INDUSTRY 5.0 e oltre…Da qualche tempo un nuovo termine è entrato nel lessico del business: “Industry 4.0” e rappresenta il nuovo mantra ripetuto in molte occasioni.
La quarta rivoluzione industriale
Oggi è in corso la quarta rivoluzione industriale: dall’inizio del 21 ̊secolo, stiamo vivendo una trasformazione digitale – cambiamenti associati con l’innovazione nel campo della tecnologia digitale in tutti gli aspetti della società e dell’economia.
In Occidente già abbiamo vissuto tre rivoluzioni industriali: energia idroelettrica con il crescente uso della forza vapore e lo sviluppo di macchine; Elettricità e produzione di massa (assemblaggio in linea); più di recente, nel ’900, l’automazione utilizzando l’elettronica e l’informatica; la quarta, digitale, che è già partita in tutto il mondo ed ora riguarda anche noi.
The new normal
Tuttavia, mentre alcune aree vedranno veloci e dirompenti modifiche, altre cambieranno lentamente e costantemente. Un altro passo “evolutivo”. In entrambi i casi, quel che è certo, è che non si torna indietro! Si va verso il cosiddetto the new normal, ovvero questo è già il nuovo mondo. I nostalgici del passato sono serviti.
In questa nuova evoluzione, gli oggetti fisici sono perfettamente integrati nella rete delle informazioni. Internet si combinerà sempre più con le macchine intelligenti, processi produttivi e processi per formare una sofisticata rete. Il mondo reale
si sta trasformando in un enorme sistema di informazioni.
Fabbrica 4.0
Il minimo comune denominatore è che Fabbrica 4.0 tende ad enfatizzare l’idea di una consistente digitalizzazione collegata con tutte le unità produttive dell’economia.
I titoli, giusto per dare un’idea di quanto sta accadendo, sono: sistemi e mercato cyber-fisico (nella produzione non basterà più solo parlare di IT, ma di sistemi complessi che interagiscono continuamente con la produzione e con il mercato grazie ad un massiccio utilizzo della rete, sempre più connessi ai sotto sistemi, con controlli in tempo reale), smart robot e nuove macchine (dal 2004 i robot nelle aziende europee sono raddoppiati. Ungheria e Cekia sono capofila. Sistemi sempre più intelligenti, interagiscono tra loro. Non solo in sostituzione dell’elemento umano, ma con nuove funzioni e opportunità), big data (raddoppiano nel Mondo anno su anno).
(…) Il cloud computing aprirà strade inaspettate per stoccaggio, lettura, condivisione dei dati. Dalla capacità di lettura rapida dei dati verrà modificata on line la produzione, efficienza energetica e decentramento (il cambio climatico e la scarsità di risorse sono megatrend con cui dovremo sempre più fare i conti), industrializzazione virtuale (ogni processo viene prima simulato e verificato in virtuale; solo quando la soluzione finale è pronta potrà partire la mappatura fisica – che significa che tutto il software, i parametri, le matrici numeriche, vengono caricate nelle macchine che controllano la produzione). Piante virtuali possono essere progettate e facilmente visualizzate in 3D, così come lavoratori e macchine interagiscono.
(Fabbrica 4.0 La rivoluzione della manifattura digitale – Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici – e.book Il Sole 24 ore)
Sistemi complessi, robot, cloud computing, big data, stampanti 3D, etc. etc.
“Non solo in sostituzioni dell’elemento umano, ma con nuove funzioni e opportunità.”
Già…
La fabbrica ideale, tutta automatizzata, intelligente, veloce, rapida e senza persone… sogno di molti manager e imprenditori, sta finalmente arrivando!
Avevo trattato il tema della Quarta Rivoluzione Industriale in un post del 3 luglio 2016 (Nessun problema può essere risolto congelandolo) e di quello che sarà l’impatto sulle competenze che sarà necessario sviluppare nelle aziende. Riprendo volentieri il tema per qualche riflessione aggiuntiva.
In un’intervista del 23 settembre 2016, apparsa sul sito automazione-plus.it, il professor Marco Taisch, docente di Operations Management al Politecnico di Milano, dice a proposito di “Industry 4.0”:
Nel mio discorso durante la presentazione del piano ho detto che questa è la ‘rivoluzione delle rivoluzioni’ una vera e propria rivoluzione culturale che è ben più difficile delle tre che l’hanno preceduta. E’ più complessa dal punto di vista tecnologico, perché sono in gioco tecnologie di diversa estrazione. E quando aumenta la complessità serve un salto culturale. Credo anche che sarà una rivoluzione molto selettiva: le aziende “pigre”, che non sono disposte ad aprirsi all’innovazione, non avranno molto futuro e pagheranno un prezzo caro in termini di competitività.
Tutti a comprar robot e sistemi intelligenti allora?
Già molte società di consulenza si stanno scatenando e un nuovo mercato si profila all’orizzonte. Come Paperon de’ Paperoni, il simbolo degli euro compare negli occhi di costruttori, consulenti ed esperti.
Ci sarà anche un piano del governo nella prossima Legge di Bilancio per supportare (leggi finanziare) la trasformazione digitale del settore manifatturiero: iper-ammortamento per gli investimenti in beni funzionali alla digitalizzazione, incentivi per la spesa in R&D, agevolazioni per le start-up e le PMI innovative (automazione-plus.it – La rivoluzione delle rivoluzioni: intervista a Marco Taisch, 23 settembre 2016)
Un commento del prof. Taisch è interessante:
Nell’Osservatorio sullo Smart Manufacturing del Politecnico di Milano abbiamo rilevato che il 38% delle aziende non sa nemmeno che cosa sia industria 4.0. Questa è una gravissima lacuna alla quale tutti noi dobbiamo porre rimedio: se le imprese non conoscono le tecnologie, non si chiedono neppure se queste tecnologie possano essergli utili.
In realtà molte imprese non conoscono neppure tante altre cose e non solo relative alle tecnologie. E il problema è che non ne sono nemmeno consapevoli!
In realtà, più che un salto culturale, è necessario un cambiamento di pensiero…
Non sono sicuro che il termine “rivoluzione” si adatti a descrivere quello che sta avvenendo, poiché molte nuove tecnologie sono nel segno della continuità rispetto all’evoluzione del settore dei computer e dei sistemi intelligenti. Quello che è certo è che la parola “rivoluzione” trasmette un senso di urgenza e di pressione a occuparsene.
E molti diventano ansiosi al pensiero di non essere aggiornati con gli ultimi gadget…
Il problema però è un altro.
Molte aziende non hanno ancora attraversato la terza rivoluzione industriale.
Lo stato di molte imprese italiane purtroppo è molto arretrato.
E c’è qualcosa di ancora più sostanziale.
Un’azienda manifatturiera è un sistema socio-tecnico:
Ai fini dello studio della sua organizzazione, l’azienda può essere considerata un sistema socio-tecnico, ossia costituito da persone (le risorse umane che costituiscono l’organismo personale dell’azienda); e tecnologie (mezzi strumentali e know how).
In funzione delle opportunità fornite dall’ambiente esterno, e tenendo conto dei vincoli dal medesimo posto, l’azienda definisce le proprie priorità e i propri obiettivi. Dall’interazione tra risorse umane e tecnologie deriva il comportamento aziendale, rivolto al raggiungimento degli obiettivi, che producono dei risultati.
Il comportamento aziendale è funzione:
delle variabili ambientali, esterne al sistema organizzativo e relative ad aspetti socio-economici, giuridici e culturali dell’ambiente in cui esso opera;
delle variabili di contesto, interne al sistema organizzativo. Queste comprendono: le variabili umane, relative alle caratteristiche delle persone che operano nel sistema organizzativo (qualificazione, atteggiamenti, motivazione); le variabili sociali, ossia l’insieme delle relazioni interpersonali che si creano all’interno del sistema organizzativo; le variabili tecniche, relative alle tecnologie impiegate; le variabili organizzative, ossia le modalità attraverso le quali si realizzano le connessioni tra gli elementi del sistema organizzativo, definendone specifici attributi (i ruoli organizzativi) indipendentemente dalle persone che li ricoprono.
Sono normalmente considerate variabili organizzative:
la struttura organizzativa;
i sistemi (o meccanismi) operativi;
lo stile di leadership e, più in generale, la cultura organizzativa.
(Wikipedia)
Le tecnologie quindi costituiscono un aspetto dell’organizzazione aziendale e forse nemmeno il più complesso. E, sfortunatamente, è quello che attrae la maggior attenzione da parte di manager e imprenditori. Forse proprio perché è il più facile da affrontare?
Del resto un “robot antropomorfo” non si nega a nessuno…
La continua focalizzazione sulla tecnologia genera così un approccio distorto che non affronta il tema della competitività dell’azienda nella sua globalità. E soprattutto trascura la variabile umana, sia a livello di persone (i dipendenti) che di management (criteri di gestione in senso ampio), non tratta dei processi e della cultura aziendale.
Se non ricordo male, già la General Motors, negli anni 80 fece un uso massivo della tecnologia, investendo fiumi di denaro nella robotizzazione, ma i risultati non furono molto eccitanti.
Ho visto altre aziende, italiane e non, ipertrofiche tecnologicamente, ma è discutibile se questo impiego di tecnologia a tutti i costi si sia poi tradotto in un vantaggio vero e soprattutto sostenibile. Proprio perché l’altro termine della definizione di sistema azienda è stato trascurato, quello delle persone (l’azienda è un sistema socio-tecnico) e dei sistemi di gestione, di strategia, di sviluppo prodotto e di ricerca vera di innovazione.
Gary Hamel, nel su libro Il futuro del management, scrive che:
L’innovazione ha molte facce: innovazione operativa, innovazione di prodotto, innovazione strategica e, naturalmente innovazione manageriale. Ogni tipologia dà il suo contributo al successo, ma se dovessimo organizzare queste forme di innovazione in una gerarchia nella quale i livelli più alti corrispondono a livelli più elevati di creazione di valore e di difendibilità competitiva, l’innovazione manageriale si posizionerebbe al vertice.
(…) Alla base della piramide c’è l’innovazione operativa. In un mondo caratterizzato dall’ipercompetizione, l’eccellenza operativa è essenziale, ma in assenza di innovazione di management come quella di Toyota o di un modello di business innovativo come quello di Ikea, l’innovazione operativa non produce quasi mai un vantaggio decisivo di lungo termine. (…) Anzitutto, la preminenza operativa dipende spesso in larga misura dalla qualità dell’infrastruttura informatica di un’azienda. Sfortunatamente, i progressi realizzati nell’hardware e nel software tendono a diffondersi rapidamente, rendendo i vantaggi basati sull’IT particolarmente difficili da difendere.
(…) Risalendo nella catena, troviamo l’innovazione di prodotto. E’ fuori di dubbio il fatto che un prodotto icona possa portare un’azienda dall’oscurità alla fama in tempi brevissimi. Tuttavia, in assenza di una tutela brevettuale azionabile, quasi tutti i prodotti vengono rapidamente emulati. Inoltre, un ritmo di progresso tecnologico in continua accelerazione consente spesso alle aziende neocostituite di superare i pionieri di ieri.
(…) Salendo ancora troviamo l’innovazione strategica: nuovi modelli di business che mettono sulla difensiva le aziende consolidate.
(…) Il fatto è che non tutti i tipi di innovazione sono uguali. Quando si concentra su grandi problemi complessi, l’innovazione manageriale possiede la particolare capacità di creare vantaggi difficilmente replicabili. Perché? Perché alcune eresie sono più eretiche di altre.
La tecnologia e Industry 4.0 con robot, sistemi intelligenti, big data e tutto il resto, è alla base della piramide e non sarà la pietra filosofale (la pietra degli alchimisti che trasforma il piombo in oro) che farà la differenza, come qualcuno vuol far credere.
Sono convinto che la vera rivoluzione avverrà con INDUSTRY 5.0 e cioè quando la parte socio di sistema socio-tecnico dispiegherà la sua forza dirompente e dimostrerà quanto invincibile sia costruire un’organizzazione dove persone, sistemi, processi, tecnologie e leadership lavorano insieme in modo nuovo e originale.
Alla presentazione del primo iMac nel 1998, Steve Jobs disse:
Sembra che si è venuto da un altro pianeta.
Un buon pianeta.
Un pianeta con i progettisti migliori.
Le aziende di domani saranno proprio come quell’iMac, sembreranno ai più, provenienti da un altro pianeta: avranno processi ben progettati, creeranno innovazione, saranno gestite in modo originale e faranno forza sul potenziale incredibile delle loro persone.
Sarà questa armonia tra elementi diversi a essere dirompente e non il robot o il tablet in fabbrica.
La tecnologia sarà al più un acceleratore e non un fattore strategico: se usata correttamente la tecnologia diventa un acceleratore dell’impulso, non lo crea. Le società GTG (Good To Great) non hanno mai iniziato la loro transizione introducendo per prime innovazioni tecnologiche, per il semplice motivo che non è possibile fare buon uso delle tecnologie finchè non si sa quale siano le pertinenti.
(…) Dal nostro studio non sono emerse prove a sostegno dell’idea che il cambiamento tecnologico giochi il ruolo principale nel declino di aziende un tempo eccellenti (o nella costante mediocrità di altre). La tecnologia è certamente importante: non si può rimanere pigramente indietro e sperare nell’eccellenza. Ma la tecnologia in sé non è mai stata una causa primaria dell’eccellenza, né del declino (Jim Collins – Good to Great).
Mi spiace, ma non ci sono strade facili per il successo. Nemmeno con Industry 4.0.
Sarà Industry 5.0 la vera rivoluzione e sarà seguita da … Industry 6.0.
Ma questa è un’altra storia.
Design a better world and…
design an innovative company.
Buona settimana
Massimo
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