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Management e tradizione indu’.

By 22 Novembre 2015 Marzo 29th, 2018 No Comments

Management e tradizione indù.Gamechangers FR.001Nella tradizione indù, la Vacca Sacra è una figura veneranda che rappresenta la generosità della terra, l’amore materno e la sacralità della vita. Nel mondo degli affari, la Vacca Sacra è un detto, un motto o un aforisma su come si dovrebbe condurre un’azienda che viene da più parti considerato inconfutabilmente vero.

(…) Le Vacche Sacre del mondo del business, quelle frasi in cui tutti credono senza neanche la briga di analizzarle, hanno ognuna qualcosa di buono. In una certa epoca avevano un senso ed erano molto preziose. Ma anche se la loro utilità è legata al passato, oggi rimangono ostinatamente forti e immobili, mentre i mercati, le aziende, i lavoratori, la competizione e la cultura si evolvono intorno a loro. Col passare degli anni sono diventate l’unica costante immutabile del business, e rimodellano a loro immagine e somiglianza tutto ciò che le circonda. Alla fine ci ritroviamo ad adattare la nostra azienda a una particolare filosofia invece di adattare la filosofia all’azienda.
(A morte le vacche sacre. B. Fraser, D. Bernstein, B. Schwab – Ed. Ellint)

Il bel libro di Fraser, Bernstein e Schwab, illustra con una serie di esempi molto ben riusciti le Vacche Sacre del business, cioè tutta una lunga serie di regole, programmi, credenze e fantasie del passato, adorate ancora oggi nel mondo del business come sacri idoli.

Quante volte i fratelli Wright hanno fallito prima di avere successo? Non lo sappiamo, e oltretutto abbiamo il tunnel carpale, quindi non possiamo andare a controllare su internet. Ma è stato un sacco di volte, giusto? “L’uomo non può volare” era una Vacca Sacra inconfutabile. Si fondava sulla storia, sulla fisica e sul buonsenso. Se i fratelli Wright avessero lavorato per il beota che sta a capo della vostra divisione marketing, probabilmente gli avrebbero fatto gettare la spugna dopo il primo schianto.
(…) Tutto la logica, la gravità e lo stupido buonsenso di questo mondo non sono riusciti a indebolire la loro convinzione. E si sono sbarazzati una volta per tutte di quella Vacca Sacra.
(A morte le vacche sacre, opera citata)

Siamo pieni di Vacche Sacre nella cui categoria inserisco anche tutto l’armamentario che oggi va di moda, cito qualche sigla che certamente riconoscerete: Lean Manufacturing, World Class Manufacturing, Triz, Six Sigma, Business Model Canvas, ecc. ecc.
Sistemi e pratiche di business che hanno una loro validità e un loro significato, ma che in qualche misura hanno fatto il loro tempo e sono tutte Vacche Sacre.

Un’altra Vacca Sacra che gira nell’immaginario degli affari è l’innovazione, per realizzare la quale, plotoni di consulenti armati delle giuste ricette, propongono tutta una serie di modelli, sempre nella stessa logica: se ha funzionato per l’azienda X (l’azienda di successo) e tu li copi, anche la tua azienda avrà successo (sig!).

Anche noi diremo la nostra nell’evento che abbiamo organizzato per il 15 dicembre: GAMECHANGERS – Business. Innovazione. Leadership.
Come sottotitolo abbiamo inserito una frase di Gyorgyi: Le scoperte consistono nel vedere ciò che tutti hanno visto e pensare ciò che nessuno ha pensato. L’innovazione, quella vera naturalmente, sta proprio nel vedere e pensare qualcosa che è sfuggito a molti, da lì non si scappa e non ci sono modelli (Vacche Sacre) facilmente utilizzabili.

Non soffocare la tua ispirazione e la tua immaginazione, non diventare lo schiavo del tuo modello (V. Van Gogh). Molte aziende sono proprio diventare schiave del loro modello e continuano ad applicarlo e seguirlo, religiosamente, anche se non è più adeguato.

Un’altra Vacca Sacra è quella delle “scelte manageriali”… wow! A questo proposito, leggo dal sito del “Il Sole 24 ore” dell’11 novembre il titolo seguente:

 UniCredit, nel nuovo piano taglio di 18.200 addetti (6.900 in Italia). Entro il 2018 target a 5 mld di utili.

UniCredit vara il nuovo piano industriale al 2018, un piano «totalmente autofinanziato», sottolinea la banca, facendo intendere che per realizzarlo non sono previsti aumenti di capitale. Il documento strategico approvato mercoledì mattina dal cda, che aggiorna gli obiettivi al 2018, si basa su cinque pilastri: i primi due, quelli da cui ci si attende i ritorni maggiori, sono la riduzione dei costi operativi (1,6 miliardi i risparmi attesi, 18.200 gli addetti che usciranno dalla banca, di cui 6.900 in Italia) e la cessione o la ristrutturazione entro il 2016 di business poco redditizi, come il retail banking in Austria e il leasing in Italia, oltre alla controllata in Ucraina. Poi, come anticipato nei giorni scorsi da Il Sole 24 Ore, verrà «smontata» la sub-holding austriaca a cui fanno capo tutte le controllate est europee (che passeranno sotto la holding), e si accelererà sull’evoluzione digitale, con 1,2 miliardi di investimenti.

Il piano punta a consolidare la banca dal punto di vista patrimoniale (12,6% di Common equity tier 1 al 2018) e della redditività: entro il 2018, infatti, il gruppo intende raggiungere i 5,3 miliardi di utile netto, con un Roe pari al 11%. Nei prossimi tre anni, la distribuzione dei dividendi sarà pari al 40% degli utili.

La notizia è passata velocemente sui TG, anche perché, gli eventi francesi hanno, giustamente, catturato l’attenzione del pubblico.

Singolare è la dichiarazione, riportata sempre nello stesso articolo, del CEO Federico Ghizzoni:
Vogliamo raggiungere questi obiettivi in un contesto macroeconomico che rimane non facile, con tassi di interesse ai minimi storici e un rallentamento della crescita economica internazionale, un Piano rigoroso e serio e al tempo stesso ambizioso. Ma è soprattutto realistico, perché si basa su azioni che dipendono dalle nostre scelte manageriali, ed è un Piano totalmente autofinanziato. Siamo quindi pienamente fiduciosi circa la sua realizzazione.

In sostanza taglio dei costi operativi, 1,6 miliardi di Euro di risparmi, forse sfuggiti al controllo? Una moltitudine di tagli per il personale che evidentemente non serve, 18.200 persone, una strategia di penetrazione estera evidentemente fallimentare e investimenti nel digitale, forse perché stanno ancora impiegando le tavolette di cera. La cosa singolare è che si parla di “scelte manageriali”… Non andavano forse fatte prima?
Sarebbe auspicabile, visto il disastro, che tutti i manager una volta completata l’operazione, si dimettessero per la vergogna e senza buonuscita.

Non conosco in modo dettagliato la situazione di Unicredit (ma del resto chi sa con certezza cosa avviene nel mondo bancario e della finanza?), tuttavia, bisognerebbe, riflettere su come sia stato possibile lasciar deteriorare la situazione fino a quel punto. In molti di questi casi i segnali che qualcosa stava succedendo e bisognava intervenire c’erano, ma non sono stati letti o capiti. In altri si è percepito che la situazione si stava aggravando ma non sono state trovate soluzioni alternative. In altre purtroppo ci si è adagiati sulla comodità dello status quo ignorando quello che avveniva nel mercato. Qui la responsabilità ricade su chi ha il compito di guidare l’organizzazione, lo pagano (bene) proprio per questo. Saper vedere, osservare e cogliere questi “segnali deboli” è certamente uno dei compiti più importanti di una leadership lungimirante e attenta.
Diverse organizzazioni hanno utilizzato il solito armamentario, tagli di personale, tagli dei budget, tagli della formazione, ecc., in realtà finalizzato solo ad aumentare in modo spietato il valore delle azioni o i profitti dell’azienda (altre Vacche Sacre). La crisi finanziaria del 2008, così devastante, ha avuto origine proprio dall’avidità personale e collettiva di manager e organizzazioni che hanno perso il senso della misura.
Organizzazioni e aziende che non riescono a evolvere, prigioniere dei loro modelli e delle loro Vacche Sacre.

Recentemente ho visto un intervento di un’autrice americana che sosteneva come le scuole di business in realtà insegnano le cose sbagliate e argomentava la sua tesi sostenendo come il numero di startup negli Stati Uniti sia in diminuzione a dimostrazione di come oramai certi paradigmi di business siano obsoleti. Non ho potuto non pensare al destino, tragico, di molte aziende guidate da super manager titolati con MBA e i disastri che hanno combinato.

E’ il momento, come ripeto oramai da qualche tempo, di ripensare al modo con cui facciamo business, alle logiche e alle assunzioni sottostanti e riscoprire, aldilà della finanza e di maneggi contabili, di acronimi altisonanti, di ricette copia e incolla, che il profitto è il premio per un lavoro ben fatto, per prodotti che funzionano, veramente innovativi e per un servizio di eccellenza. Per realizzare questi importanti traguardi bisogna riprogettare organizzazioni che sono oramai datate, sviluppare nuovi criteri e nuovi modelli gestionali e abbandonare alcuni presupposti, neppure tanto scientifici, circa il funzionamento di organizzazioni e persone.

Le Risorse Umane, prime fra tutti, devono abbandonare le loro Vacche Sacre (a cominciare dal nome che ricorda l’economia classica con la parola “risorsa”) e ripensarsi.
Imprenditori e manager devono aggiornarsi e abbandonare pratiche e modelli da prima rivoluzione industriale e capire che siamo nell’era di Internet, dei droni, delle nanotecnologie e non in una vecchia manifattura dell’entroterra inglese a fine ‘800.

Abbiamo bisogno di cose nuove, di un nuovo modo di pensare e di agire, di far crescere e sviluppare le nostre persone, di fare innovazione e non solo di parlarne in qualche meeting o in qualche convegno. Dobbiamo realizzare, finalmente, che la via dell’innovazione è fatta di ricerca, di sperimentazione, di tolleranza dell’errore e di tante idee, immaginazione e fantasia. Abbiamo bisogno di leader “visionari” che sappiamo interpretare i tempi e che impieghino strumenti, loro per primi, innovativi e moderni. Buttiamo le “scelte manageriali” nel cassone dell’immondizia e cerchiamo, per carità, qualcosa di più nuovo e attuale.

Semplicemente non è vero che noi veniamo “plasmati” dall’ambiente. Siamo noi che cerchiamo l’ambiente, e siamo noi che lo plasmiamo, attivamente.
(…) Noi, senza sosta, cerchiamo di cambiare e modificare il nostro ambiente immediato, poi quello più lontano e infine, l’intero mondo. La nostra volontà gioca, dunque, un ruolo essenziale in tutta la storia. Questa è forse la risposta che io posso dare alla questione della creatività.

(K.Popper/K.Lorenz – Il futuro è aperto)

Se vogliamo affrontare il tema dell’innovazione dobbiamo abbandonare le Vacche Sacre, da qualunque parte vengono e cercare nuove strade.
Innovare vuol dire “alterare le cose stabilite e fare cose nuove“. E’ singolare parlare d’innovazione ripetendo cose già viste.
Il nuovo è lì, bisogna voler guardare, vedere, immaginare, provare e … rischiare.

Buona settimana
Massimo

 

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