il prodotto o servizio).
Ai tre processi si affiancano le attività di supporto: contabilità, magazzino, IT, marketing, ecc.
Tutti questi processi dovrebbero essere efficienti, produrre innovazione e sono svolti da persone, per cui possono e dovrebbero essere continuamente migliorati.
Tutti siamo, una volta o l’altra, utenti e clienti, siamo tutti interessati ad avere buoni prodotti e servizi eccellenti, ci piace ricevere la giusta attenzione e vorremmo essere trattati, prima di tutto, da persone, con educazione, cortesia e rispetto, e vorremmo anche risolvere i nostri problemi e soddisfare i nostri desideri nel modo migliore.
Vorremo chiarezza, trasparenza, semplicità e competenza.
Non sarebbe, quindi ora, che anche nel mondo dei servizi e del commercio si cominci a cambiare qualcosa?
Blockbuster era ovunque e dalla sera al mattino è scomparsa, distrutta dal successo di Netflix.
Quando un esperto, anni fa, parlò a un congresso di editori, della possibilità di vendere libri on-line, fu deriso, oggi Amazon non vende solo libri, ma qualunque cosa.
Possiamo stare lì, fermi ad aspettare che succeda anche a noi, oppure darci da fare per costruire un futuro diverso, con la consapevolezza che è necessario fare qualcosa di nuovo e, soprattutto, con la determinazione e la voglia di farlo.
Il sogno dei vostri clienti è una vita migliore e più felice.
Non muovere prodotti, arricchisci le loro vite.
Steve Jobs
Design a better world …
Buona settimana
Massimo