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Fear Free Zone: liberi di sperimentare.

By 23 Settembre 2018 Luglio 8th, 2019 No Comments

Si è appena concluso il nostro Boot Camp – Manufacturing Essentials – ospitato per tre giorni all’interno dello stabilimento di Freudenberg Sealing Technologies – Powertrain & Driveline Oil Seals Division, a Luserna San Giovanni, con la partecipazione di persone provenienti da altre aziende e da altre regioni.

Un successo per la partecipazione, le idee e il contributo dei partecipanti in un ambiente, lo stabilimento di Freudenberg, di eccellenza dal punto di vista tecnologico-operativo e “molto umano” (aperto e cooperativo).

Il mix felice e i risultati inducono una riflessione sul lavoro in team e sulla cooperazione e sul contesto, così determinanti per il loro funzionamento e per la qualità delle idee prodotte da persone che lavorano insieme. 

Quando è che un gruppo può dirsi creativo? Quali approcci disciplinati (la sociologia, l’antropologia, la psicologia sociale, le scienze organizzative) meglio contribuiscono a svelarci i segreti della creatività collettiva? Tutti i gruppi possono essere creativi o solo quelli in possesso di determinate caratteristiche? E quali? Che peso esercitano, sulle capacità creative di un gruppo, il contesto ambientale, la motivazione, la professionalità, le nevrosi dei suoi singoli membri? Quali sono le fonti di potere e gli stili di leadership che meglio si addicono a chi dirige un gruppo creativo? Come si svolgono i processi informativi e decisionali al suo interno? Quali sono le cause e le possibili soluzioni dei conflitti che vi insorgono? Come si può valutare, dall’interno e dall’esterno, il grado di creatività di un gruppo? Come si formano e come si sciolgono i gruppi creativi? Di quali risorse hanno bisogno? Che influenza esercita su di essi il contesto in cui operano?

(…) La creatività artistica può essere individuale e collettiva, programmata o di getto. Nella creatività scientifica, invece, prevalgono ormai i processi collettivi in cui la pianificazione, il programma, la sperimentazione costituiscono momenti di paziente razionalità in cui lo spazio lasciato alla fantasia è ridotto all’osso.

Per ottenere scoperte e invenzioni eccezionali occorrono dosi eccezionali di fantasia e di concretezza. Purtroppo, però, la stragrande maggioranza degli individui non è composta da geni in cui fantasia e concretezza convivono entrambe a livelli fuori del comune. In genere ognuno di noi eccelle un poco più nella fantasia o un poco più nella concretezza.

(…) Il concetto-base cui si ispirarono, sia pure inconsapevolmente, grandi leader come Pasteur e Dohrn, Guccia e Hoffman, Gropius e Fermi, fu che non ci fosse bisogno di ricorrere a geni, ciascuno in se stesso completo di alta fantasia e di forte concretezza, ma che bastasse mettere insieme delle persone dotate soprattutto di grande fantasia con delle persone dotate soprattutto di grande concretezza, dando così vita a organizzazioni fertilissime di idee e di realizzazioni: geni collettivi composti da singoli soggetti non necessariamente geniali.

Dunque, produrre creatività nelle organizzazioni non consiste tanto nell’indurre le persone concrete a essere più fantasiose o le persone fantasiose a essere più concrete grazie a improbabili tecniche maieutiche. Produrre creatività nelle organizzazioni consiste nel formare mix equilibrati e sapienti di persone fantasiose e di persone concrete, ciascuna coerente con se stessa e fedele alla propria vocazione naturale. Purtroppo, invece, alcuni gruppi (ad esempio, le avanguardie artistiche) tendono a selezionare persone prevalentemente fantasiose, con i piedi per aria, rischiando di cadere in un’atmosfera velleitaria dove nessun progetto viene poi tradotto in pratica; altri gruppi (ad esempio le aziende) tendono a selezionare persone prevalentemente concrete, con i piedi troppo piantati per terra, rischiando di cadere in un’atmosfera burocratica dove non c’è mai un colpo d’ala, un pizzico d’utopia, una propensione al rischio.

(…) Ovviamente non basta affiancare meccanicamente persone fantasiose con persone concrete, né basta fornire loro un adeguato supporto di tecnologie: occorre creare un clima entusiasta, fatto di reciproca tolleranza, stima e collaborazione; occorre rafforzare questo clima dandogli la certezza di una missione condivisa; occorre renderlo incandescente grazie a una leadership carismatica, capace di abbattere le barriere che intralciano la creatività del team.

Ciò che serve, dunque, è un gruppo variegato di fantasiosi e di concreti, un gruppo che si segnali per una marcata dose di interclassismo, antiburocraticismo, internazionalismo, universalismo, attenti alla dimensione etica ed estetica, propensi alla modernità tecnologica, radicati alla propria storia ma tendenti al futuro, capaci di darsi modalità ludiche di lavoro e di trasformare i vincoli in opportunità, i conflitti in stimoli, l’agonismo in collaborazione.

Insomma, un gruppo non diventa creativo se non sono messi in seria discussione i criteri tradizionali con cui selezionare i membri e i leader, l’assetto dei poteri, lo stile di leadership, i metodi di gestione ereditati dalla vecchia società industriale. Un setting dotato di contagioso entusiasmo, il carisma dei capi, la libertà di espressione e di azione, l’organizzazione destrutturata nei suoi tempi e nei suoi spazi, la curiosità intellettuale, la raffinatezza estetica dei modi e dei luoghi fanno miracoli più di qualsiasi guru che va spacciando nelle imprese presunte tecniche capaci di suscitare creatività in ogni dipendente.

(Domenico De Masi – L’emozione e la regola)

Concordo pienamente con quanto evidenziato da De Masi; anche noi abbiamo dato un contributo su questi argomenti, sia con il nostro libro Re-Think!, sia con i post, sia con la recente pubblicazione dei video.

Entusiasmo, leadership, libertà di espressione e azione, organizzazione destrutturata nei suoi tempi e spazi, curiosità, cioè valori, tempi (occasioni/opportunità), competenze (in barba a chi pensa che investire in formazione sia un costo e non un investimento) metodi e contesti che rendono possibile l’innovazione. Elementi che purtroppo, molto spesso, trovano l’opposizione o il rifiuto da parte di certe manager e/o imprenditori, piuttosto che supporto e incoraggiamento.

Creare, dunque, spazi e tempi che consentano la sperimentazione e che siano liberi dalla paura di sbagliare. Spazi e tempi diventano così strategici per lo sviluppo di idee, progetti e prodotti nuovi con un raggio d’azione che va dal miglioramento operativo o di processo (efficienza), all’area commerciale e all’area R&D (innovazione).

Rompere i silos e creare gruppi di lavoro inter-funzionali, cioè alimentare la diversità, elemento fondamentale per consentire l’emergere della creatività.

Metodi che strutturino lavori creativi destrutturati (un paradosso?).

In molte organizzazioni, purtroppo, persiste la paura del cambiamento dello status quo; si preferisce e si premia il conformismo; il dissenso e l’originalità sono scoraggiati, fanno paura e molti staff sono pieni di yes-man, uomini di un passato antico ma non superato, che preferiscono il compiacimento alla manifestazione di un pensiero originale e nuovo. Sono le organizzazioni “congelate” nel tempo (ma attenzione: nel business non c’è nessun risveglio dall’ibernazione, solo l’oblio!).

Fortunatamente esistono aziende che guardano in avanti, non solo a prodotti o mercati o modelli di business nuovi, ma anche a nuove modalità organizzative, a nuovi modelli di leadership e che cercano di creare ambienti in cui le persone possano lavorare con efficienza/efficacia, valorizzando il loro contributo, le loro idee e il loro impegno.

Bello sapere che esistono aziende così!

Ancora più bello sapere che si può lavorare per andare in quella direzione … no?

Design a better world!

Buona settimana

Massimo

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