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Il mondo dei (dis)servizi.

By 11 Marzo 2018 Maggio 2nd, 2018 No Comments

Il mondo dei (dis)servizi.37694617_l

Un articolo pubblicato su Fortune alla fine del 2017 (Fortune – A record amount of Brick and Mortar stores will close in 2017 – 26 ottobre 2017 – di Keshia Hannam), sosteneva che circa 6700 negozi avrebbero chiuso i battenti entro l’anno. Un numero di chiusure superiori a quelle che si sono verificate durante la crisi del 2008 (6163).

Il Wall Street Journal riportava una nota di Nike agli investitori dove viene indicata la previsione di spostare le vendite online, sostenendo che “negozi indifferenziati e mediocri, non sopravvivranno”.

Insomma, grandi cambiamenti sono in arrivo anche per il commercio al dettaglio.

Lo sviluppo degli acquisti online, in continuo aumento, l’arrivo di nuove tecnologie (realtà aumentata, realtà virtuale, intelligenza artificiale, stampanti 3D), cambieranno nel profondo i comportamenti di acquisto da parte dei consumatori.

Siamo all’alba di una nuova era nella quale non esisteranno più i negozi tradizionali?
Non credo, ancora per parecchio tempo i punti vendita continueranno ad esistere, solo che per prosperare dovranno operare secondo nuovi principi e modelli.

Il mondo del commercio al dettaglio utilizza comunemente strumenti oramai datati: dalle tessere a punti, alle tessere di fedeltà, a meccanismi di aggancio del cliente con promozioni e offerte speciali e così via.
Un armamentario che nel breve non riuscirà più a funzionare essendo già diventato una proposta indifferenziata: la fanno tutti!
Questi meccanismi di aggancio sono un problema se il punto vendita non li offre (una mancanza rispetto a negozi o catene concorrenti) ma nel momento in cui li propone non crea una differenza sostanziale.

I punti vendita sono un ambito specifico di un settore più ampio, quello dei servizi.

Con pregevoli eccezioni, il mondo dei servizi è bloccato in una serie di schemi e meccanismi del passato che di fatto rendono l’esperienza di acquisto da parte del cliente mediocre, grigia e insoddisfacente.
Sappiamo, che come clienti, ci rivolgiamo molte volte al mondo dei servizi con rassegnata pazienza poiché non possiamo farne a meno.

Se il punto vendita o l’azienda non offrono un servizio migliore o/e una migliore esperienza di quella che il cliente può ricevere da un acquisto su Internet, perché il consumatore dovrebbe recarsi nel negozio, o nel ristorante?

Ospedali, banche, negozi, attività di riparazioni/manutenzioni, ristoranti, società di telefonia mobile, assicurazioni, trasporti pubblici, appaiono congelati nel tempo, incapaci di modificare approcci molto tradizionali (nel senso peggiore del termine) che, come consumatori, o utenti, o semplicemente cittadini, se potessimo scegliere, eviteremmo accuratamente.

Molti, incapaci di innovare o di cambiare, semplicemente spariranno di fronte a nuovi player che sapranno offrire un servizio e un’esperienza ai clienti di maggior soddisfazione.

Alcuni di questi settori godono di privilegi che dureranno ancora per un po’ (ad esempio banche e ospedali), altri di vantaggi tecnologici o di scala (telefonia mobile), ma poiché la freccia del progresso va dritta verso una serie di cambiamenti profondi, essi saranno prima o poi obbligati a rivedere molto del loro modo di fare business e soprattutto delle modalità con cui si interfacciano con i clienti.

Interi settori hanno perso, o forse non hanno mai avuto, il concetto di cliente, che appare come qualcuno che crea fastidio, che deve essere spremuto, al quale cortesia ed educazione sono sistematicamente negati e al quale si fa un favore e che possibilmente non si deve lamentare.
Tutte situazioni vissute, molte, troppe volte, da chi si deve rapportare con il servizio pubblico.

Nel privato, fortunatamente, la selezione è più forte e alla lunga, l’azienda incapace di dimostrare attenzione al cliente finisce con il chiudere. Anche se alcuni settori, in “overbooking”, sembrano refrattari al rischio e la soddisfazione del cliente non è poi ritenuta così importante.

Nel post di settimana scorsa sostenevo che, in particolare in Italia, abbiamo un problema culturale e mai questa cosa è vera come nel settore dei servizi, in troppi casi chiuso su se stesso, con logiche a volte incomprensibili e refrattario ai cambiamenti, eppure molto ci sarebbe da fare e molte potrebbero essere le opportunità.

Internet e le nuove tecnologie rappresentano, da questo punto di vista, una possibilità che spingerà verso cambiamenti che modificheranno in modo sostanziale il tipo di servizio e le modalità di erogazione e l’esperienza finale del cliente.

Interi settori spariranno e altri nuovi faranno la loro comparsa.

Illuminante, ad esempio, è quello che è successo e che sta succedendo con le agenzie di viaggio, che devono competere con una serie di servizi online più rapidi, più precisi, più informati e anche, molte volte più cortesi e professionali.

Tempi di attesa e di risposta molto lunghi, scarsa attenzione ai dettagli, addetti al servizio clienti che mancano di esperienza o di conoscenza, interazioni non professionali o impersonali, maleducazione, processi di acquisto o di attivazione lunghi, assurdi e inutilmente complicati, sono considerati inaccettabili ma, purtroppo, in molti casi sono la norma, qualcosa che troppo spesso, come utenti o clienti, sperimentiamo.
La cosa incredibile è la mancata comprensione da parte dell’azienda di servizio delle condizioni reali di erogazione del servizio e della conseguente percezione negativa da parte del cliente. E questo nonostante fiumi di parole, slogan accattivanti e pubblicità di fantomatici clienti felici.

Una ricerca del 2011 riportava che mentre l’80% delle aziende credeva di fornire un servizio ai clienti di livello superiore, soltanto l’8% dei clienti sentiva di ricevere un servizio effettivamente superiore dalle stesse aziende.
Un grave disallineamento tra la credenza dell’azienda e la percezione dei clienti.

Esistono due tipi di organizzazione. Da una parte ci sono quelle che amano essere all’avanguardia, aprire nuove frontiere e abbracciare l’innovazione; dall’altra ci sono quelle che, avendo paura delle novità, mantengono una prudente posizione di seconda linea, in attesa che qualcun altro compia il primo passo.

(…) Che cosa fare se l’organizzazione ristagna? Come convincerla a cambiare? Come agire se il mercato, anziché avvicinarsi, si allontana? Ho l’impressione che, se si indugia troppo a lungo, qualunque misura risulti tardiva e inadeguata. Conviene accettare il fatto che il cambiamento è prossimo, che la realtà, in cui oggi si opera, domani non esisterà già più, e iniziare a lavorare per la prossima grande novità.
Scommettere sul cambiamento è sempre la scelta meno rischiosa.
(Seth Godin – Il ruggito della mucca viola)

Che fare dunque?
Scommettere sul cambiamento, per prima cosa.
Ricordare spesso che se non ci prendiamo cura dei nostri clienti, lo farà qualcun altro.
E comprendere che per avere clienti soddisfatti per prima cosa è necessario avere dipendenti soddisfatti.
Da ultimo è auspicabile ripensare il servizio, l’approccio, il processo e l’esperienza che vive il cliente.

Vi è nel settore dei servizi un punto fondamentale: “the human touch”, il tocco che rende diverso e più umano il contatto tra il cliente e l’azienda e come recita un proverbio cinese: se non ti piace sorridere, non aprire un negozio.

Design a better world
Buona settimana
Massimo

 

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