Attrezzi: se hai solo un chiodo, si piegherà. (A.Block)Un giorno d’estate aiutai zio Oren a sostituire una zanzariera rotta in fondo alla casa. Avevo otto o nove anni e lo seguii con il pannello appoggiato in testa, come un portatore indigeno in un film di Tarzan. Lui reggeva la cassetta per i manici, trascinandosela dietro di peso all’altezza della coscia. Al solito, sfoggiava pantaloni di tela beige e una camicia bianca pulita. Il sudore gli luccicava tra i capelli a spazzola ingrigiti.
(…) Una volta giunti alla finestra con la zanzariera malandata, posò la cassetta al suolo con un sospirone di sollievo. Quando Dave e io provammo ad alzarla dal pavimento del garage, afferrandola per i manici, la spostavamo a malapena di qualche centimetro.
Allora eravamo solo due mocciosi, ma credo comunque che quell’affare pieno zeppo pesasse tra i trenta e i cinquanta chili.
Zio Oren mi lasciò trafficare con le enormi chiusure. Gli arnesi più comuni erano nello scomparto superiore. C’erano martello, seghetto, pinze, due chiavi inglesi fisse e una regolabile. Non mancavano una livella con la sua misteriosa finestra gialla nel mezzo, un trapano (con le punte più corte in perfetto ordine nei cassettini sottostanti) e un paio di cacciaviti. Lui mi chiese di passargliene uno.
“Quale?” gli domandai.
“E’ uguale.”
Il pannello rotto era fissato con viti ad anello, ed era indifferente usare un attrezzo normale o a stella. Bastava infilarne l’asta nell’occhiello e poi mettersi a girare, come con una chiave a croce dopo avere allentato i bulloni di una ruota.
Lo zio sfilò le otto viti, che mi consegnò per non rischiare di perderle, e poi levò la zanzariera. L’appoggiò contro il muro di casa e sollevò la nuova. I fori combaciavano al millimetro con quelli del telaio della finestra. Lui ne prese atto, bofonchiando soddisfatto. Riagguantò le viti ad anello e le strinse, ripetendo l’operazione precedente.
Non appena assicurato il pannello mi restituì il cacciavite, dicendomi di “richiuderlo per benino dentro la cassetta”. Obbedii, anche se perplesso. Gli chiesi perché si fosse trascinato fin laggiù quell’affare ingombrante, se gli serviva un solo arnese che si sarebbe potuto cacciare nella tasca posteriore dei calzoni.
“Si, Steve, però non sapevo che altro avrei scoperto una volta arrivato qui” ribatté lui, chinandosi ad abbracciare i manici. “E’ meglio avere con te i tuoi arnesi. Se no, rischi di imbatterti in qualcosa che non ti aspettavi e di scoraggiarti.”
Morale della favola, per scrivere al meglio delle vostre capacità, vi è indispensabile costruire la vostra cassetta e poi farvi abbastanza muscoli da riuscire a sollevarla. A quel punto, invece di abbattervi perché il compito è più difficile del previsto, forse sarete in grado di scegliere l’attrezzo adatto e mettervi subito al lavoro.
(Stephen King, On writing, ed. Frassinelli)
Non ho potuto/voluto accorciare una così bella citazione di Stephen King sull’arte dello scrivere. In realtà il mio obiettivo, per analogia, è di pensare alla cassetta degli attrezzi come un insieme di strumenti necessari per il ben-pensare (mind fitness).
Attrezzi necessari per affrontare con successo le sfide che la vita e il lavoro ci pongono continuamente davanti.
In Pensare è un po’ come mettere in ordine una stanza (post del 7 giugno 2015) scrivevo che:
“l’importanza di questa scoperta è che noi possiamo continuamente migliorare le nostre prestazioni cognitive esercitando il cervello proprio come facciamo con il corpo attraverso l’esercizio fisico: L’anatomia del cervello, le reti neurali, e le capacità cognitive possono essere rafforzati e migliorati attraverso le vostre esperienze e le interazioni con l’ambiente. La salute del vostro cervello non è solo il prodotto di esperienze infantili negative e positive, e patrimonio genetico; riflette anche le scelte degli adulti e le esperienze.”
(…)In altre parole, potete fare cambiamenti fisici nel vostro cervello apprendendo nuove competenze. (Cognitive Fitness di R. Gilkey e C.Kilts, HBR 2007)
Il riferimento qui è al farsi abbastanza muscoli da riuscire a sollevarla (la cassetta).
Qual è la qualità del tuo modo di pensare? E’ efficace? Ti aiuta a risolvere in modo efficace ed efficiente i problemi (personali e/o professionali)? Oppure ti ritrovi ingabbiato nei problemi di sempre? (Non pensare: non ne hai l’equipaggiamento. post del 17 maggio 2015)
Abraham Maslow una volta disse che se l’unico strumento che hai in mano è un martello, ogni cosa inizierà a sembrarti un chiodo, quindi nella nostra cassetta (la mente) dobbiamo mettere un insieme di strumenti da utilizzare secondo necessità.
Apprendere, affinare e continuamente migliorare l’abilità nell’uso degli strumenti è un esercizio che dura tutta una vita, ma che può decisamente aiutarci a sviluppare il nostro modo di pensare e diventare così più efficaci nell’affrontare e risolvere problemi o nel concepire nuove soluzioni o sviluppare idee.
Caratteristica del pensiero (critico) è che subito ci poniamo a una certa distanza da quel pensiero che ci è appena venuto in mente: facciamo un passo indietro e lo guardiamo per così dire. Quello che vediamo è un’istantanea della nostra coscienza. Guardiamo in uno specchio interiore, riflettiamo.
(…) Il vero essere umano non pensa soltanto, ma pensa naturalmente anche sui propri pensieri.
Vedo un uccellino che si posa sul mio giardino e penso: oh, un fringuello! Il pensiero successivo viene da sé, come ne sono tanto sicuro? Come distinguo un fringuello da un codirosso? Mi rendo conto che posso sbagliarmi, che può esserci una grossa differenza tra ciò che penso e ciò che è corretto. (Paul Wouters – La bottega del filosofo)
Pensiero critico, creatività, competenze di problem solving, analisi e sintesi diventano così abilità assolutamente importanti per lo sviluppo di un modo di pensare potente ed efficace.
Howard Gardner psicologo (noto in tutto il mondo per i suoi studi sull’intelligenza) parla di cinque tipi di intelligenza come chiavi per il futuro in un mondo in costante e rapido cambiamento:
Intelligenza disciplinare: impiega le forme associate alle principali discipline di studio e alle principali professioni; è capace di applicazione diligente e di costante miglioramento; necessita di continuo arricchimento al di là dell’istruzione formale.
Intelligenza sintetica: isola i dati essenziali dalla massa di informazioni disponibili; organizza i dati in modo che siano comprensibili a sé e agli altri.
Intelligenza creativa: travalica le conoscenza e le sintesi esistenti per porre nuove domande, offrire nuove soluzioni, foggiare opere che forzino i confini dei generi o ne configurino di nuovi.
Intelligenza rispettosa: reagisce alle diversità tra individui e tra gruppi in modo simpatetico e costruttivo; si sforza di capire coloro che sono diversi e di lavorare armoniosamente con loro.
Intelligenza etica: riflette concettualmente sulle caratteristiche essenziali del ruolo che un individuo ricopre nell’ambito del lavoro e nell’ambito della comunità e agisce coerentemente con l’idea che se n’è formata; si sforza di diventare un buon lavoratore e un buon cittadino.
(H.Gardner – Cinque chiavi per il futuro)
Alle cinque di Gardner ne aggiungo una sesta: l’intelligenza emotiva, cioè la capacità di riconoscere, utilizzare, comprendere e gestire in modo consapevole le proprie e altrui emozioni (Wikipedia), competenze fondamentali per chiunque abbia la responsabilità di altre persone o debba lavorare in team.
Inoltre, se mai un clichè degli ultimi tempi è sembrato appropriato, si tratta del riconoscimento che l’educazione deve essere permanente. Nei luoghi di lavoro vi sono persone incaricate di scegliere i candidati in possesso degli appropriati requisiti in fatto di preparazione, di abilità e di intelligenze: per usare la mia terminologia, che siano in possesso delle intelligenze disciplinare, sintetica, creativa, rispettosa ed etica (e quella emotiva). Ma i manager e i capitani d’industria, i rettori, i presidi e i capi di dipartimento dovranno parimenti continuare a sviluppare queste cinque intelligenze (sei con l’intelligenza emotiva) in sé stessi e, in eguale misura, in coloro di cui essi sono responsabili.
(…)Ma dovremmo anche occuparci di coloro che sono già inseriti negli ambienti di lavoro ponendoci la domanda: che fare per mobilitare al meglio le nostre capacità – e quelle dei nostri colleghi – in modo da rimanere tutti adeguati al presente, non solo oggi ma anche domani e il giorno dopo ancora? (H.Gardner, opera citata)
La globalizzazione, con l’aumento della compressione di spazio e tempo, mercati sempre più competitivi, il sovraccarico enorme d’informazioni e dati da elaborare, decisioni da prendere, problemi da risolvere, richiede un forte investimento nello sviluppo delle intelligenze.
Ho scritto più volte sui seri pericoli derivanti dall’invecchiamento delle competenze e dall’obsolescenza programmata, non dei prodotti ma dei collaboratori, in certe organizzazioni più attente al breve termine e al solito “pugno di dollari” che a una sostenibilità e crescita di lungo periodo; rischi evitabili con una frazione dei soldi spesi in tanti investimenti costosi.
In attesa di una possibile lungimiranza ritrovata e di una leadership che provi nei fatti, finalmente, di essere illuminata e consapevole, possiamo, intanto, sviluppare e coltivare le nostre intelligenze, assumendoci la responsabilità della nostra educazione permanente, del mantenimento e dello sviluppo delle nostre competenze.
Più la nostra cassetta di attrezzi si arricchirà di utensili e strumenti, migliore sarà la nostra capacità di ragionare, di analizzare, di prendere decisioni e di poter davvero fare la differenza.
A te che hai avuto la pazienza di leggere queste riflessioni fino a qui, l’esortazione a lavorare sul “fitness” della tua mente.
A te che hai la responsabilità di guidare l’organizzazione, l’invito a pensare con lungimiranza e visione, riflettendo sul futuro e non solo ai risultati del prossimo trimestre.
Eviteremo così il rischio che l’unico chiodo di cui siamo dotati si possa piegare perché avremo tanti attrezzi a nostra disposizione, pronti all’uso.
E’ meglio avere con te i tuoi arnesi. Se no, rischi di imbatterti in qualcosa che non ti aspettavi e di scoraggiarti. (Stephen King)
La vita è un processo di conoscenza. “Vivere è imparare”.
Konrad Lorenz
Buona vita e buona settimana!
Massimo
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