Tenere a quello che si fa.Non è tanto quanto siete occupati, ma perché siete occupati.
L’ape viene elogiata.
La zanzara viene schiacciata.
(Mary Flannery O’Connor)
Ogni giorno ci confrontiamo con il lavoro, quello fatto da noi, quello dei collaboratori e quello svolto da altre persone che impatta direttamente, facilita o complica, il nostro.
Il lavoro è un risultato, ad esempio quando ci riferiamo a esso come a un’opera o a un prodotto, ma è anche un processo, inteso come un insieme di diverse attività che producono un oggetto (materiale o immateriale, idea o artefatto).
Esiste una dimensione quantitativa (quantità di lavoro svolto, numero di oggetti prodotti, ecc.) e una qualitativa del lavoro; ci concentreremo su quest’ultima.
L’opera (idea o artefatto) può essere di buona o di scarsa qualità con riferimento a certi obiettivi e/o parametri; il significato è intuitivo se pensiamo alle caratteristiche fisiche o di funzionalità di un oggetto, è più sfumato se lo riferiamo all’atto del lavoro stesso.
Un buon lavoro, il cui risultato è un’idea o un artefatto, dovrebbe essere coerente con gli obiettivi definiti (magari superarli, in questo caso meriterebbe l’appellativo di “eccellente”), rispettare i tempi concordati, esprimere intelligenza e cura del dettaglio e contenere una certa eleganza (estetica, funzionalità e semplicità, intese come raggiungimento del risultato con il minimo del necessario).
Spesso si vedono lavori che producono il risultato atteso, ma sono lavori fatti in fretta e furia e che tradiscono, nelle dimensioni sopra menzionate, il fatto che il lavoro non è stato curato a sufficienza. Cioè, sebbene il risultato sia stato raggiunto, manca una certa caratteristica qualitativa connessa al processo con cui il lavoro è stato svolto e l’intenzionalità di chi l’ha prodotto.
Se questi aspetti sono evidenti in lavori cosiddetti intellettuali (report, analisi, studi, ricerche, opere artistiche), esiste una dimensione legata al processo anche in lavori di routine.
A parità di risultato, “il cosa” (risultato), vi è anche un altro aspetto egualmente importante, “il come”, il processo mediante il quale si è ottenuto l’oggetto. Il come pertiene all’intenzionalità di chi ha compiuto il lavoro ed è insieme di vari elementi, tra cui la competenza, l’abilità, la conoscenza e anche la passione.
Mi è capitato di osservare, in una fabbrica, un operatore, su una linea automatica, che prelevava i pezzi in uscita (lavoro di routine), ma la cura e il modo con cui maneggiava e controllava i prodotti, il modo di muoversi nella sua area di lavoro, esprimevano molto bene un’attenzione che derivava direttamente dalla passione per il suo lavoro e l’importanza che, evidentemente, ad esso egli attribuiva. Caratteristiche di quella che si chiama professionalità: la professionalità sta nel sapere come farlo, quando farlo, e nel farlo(Frank Tyger). E la professionalità ti porta a fare, al meglio delle tue possibilità e capacità, anche quel lavoro che non ti piace, perché? Perché è giusto così. Perché qualunque attività contiene qualche area di spiacevolezza ed è un lavoro che comunque va svolto.
Esiste allora una dimensione qualitativa anche in lavori di routine e come ben ha detto Martin Luther King a proposito di “fare bene il lavoro”: se un uomo viene chiamato a fare lo spazzino, dovrebbe spazzare le strade come Michelangelo dipingeva, o come Beethoven componeva, o Shakespeare scriveva poesie. Dovrebbe spazzare le strade così bene che tutti gli ospiti del cielo e della terra si fermerebbero a dire che qui ha vissuto un grande spazzino che faceva bene il suo lavoro.
Un’interessante definizione trovata nel dizionario (Treccani) recita che il lavoro è l’applicazione delle facoltà fisiche e intellettuali dell’uomo rivolta direttamente e coscientemente alla produzione di un bene. Il lavoro, dunque, nell’eccezione più nobile del termine, è espressione d’intelligenza e capacità. Lo svolgimento di un lavoro, inteso come un insieme di attività, un processo, è una successione di elementi/compiti che producono poi il risultato finale. Il processo è un modo di procedere, un metodo per raggiungere un determinato obiettivo. Un metodo precisa regole e tecniche che presiedono a certi procedimenti.
Se il metodo non è corretto, se il processo è difettoso, ovviamente il risultato non può che essere di bassa qualità. Molti “lavori” (risultati, artefatti o idee) che si vedono, sono proprio così, nella loro scarsa qualità, esprimono un difetto nel processo (metodo) impiegato per produrli.
Il difetto nel metodo può derivare da una competenza insufficiente e in questo caso un addestramento ben fatto può essere la soluzione del problema; in altre situazioni, il problema non è la competenza ma una superficialità che porta a trascurare l’importanza di certi passaggi compromettendo così il risultato finale. A sua volta la superficialità può essere il risultato di disinteresse, mancanza di attenzione (non è chiaro perché si segue un certo processo o perché quel lavoro è importante e come si colloca in una dimensione più ampia), mancanza di passione (è vissuto come una cosa da fare perché necessaria, noiosa e quindi non meritevole di particolari sforzi).
In altre parole è il risultato di NON TENERE A QUELLO CHE SI FA. Vi è cioè un aspetto di motivazione, che va riscoperta e alimentata.
Rieccoci all’allenamento. Grazie ad esso e alla ripetizione continua dell’atto fisico-tecnico sia difensivo sia offensivo si impara a rispettare le regole di un particolare gioco: per esempio, nel basket si impara e ci si abitua a non camminare con la palla in mano; nel rugby a passare la palla all’indietro; nel calcio a non prenderla in mano.
A ben vedere, tutti gli sport si basano su due fondamentali comuni che ogni atleta deve possedere: controllo del corpo e controllo della mente. Qualora si richieda l’uso di un attrezzo (racchetta, palla, bastone, ecc) alle due precedenti abilità va aggiunta una terza: controllo dell’attrezzo. Un atleta è grande nella misura in cui è in grado di controllare il suo corpo, la sua mente e l’eventuale attrezzo che caratterizza lo sport praticato. Il resto è accidente. Ma solo l’allenamento gli consente di possedere queste tre abilità fondamentali.
(…) “Per essere veramente maestro nel tiro con l’arco la conoscenza tecnica non basta, La tecnica va superata, così che l’appreso diventi ‘un’arte inappresa’, che sorge dall’inconscio.” Ciò è vero per qualunque sport. Non basta conoscere teoricamente la tecnica per essere un grande saltatore in alto, un grande pallavolista o un grande rugbista: la tecnica deve essere posseduta. L’unico modo per possederla è l’allenamento continuo, che rende possibile quel passo in più in cui l’appreso diventa inappreso.
(…) Nessuno che abbia un minimo di consapevolezza sportiva pensa seriamente che si possa diventare un grande atleta solo con un paio di allenamenti settimanali, per di più blandi.
(…)Quante volte il centometrista prova l’uscita dai blocchi di partenza, ripensando mentalmente a ciò che farà e a ciò che ha fatto? Quante volte il canoista prova l’immersione della pagaia nell’acqua per trovare il giusto angolo di entrata? Quante volte il giocatore di basket prova il terzo tempo? Centinaia, migliaia, milioni. Alienazione? No; piena consapevolezza che la totale padronanza del gesto tecnico e fisico, anche se si realizza attraverso la ripetizione senza fine, è il necessario tirocinio affinché l’appreso diventi inappreso, per essere un atleta degno di questo nome.
Durante la competizione, non hai il tempo – non devi averlo – di pensare alla tecnica del gesto atletico.(Le regole e il sudore – Giovanni Boniolo)
L’allenamento implica disciplina che richiama la motivazione nel voler fare un lavoro ben fatto, la decisione di seguire un metodo, la persistenza di rimanere sul processo anche a fronte delle inevitabili difficoltà e la comprensione e accettazione che il successo (un lavoro ben fatto) richiede fatica e impegno.
Quando certi lavori richiedono sforzi particolari d’ingegno e di abilità tecnica diventano ARTE e molte professioni richiedono sia tecnica che arte. E per diventare esperti richiedono anche tanto allenamento. Impegno e fatica. Non credete a chi promette risultati miracolosi senza sforzo e in poco tempo. Mente sapendo di mentire!
Gli uomini da esperimento sono come le formiche, possono solo raccogliere e usare; coloro che ragionano somigliano ai ragni, che producono ragnatele con la loro stessa sostanza. Ma l’ape prende la strada intermedia, essa raccoglie il suo materiale dai fiori del giardino e dei campi, ma lo trasforma e lo digerisce per mezzo di una capacità tutta sua. (Sir Francis Bacon)
La Qualità del lavoro è in quella “capacità tutta sua” che fa la differenza e distingue le api dalle formiche e dai ragni, come ben diceva Bacon. Quella capacità, nostra, che ci mettiamo perché teniamo a quello che facciamo, perché è il nostro lavoro, perché siamo noi!
E l’unico modo per fare un ottimo lavoro è amare quello che fate. Se non avete ancora trovato ciò che fa per voi, continuate a cercare. (Steve Jobs)
La differenza è tutta qui: amare quello che facciamo, “tenerci” e portarlo al termine al meglio delle nostre possibilità.
Buona settimana
Massimo