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L’eleganza del riccio.

By 18 Giugno 2017 Settembre 14th, 2018 No Comments

L’eleganza del riccio.15558495_xl

Alla ricerca dei ricci…
Perché i ricci si nascondono nei posti più impensati.
E ci riferiamo a L’eleganza del riccio, romanzo scritto da Muriel Barbery.

Trama
Renée Michel sembra essere la comunissima portinaia del numero 7 di rue Grenelle, un condominio parigino abitato da famiglie facoltose: è apparentemente sciatta, pigra, perennemente presa dalla cura del suo gatto (Lev, in onore di Tolstoj), dalla televisione e dalle sue piccole faccende private. In realtà, Reneé è una persona coltissima: si interessa di arte, di filosofia, di cinema, di musica classica e di cultura giapponese ma preferisce dissimulare la propria erudizione. È vedova, ma non affronta la sua solitudine con rancore o nostalgia, bensì esplorando ogni sfaccettatura della propria anima, ogni sfumatura dei propri sentimenti con grande distacco e grande perizia filosofica. Solo un segreto doloroso, celato sino alla fine, sfugge alle sue analisi.
 
Ad animare le pagine della vicenda è il personaggio della dodicenne Paloma Josse, figlia di un Ministro della Repubblica. Paloma, piccola e minuziosa Giudice dell’Umanità, come la definisce l’autrice, è in perenne lotta con tutta la sua famiglia: con la madre, che cerca di non esternare in tutti i modi quello che davvero è, una donna fragile e debolissima, con il padre, che fa dell’aggressività e della cruda spontaneità, soprattutto in politica, il centro della propria vita, con la sorella Colombe che studia filosofia solo a fini speculativi e non per affrontare il mondo in maniera autentica. Paloma, eccezionalmente attenta e profonda nel comprendere questo mondo, di cui crede di capire tutta la bellezza e tutta la crudeltà, non riesce a sopportare la mediocrità della gente con cui vive, per questo ha pianificato di suicidarsi prendendo dei sonniferi, il giorno del suo compleanno e al contempo di dare fuoco al suo appartamento per fare capire alla famiglia ricca e superficiale quali siano i veri problemi della vita, come trovarsi senza casa.
 
Paloma e Renée si incontrano e si riconoscono come anime simili grazie all’arrivo di un terzo personaggio: Kakuro Ozu, un signore giapponese. Questi saprà aprire il cuore della portinaia, farne uscire tutti i sentimenti e i segreti più oscuri, liberarla dal peso del suo incognito durato quindici anni e, insieme a lei, farà capire a Paloma qualcosa in più sulla vita, qualcosa che nemmeno l’intelletto della ragazza aveva saputo cogliere.
(Wikipedia)

La vita è piena di figure come la signora Michel – è apparentemente sciatta, pigra, perennemente presa dalla cura del suo gatto, dalla televisione e dalle sue piccole faccende private. Personaggi che appaiono lontani dalla frenesia e dalle preoccupazioni della vita moderna.
Figurarsi poi immaginarle in un contesto aziendale.
La signora Michel potrebbe essere un’impiegata in un ufficio, oppure un’operaia in uno stabilimento.
Figure che stanno sullo sfondo, disinteressate (apparentemente) a quello che le circonda e con cui è difficile intrattenere una conversazione.

Lui (il signor Kakuro) è andato subito al dunque dicendo: “Madame Michel, la portinaia, mi incuriosisce molto. Vorrei conoscere la tua opinione.” Un sacco di altra gente, lo so, ci avrebbe girato attorno tentando di spillarmi informazioni. Ma lui ha parlato fuori dai denti. “Io credo che lei non sia come crediamo” ha aggiunto.
E’ da un pezzo che anch’io nutro dei sospetti su di lei. Da lontano è proprio una portinaia. Da vicino … beh, da vicino … c’è qualcosa di strano.
(…) Madame Michele … Come dire? Trasuda intelligenza. Eppure si sforza, già si vede che fa di tutto per entrare nel ruolo della portinaia e sembrare stupida. Ma io l’ho osservata quando parlava con Jean Arthens, quando parla a Neptune alle spalle di Diane, quando guarda le signore del palazzo che le passano davanti senza salutare. Madame Michel ha l’eleganza del riccio: fuori è protetta da aculei, una vera e propria fortezza, ma ho il sospetto che dentro sia semplice e raffinata come i ricci, animaletti fintamente indolenti, risolutamente solitari e terribilmente eleganti.
(Muriel Barbery – L’eleganza del riccio)

Quante persone hanno l’eleganza del riccio?
Semplici ma raffinate, con un potenziale incredibile che aspetta solo l’occasione e il modo per manifestarsi.
Fortunatamente svolgo un’attività che mi porta frequentemente a interagire con persone e provo sempre una grande sorpresa nello scoprire, sotto gli aculei, un’incredibile capacità e intelligenza.

Ecco quindi il mio pensiero del giorno: per la prima volta ho incontrato qualcuno che cerca le persone e che vede oltre (riferendosi a Kakuro Ozu). Può sembrare banale, eppure credi che sia profondo. Non vediamo mai al di là delle nostre certezze e, cosa ancora più grave, abbiamo rinunciato all’incontro, non facciamo che incontrare noi stessi in questi specchi perenni senza nemmeno riconoscerci. Se ci accorgessimo, se prendessimo coscienza del fatto che nell’altro guardiamo solo noi stessi, che siamo soli nel deserto, potremmo impazzire.
(Muriel Barbery – opera citata)

Molte professioni si svolgono insieme con le persone e per le persone, siano esse interne all’organizzazione o esterne (clienti, fornitori, pazienti, passeggeri).
In particolare chi ha un ruolo di responsabilità, per svolgere bene il proprio lavoro, oltre all’aspetto hard (compiti, obiettivi, risultati, attività, ecc.), dovrebbe curare anche l’aspetto soft e cioè cercare le persone e provare a vedere oltre. Dovrebbe sforzarsi di capire il potenziale ancora inespresso, le capacità latenti, l’intelligenza e l’eleganza che a volte non hanno possibilità di esprimersi.

A volte le persone sono proprio come ricci…

Ho avuto il privilegio di incontrare persone che pur facendo lavori apparentemente umili erano forti nella loro dignità e nel loro impegno, altre che svolgono il loro lavoro con passione e costanza, ricci sotto i cui aculei nascondevano semplicità ed eleganza.
In molti casi, fortunatamente (sto sorridendo mentre lo scrivo!), anche il manager o l’imprenditore sono dei ricci. Forse preferirebbero essere paragonati a un leone o a un’aquila ma, rispetto alla dimensione dell’eleganza, penso al riccio.

Elegante: che ha insieme grazia e semplicità, rivelando cura e buon gusto senza affettazione o eccessiva ricercatezza, detto degli atti, del comportamento o della persona.

L’eleganza è una giusta proporzione, una giusta alchimia tra elementi diversi, evitando l’eccesso.
La semplicità è elegante.
L’intelligenza è elegante, così come pure la sensibilità.
Un bell’ambiente di lavoro è elegante, non solo esteriormente, ma anche nella sua industriosa operatività.
L’eleganza del manager si manifesta nello stile (modo abituale di comportarsi, di agire, di parlare; costume, consuetudine). Uno stile professionale, competente, responsabile ma attento alle persone.
L’equilibrio è elegante, perché sta nella giusta misura e nel giusto movimento.
Uno stile e un’eleganza che appaiono qualità non comuni, oggi, purtroppo.

L’eleganza del riccio e le persone, perché come diceva Abraham Maslow, ciò che un uomo può essere, egli deve essere.

Un piccolo pensiero/post dedicato a tutti voi, che sotto gli aculei, possedete l’eleganza del riccio.

Design a better world …

Buona settimana
Massimo

 

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