IKIGAI: I diversamente motivati.
Limitato nella sua natura, infinito nei suoi desideri, l’uomo è un dio caduto che ricorda il cielo.
(Alphonse de Lamartine)
Un amico lettore mi ha chiesto di commentare il termine giapponese “ikigai” (生き甲斐).
Ikigai può essere tradotto come “ragione d’essere”, “scopo della vita”, o in modo ancora più semplice come “il motivo per cui ci alziamo la mattina”.
Un’amica giapponese mi ha detto che significa anche: “trovare il modo di essere felice”, oppure di “rendere felici altre persone”.
Tutto questo ci riporta alla ricerca di significato e alla motivazione, temi sui quali ho scritto recentemente un post: Il significato della leadership e la leadership del significato del 24 gennaio 2016.
Motivo deriva dal latino movere, cioè muovere: atto a muovere, ciò che spinge a fare. Motivazione deriva da motivo e così, il cerchio si chiude.
Cercare, o costruire, il proprio “ikigai”, significa trovare i propri motivi o la propria motivazione ad agire, cioè lo scopo della propria vita.
I due giorni più importanti della vita sono quello in cui sei nato e quello in cui capisci perché (Mark Twain).
Pietro Trabucchi, noto psicologo dello sport, ha scritto molto sulla motivazione, e soprattutto non le solite banalità. In uno dei suoi libri scrive:
(…) Il mio background sull’argomento non si basa tanto su conoscenze teoriche quanto sull’esperienza pratica: sono stato coinvolto, per una decina di anni, in spedizioni alpinistiche finalizzate alla realizzazione di record sulle montagne più importanti della terra. In questa vicenda, che annovera sia illuminanti insuccessi oltre che grandi realizzazioni, il problema centrale non era quello di “motivare” gli atleti che tentavano l’impresa, bensì di sostenere la motivazione della squadra di supporto, priva di visibilità, riconoscimento, incentivi adeguati ed esposta a rischi e disagi notevoli.
(…) L’insegnamento finale che ne ho ricavato è che la concezione corrente di motivazione umana è inadeguata. Tendiamo a pensare che la motivazione sia sempre qualcosa che viene dall’esterno: che dipende dagli incentivi, dai cosiddetti (Dio ce ne scampi) motivatori o dal fatto che siamo costretti da qualcosa o qualcuno. Specialmente all’interno di certe organizzazioni “girano” idee antiquate e inefficaci. La ricerca scientifica ha dimostrato da vari decenni che l’uso degli incentivi possiede una validità limitata: l’incentivo funziona solo a breve termine e se l’obiettivo non è troppo sfidante. Richiede dunque un continuo aumento della posta in gioco. L’uso costante della coercizione per ottenere dei comportamenti produce degli automi privi di iniziativa. Oppure favorisce la deresponsabilizzazione (l’effetto è grosso modo quello del “quando il gatto non c’è, i topi ballano”…).
L’idea del motivatore “magico” è tanto insulsa quanto di moda.
(…) L’idea che invece la motivazione possa essere indotta nel prossimo persuandendolo con quattro baggianate, in maniera istantanea e ipnotica, è falsa.
(…) E’ amaro constatare che, culturalmente, siamo poco propensi a coltivare la forma più potente di motivazione a cui abbiamo accesso: l’automotivazione o motivazione intrinseca.
(Pietro Trabucchi – Tecniche di resistenza interiore)
Da tempo, scrivo segnalando che qualcosa non funziona più in molte aziende e che molte di esse sono oramai zattere alla deriva guidate o da mercenari legati solo al dollaro, per il quale sono disposti a tutto, o da imprenditori che non riescono ad affrancarsi da metodi e mentalità superate e che continuano imperterriti a gestire l’azienda con logiche vecchie.
E’ necessario un profondo ripensamento delle pratiche e dei processi aziendali guardando oltre gli approcci ormai stanchi e le “best practice” sviluppati decenni fa e ancora oggi insegnate in molte business school e MBA.
Parlare di motivazione e parlarne sul serio è cosa impegnativa e difficile e richiede e richiederà, di ripensare completamente interi sistemi organizzativi, processi e pratiche di management.
E’ per esempio curioso come non si prendano in esame le ultime scoperte scientifiche sul funzionamento della mente o non si guardi alle migliori aziende che hanno sviluppato modi nuovi per fare le cose. Potrebbe essere un buon punto di partenza per costruire le imprese del futuro.
Si possono quindi motivare gli altri? In realtà è molto più facile demotivarli: e questa è un’abilità che tutti condividiamo senza sforzo e ad alti livelli di maestria.
(Pietro Trabucchi – op.citata)
Quanto a demotivare, alcuni imprenditori e manager, non hanno nulla da imparare (sig!).
Un buon leader dovrebbe, come prima cosa, far suo il principio che s’insegna ai medici: primun non nocere (per prima cosa, non nuocere).
Valori, “vision”, “mission” … forse le aziende potrebbero provare a sviluppare il loro ikigai, sia per i clienti, che per i dipendenti.
In una bella esemplificazione trovata in Internet, l’ikigai è rappresentato al centro di quattro cerchi: quello che si ama, quello che in cui si è bravi, quello per cui si è pagati e quello che serve al mondo. L’area creata dall’incontro dei quattro cerchi è l’ikigai.
Una buona domanda potrebbe essere: che cosa vi fa alzare tutte le mattine?
La risposta identifica il motivo (motivazione intrinseca, cioè interna) e la ragione per cui ci impegniamo e dedichiamo energia, passione e intelligenza nel cercare il modo migliore di realizzarlo e costruirlo.
E’ quello che dà significato alla nostra esistenza.
E poiché siamo tutti diversi, ognuno di noi ha il proprio ikigai.
Valori, motivi e obiettivi, confluiscono costruendo un centro dotato di significato e impulso per azioni, comportamenti e pensieri. Quel centro è ciò che ci fa essere … umani.
L’uomo è l’unico animale per il quale la sua stessa esistenza è un problema che deve risolvere (Erich Fromm).
Come uomini, ci dobbiamo interrogare sul significato, sui nostri valori, sui nostri motivi e cercare di agire al meglio delle nostre possibilità, per realizzarli.
L’opposto, assenza di ikigai, è il nulla, una vuota esistenza che si trascina, priva di scopi e significati. L’ikigai è la gioia di vivere, di avere uno scopo e di agire per realizzarlo e nel farlo provare soddisfazione.
Secondo Blaise Pascal, l’uomo è solo una canna, la più fragile della natura; ma una canna che pensa e che, aggiungo, sente. Mente e cuore si uniscono per realizzare le nostre potenzialità.
I “diversamente motivati”, hanno identificato il proprio “ikigai”; hanno chiaro in mente, quali sono gli obiettivi personali e professionali che vogliono raggiungere. Hanno consapevolezza dei propri limiti ma anche delle proprie potenzialità.
Mentre scrivo queste righe, mi vengono in mente le famose parole di Steve Jobs:
il vostro tempo è limitato, per cui non sprecatelo vivendo la vita di qualcun altro. Non fatevi intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altre persone. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui offuschi la vostra voce interiore. E, cosa più importante di tutte, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. In qualche modo loro sanno che cosa volete realmente diventare. Tutto il resto è secondario.
Ritorna forte il tema del coraggio, del cuore e dell’intuizione, che spesso non ascoltiamo pensando che il successo si raggiunga in modo facile, senza fatica e senza impegno.
Siamo continuamente preda di dogmi, le nostre orecchie sono piene del rumore delle (false) opinioni di altri e molti si trovano senza sapere cosa vogliono diventare. Hanno perso o forse non hanno mai avuto il loro ikigai …
I nostri motivi sono una sorta di bussola che traccia una direzione, che identifica un Nord verso il quale tendere. Ogni tanto è indispensabile dargli un’occhiata e verificare se siamo sul percorso giusto e nel caso correggere la rotta.
Abbiamo un grande potere: la possibilità di scegliere, di cercare un’alternativa e se non ne intravediamo nessuna, decidere di lottare.
Due caratteristiche sono fondamentali: la consapevolezza, di conoscere la situazione, gli ostacoli, i limiti, le opportunità e le potenzialità; e la responsabilità, cioè di agire assumendosi il peso delle decisioni prese e dell’impegno nel portarle avanti.
Bob Monkhouse, scrittore e attore, una volta ha detto che diventare vecchi è obbligatorio, crescere è opzionale. I “diversamente motivati” non cessano di crescere, hanno scelto di migliorare se stessi e le persone intorno a loro, consapevoli di volerci provare nonostante tutte le difficoltà.
Riflettere sulla ragione per cui ci alziamo al mattino non è facile, ma può essere illuminante.
Ikigai vuol dire anche “gioia di vivere” e forse non è un caso che sia strettamente collegata alla conoscenza dei motivi che ci spingono. Se riusciamo a essere consapevoli e responsabili stiamo realizzando le nostre potenzialità.
Il problema, infatti, sta nel fatto che noi stessi il più delle volte ignoriamo quali sono le nostre aspirazioni più profonde e verso cosa tendano le nostre naturali inclinazioni. A causa di questa insicurezza di fondo, prendiamo una strada a caso fino a quando ci accorgiamo che era quella sbagliata, allora torniamo indietro e, senza pensarci troppo, ne prendiamo un’altra che magari ci riporta al punto di partenza. Ecco, questo è il destino di coloro che vagano a caso: la fonte di tutto questo malessere nascerebbe dal fatto che “nessuno si pone il problema di che cosa volere, e, qualora se lo ponga, non persevera in esso, ma salta ad altro; e non soltanto cambia direzione, ma torna indietro e si volge nuovamente a ciò che aveva abbandonato e condannato” (Seneca, Lettere a Lucillo). Troppe volte abbiamo evitato di guardarci dentro e chiederci cosa volevamo veramente e, quando lo abbiamo fatto, spesso era troppo tardi perché “purtroppo gli uomini sanno quello che vogliono solo nel momento in cui lo vogliono: nessuno ha stabilito una volta per sempre il suo volere e il suo non-volere. Ogni giorno si cambia la propria opinione per seguire quella opposta, e i più prendono la vita come un gioco”(Seneca, Lettere a Lucillo).
(Ilaria Rodella – Più saggi con Lucio Anneo Seneca)
Consapevolezza e responsabilità:
Lo spirito è là dove la conoscenza si raccoglie; quando lo spirito è chiaro, la conoscenza è illuminata. La conoscenza sta nella sede del cuore; quando la conoscenza è obiettiva, il cuore è sereno.
La ragione per cui la gente usa l’acqua limpida come specchio – non l’acqua in movimento – è che essa è chiara e ferma. Così quando lo spirito è chiaro e l’attenzione è calma, è possibile discernere le vere condizioni delle persone.
(Lao-Tzu – La naturalezza)
Dedicato ai “crazy ones”, i “diversamente motivati”…
Buona settimana
Massimo
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