BLOG

La competenza mancante… Il mestiere di Capo 6.

By 15 Ottobre 2017 Maggio 2nd, 2018 No Comments

La competenza mancante… Il mestiere di Capo 6.46627370_xlE’ prima di tutto una faccenda di … equilibrio.Classica scena sulle strade di Manhattan: un uomo parcheggia la sua Lexus in rimozione forzata su una strada congestionata, entra di corsa in un negozio, acquista qualcosa e poi si precipita fuori, per scoprire che un agente non solo gli ha fatto la multa ma ha già chiamato un carro attrezzi, al quale proprio in quel momento stanno agganciando la sua auto.
“Dannazione!” l’uomo esplode in un eccesso di collera, scaraventando un fiume di insulti all’indirizzo dell’agente e concludendo poi: “Lei è il più schifoso bastardo che abbia mai incontrato!” E così dicendo colpisce con un pugno il cofano del carro attrezzi.
L’agente visibilmente turbato, in qualche modo riesce a restare calmo e dice: “E’ la legge. Se ritiene che sia sbagliato, può appellarsi. E così dicendo, si volta e se ne va.
L’autocontrollo è essenziale per chi deve far rispettare la legge.
(…) Studi sulle competenze utili all’interno delle organizzazioni incaricate di far rispettare la legge hanno messo in luce come gli ufficiali migliori facciano il minor uso possibile della forza, si rivolgano alle persone pericolose in modo calmo e con fare professionale, e siano bravi a smorzare i toni.
(…) Il principio di conservare la calma a dispetto della provocazione si applica a chiunque si trovi ad affrontare, per motivi di lavoro, persone pericolose e o agitate.
(Daniel Goleman –Lavorare con l’intelligenza emotiva)

Il settore dell’alta tecnologia, forse tra tutti quello soggetto ai cambiamenti più veloci, è disseminato dei relitti di aziende i cui vertici non sono stati in grado di adattarsi ai cambiamenti del mercato. Un ingegnere che aveva lavorato ai Wang Laboratories ai tempi d’oro degli anni Ottanta – quando l’azienda arrivò a un volume di vendite di tre miliardi di dollari – e che vi rimase fino a vederla fallire, mi dice: “Ho visto a che cosa porta il successo: alimenta l’arroganza. Uno smette di stare a sentire i clienti e i dipendenti. Ci si compiace della propria azienda, e alla fine si viene scavalcati dalla concorrenza.”
(…) Grove sostiene convinto che la capacità di un’azienda di sopravvivere a una tale incombente valle della morte dipende da una sola cosa: “dalla reazione emotiva ai vertici”.
(Daniel Goleman –Lavorare con l’intelligenza emotiva)

Il leader è però anche una fonte-chiave del tono emotivo dell’organizzazione. L’entusiasmo che emana da un leader può spingere un intero gruppo in quella direzione. Come ha detto Birgitta Wistrund, direttrice generale di una compagnia svedese, “esercitare la leadership significa infondere energia”.
La facilità con cui le emozioni si propagano da un leader ai membri del gruppo ha anche un aspetto negativo. Come dice il vecchio adagio, “il pesce va a male a partire dalla testa”. Una leadership brutale, arrogante o arbitraria demoralizza il gruppo. Birgitta Wistrund usa il termine di “incontinenza emozionale” per riferirsi al trapelare di emozioni distruttive dall’alto verso il basso della gerarchia: “Con le sue emozioni negative un leader fiacca l’energia degli altri rendendoli ansiosi, depressi o rabbiosi”, afferma.
(Daniel Goleman –Lavorare con l’intelligenza emotiva)

In realtà non sono solo le grandi emozioni negative (ira, odio, invidia, rivalità, ecc.) quelle che minano l’armonia psicologica, base di tutta la nostra salute, ma anche le forti emozioni positive: l’esaltazione, la gioia sfrenata, l’attaccamento, il desiderio, l’idolatria, l’ebbrezza, l’entusiasmo, la frenesia, il fervore e così via.
(…) Prescindendo comunque dalle gravi malattie, è l’equilibrio psicologico dell’individuo che viene turbato tanto dalla depressione quanto dall’esaltazione. “Bisogna conservare la mente serena anche nei momenti difficili” dice Orazio “e tenerla lontana da una gioia troppo sfrenata nella buona fortuna.” E Tacito conferma: “A nessuno toccherà di dolersi di più di chi si rallegra in modo eccessivo”.
Il saggio non si fa trascinare dalle opposte ed estreme emozioni perché è consapevole che nessun evento può essere né così terribile né così esaltante, perché si rende conto che quando le cose gli vanno male c’è anche qualcosa di buono e che quando gli vanno bene c’è anche qualcosa di male.
(…) A ben vedere, la parola d’ordine di chi punta alla serenità è “ridimensionamento”: riequilibrare i sentimenti estremi e le impressioni eccessive.
Quest’opera di riassetto, che potrebbe dare l’impressione di smorzare i sentimenti e di rendere opaca la vita emotiva, riesce al contrario a conferire alla mente una particolare limpidezza. E la chiarezza e la lucidità sono le condizioni migliori per godersi le emozioni dell’esistenza.
“Non deprimerti e non eccitarti troppo” consiglia Marco Aurelio “e lasciati del tempo libero nella vita.”
(Claudio Lamparelli – L’arte della serenità)

Equilibrio: espressione, che in generale significa bilanciamento di opposti, utilizzata in tutti quegli ambiti disciplinari dove si impiega la nozione di sistema, caratterizzato dalla presenza di forze tra loro contrastanti.
(Umberto Galimberti)

La capacità di “bilanciare” gli opposti produce una condizione di equilibrio.
Così in ambito organizzativo, si dovrebbe bilanciare l’innovazione e la ricerca di efficienza e non prediligere una a discapito dell’altra. E’ possibile creare una crescita sostenibile sviluppando prodotti e servizi nuovi con processi efficienti.
Le situazioni che si vivono in un’azienda o anche nella vita personale, causano un movimento che provoca una modifica dell’equilibrio del sistema o della relazione, che si dovrebbe poi cercare di ricreare a un livello diverso e, possibilmente, più evoluto.
A titolo di esempio pensiamo all’atto di camminare o di correre o di arrampicare per raggiungere un luogo, questo implica l’abbandono di una posizione statica con l’obiettivo di cercare un luogo diverso e/o superiore, ma implica anche che il nuovo punto raggiunto consenta una condizione di equilibrio, altrimenti finiremmo per cadere e non riusciremmo mai a raggiungere la meta.
Un altro esempio interessante è l’andare in bicicletta. A questo proposito cito la famosa frase di Einstein: La vita è come andare in bicicletta: se vuoi stare in equilibrio devi muoverti. Ottima esemplificazione di un concetto pregnante: a volte è saggio muoversi per mantenere una condizione di equilibrio, ci riferiamo cioè a un equilibrio dinamico (movimenti di compensazione e di aggiustamento) che permette di raggiungere uno stato superiore.
Un leader che ha a cuore le sue persone dovrebbe agire per cercare lo stato di equilibrio confacente alla situazione, non rimanendo però confinato all’immobilismo per paura degli assestamenti che un cambiamento potrebbe provocare.
L’equilibrio ha anche una dimensione individuale, ho parlato di questa particolare condizione in più occasioni:
Montagne russe e aziende, emotività ed equilibrio (10 novembre 2014);
Il tempo “molle” e il giusto ritmo (28 luglio 2014).

L’equilibrio non appare quasi mai quando si parla di leadership, sembra una cosa lasciata a margine, eppure tra le doti di un “buon capo”, quella di essere equilibrato è forse una delle più trascurate ma tra le più importanti.
Tirato spesso tra opposti e tra scelte a volte apparentemente inconciliabili, il capo che sa assumere un atteggiamento equilibrato può davvero fare la differenza.

Come cantava Pindaro, “c’è una misura in ogni cosa e tutto sta nel capirlo”.

Attività e riflessioni diverse come bilanciare emozioni contrapposte, scegliere tra percorsi alternativi, capire se seguire emozione o ragione, bilanciare la vita personale e quella professionale, richiedono la ricerca di una sorta di equilibrio nel giudizio e nell’agire che non è facile raggiungere. Eppure poco si parla di un aspetto così importante per la serenità del “capo” e dei suoi collaboratori.
Preferiamo l’enfasi sui tratti caratteristici dei grandi leader, chiamata la teoria del “Grande Uomo”, oppure la ricerca di qualche magico strumento che ci trasformi in leader carismatici, cioè qualcosa che sia possibilmente semplice, sicuro e di facile utilizzo.

Poiché molti di quelli che parlano con apparente autorevolezza di leadership, non sono mai stati leader nella realtà, dimenticano l’equilibrio come condizione che il capo dovrebbe essere capace di raggiungere e di manifestare nei comportamenti, nelle parole e nei pensieri.
Troviamo così leader profondamente sbilanciati e oscillanti tra estremi.
Questo continuo vacillare ne compromette la credibilità e l’affidabilità.
Non sono persone che meritano fiducia.

Comportamenti, azioni e reazioni impulsive, “squilibrate” (nel senso di vacillanti), creano situazioni di profonda instabilità e insicurezza deleterie per il funzionamento di un’organizzazione o di un team.

La mancanza di equilibrio ha diverse cause, da problemi personali e conflitti non risolti che il capo manifesta con i propri collaboratori, a una cronica mancanza di competenze di base che li rendono incapaci e inadatti ad affrontare certe situazioni.
Inoltre la mancanza di feedback – chi del resto si sentirebbe di esternare le proprie perplessità o disagi a un capo disequilibrato? – rende molto difficile la correzione di comportamenti che possono, nei peggiori dei casi, arrivare a essere distruttivi.
L’instabilità genera così una mancanza di chiarezza, una difficoltà di interpretazione, delle azioni/reazioni/comportamenti, che lasciano nel dubbio e nell’incertezza. L’azione del collaboratore diventa allora di rassegnazione, di accettazione e di ineluttabilità.
Non vi è più una chiave di lettura che identifica e renda prevedibili le attese e le richieste del capo che appaiono illogiche, estemporanee e a volte, assolutamente ingiuste o gratuite.

L’equilibrio, prima di tutto personale, nei comportamenti, nelle “esternazioni”, nelle azioni diventa così una competenza importantissima per chi esercita un ruolo di responsabilità alla guida di aziende, organizzazioni, uomini.
La ricerca di un comportamento equilibrato, sia nei rapporti con gli altri che con se stessi, è un processo non facile e che richiede impegno, fatica e sforzo, oltre alla volontà di autocorreggersi e di automigliorarsi.
Significa anche comprendere che essendo umani non siamo perfetti ma perfettibili, che possiamo cambiare per migliorare e che per farlo dobbiamo vedere, prima e soprattutto in noi stessi, quelli che sono i punti di forza e di debolezza, comprendere dove abbiamo sbagliato e dove possiamo migliorare, con umiltà e con il coraggio di chi sa che può fare meglio, essere meglio.

Essere equilibrati a volte significa capire che bisogna abbandonare una condizione di equilibrio per cercarne una nuova e che uscire dalla propria “zona di comfort” richiede, paradossalmente, di lasciare un equilibrio per costruirne uno nuovo, bilanciando coraggio e prudenza ma sempre con lo spirito e la voglia di andare avanti.
E così come un corpo con uno stile di vita equilibrato è un corpo sano, così anche un’organizzazione per essere sana ha bisogno di uno stile di leadership equilibrato.

Essere leader è prima di tutto questo: trovare il giusto equilibrio… per se stessi e per gli altri!

Design a better world …
Buona settimana
Massimo

 

    Pubblichiamo un nuovo post ogni settimana, se desideri riceverlo iscriviti:

    Nome e cognome (richiesto)

    Professione

    Indirizzo email (richiesto)

    Condividi l'articolo

    Leave a Reply