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Il leader “griffato”. The Reality Gap 2.

By 4 Giugno 2017 Marzo 29th, 2018 2 Comments

Il leader “griffato”. The Reality Gap 2.41528736_lE’ quasi divertente identificare i tanti blah-blahismi che ci circondano e osservare la facilità con cui sono “condivisi” o meritevoli di “like”.
Il “quasi” identifica un vago senso di irrequietezza (se non di fastidio) nel riscontrare la differenza tra la teoria e la pratica, tra quello che si dice o si scrive e quello che succede.
Quel “quasi” è una reazione alla consapevolezza di un gap tra realtà e fantasia e l’ho chiamato Reality Gap.

Definizione di Reality Gap: differenza (gap) tra quello che i “bla-bla” raccontano (e così i vari esperti, tuttologi, consulenti, e compagnia bella) e quello che succede realmente, nella vita di tutti i giorni.
Il rapporto tra i “bla-bla” e la realtà, secondo alcune dimensioni qualitative quali il successo, la motivazione, la felicità, l’autorealizzazione, ecc., è inversamente proporzionale.
Più i bla-bla aumentano, più gli aspetti qualitativi e sostanziali (quelli definiti più sopra), diminuiscono.
(The reality Gap – post del 21 maggio 2017).

Una curiosa espressione del Reality Gap è il “leader griffato”: il leader che avendo i contatti giusti, le giuste relazioni, partecipa ai convegni giusti, legge i libri giusti, conosce tutti gli ultimi trend alla moda in tema di leadership, performance, autosviluppo, gestione dei collaboratori, time management, “cambiamento delle convinzioni”, ecc., ecc. (bla-bla-bla!). Egli, forte del potere della griffe, dispensa consigli, cita frasi ad effetto, produce slogan memorabili e ama apparire (ovunque possibilmente!).
Insomma un leader di “livello”, griffato appunto.

Come sostengono gli autori Mats Alvesson e Andrè Spicer nel loro bel libro Il paradosso della stupidità, questi leader griffati sono il felice prodotto dell’industria della leadership.

L’illusione della leadership
Gran parte di quello che viene detto sulla leadership diffonde le idee fuorvianti che hanno dato avvio alla gigantesca industria della leadership.
In questo settore da miliardi di dollari, i livelli di ingresso sono bassi e le opportunità di guadagno alte. Uomini d’affari, accademici, consulenti, alpinisti, star dello sport, addestratori di cavalli, sessuologi, guide spirituali e individui di ogni provenienza sono pronti a offrire i propri consigli sulla leadership. Questa banda di esperti autoproclamati, vittima volontaria dell’industria della leadership, specializzata nella vendita di immagini seducenti a manager confusi, disperati e annoiati, nonché ad aspiranti leader, produce un bombardamento di messaggi e ricette per aumentare la sicurezza in se stessi e raggiungere il successo.
La maggioranza delle idee prodotte dall’industria della leadership fa riferimento a ragionamenti fallaci e pseudo-scienza.
 
(…) Talvolta, le idee sulla leadership sono forme innocue di escapismo aziendale. Essi permettono a manager stressati di sentirsi dei visionari in grado di cambiare il mondo o dei grandi pensatori per qualche ora.
(…) Capita che i leader siano saggi ed esercitino un’influenza preziosa; tuttavia, quando cominciano a credere in idee fatte circolare dall’industria della leadership, spesso smettono di farsi domande più generali, di riflettere seriamente e di considerare le conseguenze delle proprie azioni.
(M.Alvesson, A. Spicer – Il paradosso della stupidità)

L’illusione della leadership ha molteplici aspetti.
Definiamo il termine “illusione” con l’aiuto della Treccani:
Illusione: In genere, ogni errore dei sensi o della mente che falsi la realtà.
Inganno della mente che consiste nell’attesa di un atto o di un fatto destinato a rimanere irrealizzato, nel concepire speranze vane, nel formarsi un’opinione inesatta (in genere troppo ottimistica o favorevole) su persone o cose, nel dar corpo a ciò che non ha consistenza reale.

Dar corpo a ciò che non ha consistenza reale
L’illusione della leadership si focalizza sugli eroi, figure mitologiche di leader che sono studiati e copiati, a volte traducendo in elenchi puntati le caratteristiche e le strategie che li hanno contraddistinti:
(…) Saggezza, intelligenza emotiva, empatia e riflessività sono certamente qualità auspicabili, ma non sono così comuni nel mondo reale.
(…) Grandi leader del calibro di Churchill o Jobs potrebbero fornire diversi esempi di come non fare leadership. Per ogni CEO che ha risollevato un’azienda in crisi, ce n’è un altro che ha fatto colare a picco un’azienda di successo. Per ogni quadro intermedio che riesce a ispirare la propria squadra, ce n’è un altro che se la inimicherà. Per ogni dirigente super brillante, ce n’è uno con un’intelligenza limitata. Tuttavia, l’attenzione si concentra quasi esclusivamente su esempi eroici.
(M.Alvesson, A. Spicer – opera citata)
Un comportamento spesso agito dal “leader griffato” è riassumibile nella frase “ascoltate (e fate) quello che dico ma non guardate a quello che faccio”:
Altro esempio di confusione e contraddizione è quello di Jen, un quadro intermedio in un’azienda manifatturiera. Jen aveva fatto diversi corsi sulla leadership e aveva letto molto sul coaching. Inutile dire che si considerava un coach. La sua visione del lavoro era “partecipazione e delega”, e aveva una scarsa opinione dei manager che pensano di sapere tutto.
Tuttavia, durante il periodo di osservazione di circa due settimane, non l’abbiamo mai vista realmente mettere in atto quello che predicava. Passava le sue giornate in riunioni dove diceva ai dipendenti cosa fare in un modo non da coach.
Entrambi questi manager, oltre a tutti gli altri che abbiamo preso in esame, predicano la leadership ma non la mettono in pratica, idee e azioni non collimano.
(…) I manager dicono di voler fornire una visione, coinvolgere i dipendenti, e tante altre belle cose. Tuttavia, è raro che passino ai fatti, mettendo in pratica le leadership. Spesso le loro giornate trascorrono in attività di ordinaria amministrazione. Sembra che il loro lavoro riguardi più riunioni ed email che non la creazione di una grande visione.
(M.Alvesson, A. Spicer – opera citata)

Saggezza: alcuni leader cercano di incoraggiare i propri seguaci a utilizzare appieno il loro potenziale cognitivo, qualche volta.
Stupidità: tuttavia non succede quasi mai così. Il più delle volte, la leadership implica produzione di stupidità funzionale.
I leader spesso incentivano chi li segue a evitare di pensare troppo. Chiedono di credere a ipotesi limitate, non fare troppe domande ed evitare di riflettere sul significato più ampio di ciò che si fa. Mettendo il guinzaglio alle capacità cognitive dei loro seguaci, i leader cercano di limitare il loro modo di pensare e di agire.(M.Alvesson, A. Spicer – opera citata)

Insomma la leadership, concetto sfuggente e difficilmente definibile si ammanta di caratteristiche quasi “religiose”:
(…) Sotto molti aspetti, la nostra fede nella leadership l’ha fatta diventare una specie di religione secolare.
(…) La religione secolare della leadership ha innumerevoli devoti. Il nostro sospetto è che l’industria della leadership abbia molti più seguaci convinti tra i manager che non tra i dipendenti. Questa comunità globale di credenti condivide la fede comune nella bontà innata della leadership. I fedeli hanno la naturale tendenza a salvaguardare un concetto idealizzato di leadership. Per fare ciò, una certa dose di stupidità non guasta, li aiuta a ignorare le contraddizioni e le ambiguità, le genericità e le idealizzazioni, la mancanza di prove e il ragionamento infondato che caratterizzano molte delle idee sulla leadership. In particolare, quelle che piacciono tanto ai manager.
(M.Alvesson, A. Spicer – opera citata)

Il leader, già la parola stessa contiene suggestioni epiche e rimanda a condottieri famosi capaci con le loro azioni coraggiose di modificare il corso della storia, diventa una figura quasi mitologica e i suoi comportamenti assumono i connotati dello straordinario:
Sembra che quando un manager fa delle cose normali sul posto di lavoro – mostrare rispetto, parlare di cose private, prendere un caffè insieme – pensi di fare leadership e che stia avvenendo qualcosa di straordinario. Tuttavia, per la maggioranza dei dipendenti prendere un caffè con il capo non ha la stessa valenza di prendere il tè con la regina d’Inghilterra.
Nonostante questi presupposti, la maggior parte dei dipendenti non cerca la leadership.
(M.Alvesson, A. Spicer – opera citata)

I collaboratori-seguaci, invece come la stragrande maggioranza delle persone, sono più interessati a fare il proprio lavoro, ad avere colleghi interessanti, a sviluppare le proprie capacità, a trovare opportunità di carriera, a ricevere lo stipendio e a salvaguardare le proprie condizioni lavorative. La maggior parte delle persone apprezza manager aperti, onesti ed efficaci. Probabilmente, queste sono le stesse caratteristiche che apprezzerebbero in una persona che incontrano per caso.
(M.Alvesson, A. Spicer – opera citata)

Scrivevo tempo fa che leader si diventa sul campo, la formazione teorica è importante, ma non può sostituirsi all’esperienza che deriva dall’esercitare un ruolo di responsabilità. Questo significa creare le condizioni affinché i potenziali leader seguano un processo di crescita e abbiano occasioni per mettersi alla prova.

Nel processo di apprendimento delle competenze di leadership e soprattutto all’inizio, è fondamentale avere modelli di riferimento ed esempi cui potersi ispirare, fino a quando il potenziale leader non acquisirà un suo modo e un suo stile, processo di strutturazione che richiede tempo ed esperienza per potersi formare e consolidare.
E’ fondamentale che il leader più esperto (mentore o coach, per usare termini di moda) fornisca continui feedback che possano essere utilizzati come elementi di correzione, di crescita e di stimolo
. (In cerca del leader. Post del 1 novembre 2015)

La griffe non può sostituire la mancanza di sostanza, di lavoro e di impegno.
Ho trovato molto interessante la definizione di stupidità funzionale proposta da Alvesson e Spicer come: mancanza di riflessività (non riflettere sulle proprie ipotesi); mancanza di giustificazione (non chiedersi perché facciamo qualcosa); deficit nel ragionamento sostanziale (non considerare le conseguenze e il significato più ampio delle azioni).
Le tre mancanze di cui sopra, identificano nel loro opposto, cosa fare per diventare un leader responsabile e assomigliano molto alle contromisure che proponevo nel primo post sul Reality Gap (The Reality Gap. 21 maggio 2017): l’arte di pensare e il pensiero critico.

Molte organizzazioni sono intrappolate nel paradosso della stupidità; assumono persone intelligenti che poi fanno cose stupide. Questo produce buoni risultati nel breve termine, ma prepara la strada al disastro nel lungo periodo. (M.Alvesson, A. Spicer – opera citata)
Trovare il modo di risolvere il paradosso diventa allora un obiettivo primario, in particolare del leader, quello vero, non quello “griffato”.

Design a better world …

Buona settimana
Massimo

 

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