BLOGBLOGBLOG

Non ogni massa grigia ha a che vedere con il cervello.

By 8 Gennaio 2017 Marzo 29th, 2018 No Comments

Non ogni massa grigia ha a che vedere con il cervello.42230931_l Bentrovati!
Buon Anno e che il 2017 vi porti tante cose belle e interessanti.

Riprendiamo le nostre riflessioni settimanali dopo la lunga pausa natalizia.

Avevo chiuso l’anno con un pensiero sul virus delle scuse (siamo abilissimi nell’inventarne tante) e con la proposta di un piccolo esercizio per guardare con occhio distaccato a tutte le scuse che abbiamo prodotto nel corso di quest’anno (quello appena passato) e decidere di cambiare qualcosa e iniziare a migliorare il mondo (Fireside chatspost del 18 dicembre 2016).
Era un invito a fermarsi e riflettere.
E cambiare qualcosa…

Nel mondo interconnesso in cui vive oggigiorno la grande maggioranza degli esseri umani, non basta dire che cosa occorre a ciascun individuo o a ciascun gruppo per sopravvivere nel suo orticello. Non è possibile, a lungo termine, che alcune parti dell’umanità nuotino nell’abbondanza mentre altre rimangano disperatamente povere e profondamente frustrate. Riprendendo le parole di Benjamin Franklin, “noi dobbiamo realmente stare tutti uniti, altrimenti è certo che saremo divisi”. Inoltre, il mondo del futuro – con gli ubiqui motori di ricerca, robot e congegni informatici di vario tipo – esigerà abilità che finora sono state soltanto facoltative. Per presentarci all’appuntamento nelle condizioni che esso richiede, dovremmo cominciare fin da ora a coltivare queste abilità.
(Howard Gardner – Cinque chiavi per il futuro)

Il cambiamento, auspicabile ma, tuttavia, indispensabile, inizia proprio da noi.
Le sfide e i cambiamenti che si stanno presentando con sempre maggiore velocità e che, modificano profondamente l’ambiente nel quale le organizzazioni si trovano ad operare, richiederanno sempre di più la capacità di pensare in modo diverso, di sapersi adattare e di cambiare. Per poterlo fare con successo sarà necessario sviluppare nuovi mindset, più adeguati ai tempi in rapido cambiamento quali quelli attuali.
 
Ho scritto qualche tempo fa sui cinque tipi d’intelligenza (intelligenza disciplinare, intelligenza sintetica, intelligenza creativa, intelligenza rispettosa, intelligenza etica), identificate dallo psicologo Howard Gardner, come chiavi per il futuro, nel post “Attrezzi: se hai solo un chiodo si piegherà” (20 marzo 2016). Cinque intelligenze alle quali ho aggiunto la sesta: quella emotiva.
Sempre Gardner scrive:
La persona dotata di queste “intelligenze”, come io le chiamo, o mentalità, sarà bene attrezzata per affrontare quello che si aspetta, e anche quello che è impossibile prevedere; la persona priva di queste intelligenze sarà in balia di forze che non potrà né prevedere né tantomeno controllare.
(…) Il lettore potrebbe ragionevolmente domandare: perché proprio queste cinque intelligenze? Non potrebbe la lista essere facilmente ampliata o modificata? Rispondo concisamente: le cinque che ho appena presentato sono oggi le forme di intelligenza più apprezzate, e ancor più lo saranno in futuro. Esse governano la sfera dei processi cognitivi quanto quella dell’iniziativa umana: in questo senso esse sono globali, comprensive.
 
In un aforisma, Roberto Gervaso ha scritto che l’intelligenza è la mente che spalanca le finestre.
L’intelligenza esiste perché c’è una mente: il termine mente è comunemente utilizzato per descrivere l’insieme delle funzioni superiori del cervello e, in particolare, quelle di cui si può avere soggettivamente coscienza in diverso grado, quali la sensazione, il pensiero, l’intuizione, la ragione, la memoria, la volontà. Sebbene molte specie animali condividano con l’uomo alcune di queste facoltà, il termine è di solito impiegato a proposito degli esseri umani. Molte di queste facoltà, rintracciabili a livello neurofisiologico nell’attività della corteccia cerebrale, danno forma nel complesso all’intelligenza. (Wikipedia)
 
Convinti dell’importanza dell’intelligenza, per noi, di Heiko Xplore, il 2017 sarà l’anno della MENTE.
Il nostro cammino sul sentiero del far nuovo (innovazione) che è passato attraverso l’anno dei Pirati (2015) e quello degli Esploratori (2016), procederà nel nuovo anno, verso la Mente, dimostrazione concreta di quel pensare diverso che andiamo sostenendo fin dall’inizio della nostra avventura.

E un pensare diverso è quello che serve per fronteggiare le grandi sfide e per cogliere le opportunità che il mondo di oggi propone e riserva.

Mercato, tecnologie e concorrenti in rapido cambiamento, creano una pressione fortissima su molte organizzazioni che arrancano con fatica per mantenere il passo, imballate in tutta un serie di meccanismi e processi interni inadeguati. Tale modo sincopato di lavorare trasmette a sua volta, pressioni sulle persone che si ritirano nella ripetizione costante di comportamenti e attività nelle quali non credono e in cui si impegnano al minimo.

Una leadership timorosa, incapace di creare e trasmettere fiducia, unita a un impoverimento continuo delle competenze, a tutti i livelli, genera una situazione davvero preoccupante. Il tutto nel quasi immobilismo di chi avrebbe sia l’autorità, che il diritto di intervenire.
E’ la rassegnazione o l’incapacità di sviluppare nuove idee, di sperimentare nuove soluzioni, nella perenne ricerca che qualche magica ricetta possa sostituirsi a una leadership in cerca di se stessa.

Ho più volte espresso grande ammirazione e rispetto per chi fa impresa, oggi, in Italia, in un ambiente istituzionale e politico, antico, patologico, autoreferenziale, che invece di affrontare i tanti nodi e le mancanze strutturali che pesano sulle imprese, non riesce a fare di meglio che inventare ipotetici investimenti (vedi Industry 4.0) che andranno a chi se li potrà permettere e quindi non toccano tutte le imprese, creando un serio problema di equità, o inventarsi meccanismi contorti per animare un mercato del lavoro asfittico e bloccato, il tutto nel silenzio delle associazioni industriali che avendo un problema di mantenimento degli iscritti e nel pieno di una crisi d’identità, non sanno fare altro che spingere sulla leva tecnologica ignorando i tanti e profondi difetti di un sistema industriale anacronistico, vecchio nei modelli di gestione che persegue e che si sta sfasciando.

Vi è tuttavia anche una responsabilità di molte imprese che non riescono o non vogliono rinnovarsi, chiuse nella continua ripetizione di modelli del passato da prima rivoluzione industriale – altro che Industry 4.0! – e che non comprendono che quello che sta avvenendo è un cambiamento di portata enorme e che richiede una rivoluzione nel modo di operare, di gestire l’azienda e i suoi meccanismi interni e che le persone giocheranno sempre di più un ruolo chiave.

Non è un problema di hardware, ma di software … mentale!

Per questo vogliamo lavorare sia sullo sviluppo di percorsi nuovi ma anche sulla creazione di nuovi modelli mentali, più adeguati all’oggi, cioè sulla MENTE, potenziando le capacità e le competenze delle persone e delle organizzazioni.

Non vogliamo utilizzare pratiche “esoteriche” o “miracolose” che vanno tanto di moda e che sono manipolatorie nei mezzi e difettose nei risultati ma, invece, metodi, processi e idee solide, provate e sperimentate, nel pieno rispetto delle persone.

E’ incredibile notare come all’aumento di “coach”, esperti in varie pratiche mentali e di performance, esperti con vari gradi di certificazioni e cinture, tempietti e acronimi roboanti, corrisponda una sempre più bassa motivazione dei dipendenti, un’incapacità di creare vera innovazione, una crescita stentorea – molte aziende crescono poco (il PIL è al 0.8-0.9%?) – e ci sia una generale carenza di leadership e una insoddisfazione diffusa.
Che forse il problema siano proprio i tanti “esperti”?

No, tranquilli, cari concorrenti, non è solo responsabilità delle vostre ricette ma è soprattutto di chi ci crede… sig!
Oggi del resto, chiunque può andare su Internet spacciarsi per esperto e fare formazione e magari come qualcuno ha anche proposto, sostenere che la sua formazione è “economica”…

Battute a parte, ci sono ovviamente anche dei professionisti seri e preparati (e di solito non costano poco…!) ma non trovano terreno fertile o voglia di cambiare davvero le cose in azienda.
Alle criticità già esposte più sopra, e che se riguardano l’imprenditore o il manager non hanno soluzione, c’è ne una strutturale: il middle management.

I manager intermedi sono di solito l’anello debole di ogni processo di cambiamento. Perché?
In molte aziende è promosso nella posizione di manager intermedio, chi ha dimostrato doti non comuni di impegno, senso di responsabilità, affidabilità e fiducia (o almeno si presume che tra i criteri di promozione e crescita ci siano quelli qui indicati) abbinati a una forte competenza tecnica specifica.
Sono tutte doti fondamentali e importanti, condizioni necessarie ma non sufficienti; cioè elementi non sufficienti a farne dei gestori di uomini, di progetti e risolutori di problemi.
E la maggiore responsabilità in questo caso è, proprio delle aziende che non investono sulla formazione dotando i loro “talenti” delle necessarie competenze per essere dei bravi capi.
Il risultato che si ottiene, di solito, sono degli esecutori con gradi variabili di capacità nell’affrontare e risolvere problemi in modo strutturato, dediti allo “spegnimento degli incendi”, in difficoltà nella gestione degli uomini (ci sono casi in cui il capo ha sue caratteristiche che ne fanno una persona autorevole e carismatica, ma non sono il frutto di un processo strutturato quanto della fortuna e del caso), che non hanno né iniziativa, né progettualità, essendo assorbiti e devastati dai tanti problemi quotidiani che saturano tutto il tempo che hanno a disposizione.
Ancora un problema di software … mentale!
E di processi, quelli di promozione e sviluppo delle persone, che vanno ripensati profondamente.

Insomma ci sono parecchie cose da sistemare…

Queste difficoltà sono naturalmente anche delle grandi opportunità per chi vuole immaginare un’azienda diversa, costruire un’organizzazione che sia davvero davanti a tutte le altre e che abbia nel suo DNA la capacità di produrre innovazione, di generare risposte nuove, in grado di adattarsi e che sappia pensare ed evolvere continuamente.
E tutto inizia dal pensare diverso, da nuovi mindset, abbandonando schemi obsoleti e avendo il coraggio di fare scelte che vadano verso nuove direzioni.

Possiamo iniziare l’anno liberandoci delle scuse e immaginando un piano di lavoro che vada verso la direzione che ho provato a tracciare?
E’ una sfida molto impegnativa, da togliere il fiato ma entusiasmante!
Provate a prenderla in esame.
Potrebbe essere?
Perché no?

Che il 2017 sia per voi l’anno dei cambiamenti che fanno la differenza, per voi e per le vostre persone.

Buon Anno di cuore e Design a better world …

Buona settimana
Massimo e il team Heiko Xplore

 

    Pubblichiamo un nuovo post ogni settimana, se desideri riceverlo iscriviti:

    Nome e cognome (richiesto)

    Professione

    Indirizzo email (richiesto)

    Condividi l'articolo

    Leave a Reply