Fireside chats (chiacchierate attorno al caminetto).Government includes the art of formulating and using the political technique to attain so much of them as will receive general support; persuading, leading, sacrificing, teaching always, because perhaps the greatest duty of statesmanship is to educate.
(Looking Forward, Franklin D. Roosevelt)
Negli anni tra il 1933 e il 1944, il presidente degli Stati Uniti, Franklin Delano Roosevelt, tenne trenta discorsi alla radio che un giornalista dell’epoca definì “fireside chats”, cioè “chiacchierate attorno al caminetto”.
Era, quello, un periodo molto difficile, nel pieno della crisi seguita al crollo del 1929, La Grande Depressione e con il mondo in guerra.
A leggerli oggi questi discorsi radiofonici degli Anni Trenta, indirizzati ai cittadini di una nazione messa in ginocchio dalla grande crisi successiva al crollo di Wall Street – e che Roosevelt chiama «amici miei» – appaiono in tutta la loro forza di «archetipi» (o idealtipi) della comunicazione politica. Dentro c’è tutto, all’insegna di una formula che mescola sapientemente semplicità delle parole (e cura attentissima nella loro scelta, altro che la sciatteria linguistica di certa triste politica dei giorni nostri…), tensione morale, responsabilità individuale e appello alla missione collettiva, e richiamo alla tradizione americana (indispensabile anche per rintuzzare i durissimi attacchi della destra che accusava il New Deal di essere un parente stretto della pianificazione socialista e, dunque, un-American). E, soprattutto, un cocktail che riuscì a trascinare gli Stati Uniti fuori dal gorgo della recessione ed evidenzia, in maniera indiscutibile, la dimensione al tempo stesso mediatica e carismatica del rooseveltismo. (Accendi la radio che parla il presidente. – Massimiliano Panarari – lastampa.it del 27/4/2011)
Il post di oggi trae ispirazione proprio da quei “fireside chats”, per fare il punto, visto l’avvicinarsi della fine d’anno, su alcuni questioni rilevanti, cercando di creare, con voi amici/lettori, una riflessione serena, proprio come se fossimo seduti insieme davanti a un caminetto.
Non c’è naturalmente nessun tentativo di paragonarsi al presidente americano, ma piuttosto lo spunto per coglierne invece il desiderio di creare una sorta di “conversazione virtuale” con voi.
Un’occhiata ai tanti libri e blog su come scrivere post, suggerirebbe di farli brevi, magari usando elenchi di riepilogo (i famosi cinque o dieci punti…) per facilitarne la lettura.
Ho preferito non attenermi a questi saggi consigli e fare una scelta diversa, meno “commerciale” e scrivere post che possano articolare un discorso, correndo il rischio di perdere qualche lettore che non ama leggere e preferirebbe, magari, contenuti stile Facebook o simili, ritenendo che l’obiettivo di queste righe fosse di stimolare qualche riflessione.
Chiarisco così, nel caso qualche lettore si fosse mai chiesto il perché di questa insolita lunghezza, la ragione per cui i miei post sono raramente brevi.
Nell’epoca del consumo veloce, dell’interconnessione e del multitasking, mi piace pensare di ridare alla mente i suoi tempi e i suoi ritmi.
Ma ritorniamo al nostro caminetto virtuale.
Anche i nostri sono tempi travagliati, da molti punti di vista.
Diversi problemi complessi attendono risposte efficaci: dall’immigrazione, alla stagnazione economica, a un’idea di Europa oramai offuscata dai tanti burocrati di Bruxelles e in balia delle decisioni tedesche, al problema del terrorismo, all’ambiente, a una politica sempre più lontana dalla società civile, alla tassazione che in Italia ha raggiunto un livello insostenibile, a uno sfaldamento che sembra pervadere società, costumi e rapporti, solo per citarne alcuni.
Ovunque si guardi c’è qualcosa che non funziona come dovrebbe.
Che fare allora?
Potremmo, ad esempio, decidere di non fare proprio nulla, o di disperarci, o di vivere una vita “liquida”, o di farci prendere dalla depressione.
Sono soluzioni che mai proporrei.
Intanto svelo un piccolo segreto.
Mi sono trascritto sul cellulare una breve frase di fonte sconosciuta, ma che ogni tanto leggo per ritrovare energia:
il mondo cade a pezzi da sempre, quindi rilassati…
Ecco, una prima cosa da fare è quella di rilassarsi.
Non c’è in realtà nulla di nuovo sotto il sole.
Messi in prospettiva i tanti problemi di oggi non sono né più gravi né più difficili dei tanti che da sempre l’uomo ha dovuto affrontare.
Rinunciare al fare, al pensare e all’apprendere, sarebbe una resa senza condizioni e su tutti i fronti, che non prende in considerazione un fatto: la capacità che gli esseri umani hanno sempre dimostrato, di poter cambiare le cose.
Lo facciamo come specie da migliaia di anni e anche con qualche successo.
Oggi, viviamo sicuramente meglio, nonostante le tante contraddizioni, dei nostri avi, due o tre generazioni fa.
Non credete a tutto ciò che pensate!
(…) Secondo alcune stime sembra che l’adulto medio abbia all’incirca sessantamila pensieri distinti nel corso delle ventiquattr’ore. Ancora più strabiliante è il fatto che oggi pensiamo i medesimi sessantamila pensieri di ieri e che sorgeranno in noi domani. Così molti di noi vivono la loro vita giorno per giorno secondo uno schema abituale, continuando a ripetere incessantemente gli stessi pensieri.
Ora, lasciatemi gettare altra benzina sul fuoco. Gran parte delle nozioni continuamente reiterate, in particolare quelle che rientrano nella categoria delle scuse, con ogni probabilità sono false. Ne consegue, che utilizziamo la nostra mente, incredibilmente brillante, per elaborare ogni giorno, senza saperlo, dei pensieri falsi. La domanda “E’ vero?” deve quindi essere la prima sfida a questa attività ripetitiva, abituale e inconscia che produce scuse.
(Niente scuse! – Wayne W. Dyer)
Ciascuno di noi ha una propria arena (o più di una) nella quale sceglie di lottare.
La mia è quella aziendale e organizzativa.
Cerco, con l’aiuto della mia squadra, di aiutare organizzazioni, leader e persone a progettare il loro futuro. E’ il nostro modo di dare un contributo e rendere operativa la frase che chiude le mie riflessioni: design a better world.
Siamo avvezzi alle scuse, ne sentiamo tante tutti i giorni.
E chi pensa che le persone non siano creative, dovrebbe provare ad ascoltare, qualche volta con attenzione, alle ragioni, dimostrazione di un’illimitata capacità creativa, che ciascuno di noi produce, nell’inventarsi scuse per non fare, per non cambiare; dall’imprenditore, al manager, all’ultimo dei dipendenti.
Naturalmente, non posso che ritornare, infine, al campo che mi è più congeniale: quello delle aziende e del mondo del business.
E qui la capacità di inventare scuse tocca vertici sublimi, ineguagliabili.
Quanta fatica sprecata nel discutere sul perché le cose non si possono fare…
Quante scuse per non cambiare: “non abbiamo tempo”, “è difficile”, “non è in budget”, “non si può fare” e via inventando.
Se invece fossimo onesti con noi stessi, ammetteremmo che “non lo sappiamo fare”, “che non vogliamo farlo”, che “non ci interessa farlo”. Tutta un’altra storia.
Ho scritto recentemente della paralisi e dell’incapacità di cambiare che caratterizza molte organizzazioni, molte aziende italiane, che magari producono anche risultati economici interessanti, ma che hanno in se il virus delle scuse che lavora sotto e che, prima o poi, produrrà risultati devastanti.
Ora siete avvertiti e non potrete dire “non lo sapevo” (altra scusa da hit parade!).
Amico/lettore, scusa l’incursione nel mondo del business, ma non potevo lasciar scappare un’occasione ghiotta!
Quando si parla di cambiamento – anche se oramai la parola che userei è rivoluzione! – mi viene in mente la famosa canzone di Gino Paoli, Quattro Amici al Bar:
Eravamo quattro amici al bar
che volevano cambiare il mondo
destinati a qualche cosa in più
che a una donna ed un impiego in banca
si parlava con profondità di anarchia e di libertà
tra un bicchier di coca ed un caffè
tiravi fuori i tuoi perché e proponevi i tuoi farò.
Poi gli amici diventano tre e tirano fuori i “perché” e propongono i “però”.
Altro colpo e gli amici diventano due, rimangono i “perché” e propongono i “sarò”.
Infine ne rimane solo uno:
Son rimasto io da solo al bar
gli altri sono tutti quanti a casa
e quest’oggi verso le tre son venuti quattro ragazzini
son seduti lì vicino a me con davanti due coche e due caffè
li sentivo chiacchierare han deciso di cambiare
tutto questo mondo che non va.
E così il giro si ripete e niente succede.
Brillante rappresentazione musicale del potere delle scuse.
Siamo molto abili a trovare tutte le ragioni per non fare le cose.
Abbiamo una straordinaria capacità di “razionalizzare” (procedure con cui un soggetto cerca di dare una spiegazione che risulti coerente sul piano logico e accettabile sul piano morale di un sentimento, di un’azione, di una condotta, di un rituale o di un sintomo di cui non vogliamo scorgere le motivazioni profonde).
Una ragazzina ha scritto molti decenni fa:
E’ meraviglioso come nessuno di noi debba attendere neppure un secondo per iniziare a migliorare il mondo.
Quella ragazzina coraggiosa era Anna Frank.
Non dobbiamo attendere nemmeno un attimo per migliorare il mondo!
E’ il miglior antidoto che conosco per superare tutte le scuse (e le razionalizzazioni).
L’anno volge al termine e invece che compilare la solita lista dei buoni propositi che poi finisce inevitabilmente o in qualche cassetto o relegata nell’ambito del “wishful thinking”, potrebbe essere interessante guardare con occhio distaccato a tutte le scuse che abbiamo prodotto nel corso di quest’anno e decidere di cambiare qualcosa e iniziare a migliorare il mondo.
Da un chicco di riso che cade a terra nascono 24 piantine che, a loro volta diventeranno 24 spighe.
Ventiquattro spighe di riso danno all’incirca 300 chicchi. In altre parole, un chicco di riso, in autunno, si trasformerà in 7200 chicchi. E poi, quanti chicchi pensi che quei 7200 chicchi diventeranno nell’autunno dell’anno successivo?
Diventeranno 58.140.000 chicchi. Un chicco di riso, nel trascorrere di due stagioni autunnali, può trasformarsi in 58.140.000 chicchi.
Un piccolo passo dà il via a un lungo cammino.
Questa è la vita.
(L’inno buddhista alla vita – Kotaro Hisui)
Con l’augurio, dal cuore, di iniziare il primo passo… abbandonando le scuse!
A voi, alle vostre famiglie, ai vostri collaboratori, un sentito Buon Natale e Buon Anno!
Ci ritroviamo a gennaio naturalmente con tante cose nuove.
Buone feste e … Design a better world …
Massimo e il team Heiko Xplore
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