Se la tua azienda fosse un aereo, ci voleresti sopra?
Business Design per Pirati.
L’indifferenza verso le persone e la realtà in cui vivono è veramente l’unico peccato capitale del design. Il design orientato alla funzione (function-oriented design) è il frutto di un’intensa, completa, paziente e contemplativa riflessione sulla realtà, sulla vita, sui bisogni, i desideri e i sentimenti delle persone.
(Dieter Rams)
Il design non è solo come appare e come sembra. Il design è come funziona.
(Steve Jobs)
Dieter Rams è un noto designer che ha lavorato per Braun come responsabile del design dal 1955 al 1995, progettando tutta una serie di prodotti che sono diventanti icone del XX secolo, alcuni dei quali esposti al MUMA di New York. Lui e il suo team hanno continuato e fatto evolvere la filosofia del prodotto iniziata dal fondatore Max Braun.
Il gruppo di designer che faceva capo a Rams non era numeroso, solo 17 persone, ma lavoravano in team, in un ambiente che assomigliava a un “college workshop”.
Sebbene Rams fosse il boss, ricorda Lubs (uno dei designer), ognuno aveva una voce. Lo studio sembrava essere un po’ come un laboratorio universitario. Se a Dieter non piaceva qualcosa, diceva – ‘Va bene?’ – o – ‘Pensi sia finito?’, ricorda. Dopo il lavoro, il team socializzava, portando con sé le fidanzate, uscendo per un drink, per ascoltare musica jazz, per festeggiare i compleanni insieme… L’azienda aveva una gerarchia, ma era anche un ambiente aperto. C’era discussione costante, alla quale ognuno partecipava prendendo e dando, eravamo tutti impegnati sullo stesso obiettivo. (Sophie Lovell)
Un gruppo davvero molto creativo e innovativo che ha sviluppato tanti prodotti di successo: negli anni di lavoro alla Braun, il team di Dieter Rams ha sviluppato circa 1000 prodotti nuovi. Alcune caratteristiche del funzionamento di questo gruppo di designer colpiscono per la loro attualità: un metodo di lavoro condiviso; l’allineamento sui valori e sugli obiettivi; le attività extra-lavorative, che hanno sicuramente costruito e aumentato la coesione tra i membri del team, infatti una squadra non la si crea solamente durante le partite, ma soprattutto negli allenamenti e nello spogliatoio.
Un altro elemento interessante nel lavoro di Dieter Rams è la sua lunga attività come responsabile del design in Braun. L’azienda venne acquisita nel 1967 dalla Gillette, ma Rams riuscì a mantenere integra la filosofia del design che così tanto aveva caratterizzato il lavoro del suo reparto: Oltre al suo lavoro nel design, questo è il secondo più grande successo di Dieter Rams: fondare un reparto di design all’interno di un’azienda, che è riuscito per decenni nel preservare il proprio approccio individuale e facendolo progredire rigorosamente, senza realmente essere influenzato dai cambiamenti negli interessi di mercato. (Klaus Klemp).
Egli, cioè, è riuscito a convincere i manager, che ogni due anni si succedevano alla guida dell’azienda, della validità delle idee proposte e a resistere alle tentazioni di scegliere percorsi di sviluppo dei prodotti basati sul breve termine.
Insomma, una carriera di successo, in un’azienda importante e sviluppando tutta una serie di prodotti diventati famosi e tutto questo senza rinunciare ai principi base che hanno ispirato il suo lavoro e quello del suo team, come designer. Grande lezione di design, di innovazione e di capacità manageriali, da studiare con attenzione, contrapposta a molte immagini attuali, di manager e guru, esaltati come esempi, che poi di solito, si traducono in successi effimeri.
L’altra grande lezione che traspare è la capacità di creare un’organizzazione in cui un gruppo di creativi ha davvero fatto la differenza e tutto questo per un tempo lunghissimo. Il parallelo con la Apple di Steve Jobs è immediato. A volte si pensa che tali organizzazioni siano il frutto di qualche magica ricetta, invece sono il risultato di un duro, lungo e faticoso lavoro fatto sulle persone, sui metodi e sulla costruzione di una filosofia (leggi valori) che sia condivisa e “interpretata” nel quotidiano, oltre a un’attenta gestione dei rapporti interpersonali. Dieter Rams ha sempre collaborato, in modo eccellente, anche con la parte tecnica di Braun riuscendo a fare di questa continua collaborazione, la ragione del successo sul mercato dell’azienda.
Dieter Rams ha proposto Dieci Principi di Buon Design, che oltre a valere per il design di prodotti nuovi, vorrei estendere alla “progettazione” di un’organizzazione che sappia evolvere:
1. Il buon design è innovativo: la tua organizzazione ha subito dei cambiamenti negli ultimi anni, oppure è rimasta immobile e ingessata organizzando attività e persone secondo logiche oramai vecchie di anni?
2. Il buon design crea un prodotto utile: la tua organizzazione, la tua struttura, le procedure della tua azienda, dovrebbero aiutare le persone ad essere efficaci nella soluzione dei problemi, proattive nella proposta di nuove idee, propense al miglioramento continuo, attente alle esigenze sempre mutevoli dei clienti e del mercato. La tua organizzazione produce, stimola e organizza questi comportamenti utili?
3. Il buon design è sensibile al bello: l’organizzazione, l’ambiente di lavoro, dovrebbero favorire il ben-essere delle persone e lo scambio d’idee.
4. Il buon design crea un prodotto comprensibile: ovvero dovrebbe chiarire la struttura del prodotto ed essere auto-esplicativo. La tua organizzazione è comprensibile? Procedure e standard sono chiari? E’ facile capire cosa bisogna fare?
5. Il buon design è onesto: un’organizzazione dovrebbe aiutare le persone. I massimi rappresentanti dell’organizzazione, manager e imprenditori, dovrebbero aver a cuore le loro persone e i loro clienti. Non credo serva aggiungere altro…
6. Il buon design è discreto: l’organizzazione e la struttura sono strumenti per svolgere un lavoro al meglio, soddisfare i clienti, sviluppare il business e lasciare spazio alla crescita e allo sviluppo delle persone. La tua organizzazione è discreta o come, il Grande Fratello di Orwell, vuole pateticamente regolamentare tutto?
7. Il buon design è di lunga durata: una buona organizzazione dovrebbe avere la capacità di evolvere e adeguarsi al cambiare dei tempi, del mercato e del business e poter così continuare nel tempo. Non è data una volta per tutte come le Tavole della Legge.
8. Il buon design è accurato fino ai minimi dettagli: come lavorano i team nella tua azienda? Come è strutturata la comunicazione? Come si prendono le decisioni? Come si migliora continuamente? Come si esprimono le idee delle persone?
9. Il buon design è “environmentally friendly”: certamente attenzione all’ambiente, all’inquinamento, a fare prodotti e servizi sostenibili; ma anche a progettare spazi adeguati per le persone e il loro lavoro, per favorire la creatività e l’innovazione. Esiste anche un ecosistema interno.
10. Il buon design è tanto meno design quanto è possibile: LESS BUT BETTER. L’organizzazione dovrebbe concentrarsi su quello che davvero conta, aiutare lo svolgimento del lavoro, essere semplice.
L’organizzazione come il business di un’azienda, può e dovrebbe essere progettata, non seguendo rigidi schemi, ma partendo dalle caratteristiche dell’azienda, dal suo mercato, dai suoi processi, dai suoi prodotti e da una visione di quello che serve nel domani, non da scelte fatte in passato o da sistemi che guardano a ieri o, peggio ancora, al rispetto dei centri di potere. Solo così l’organizzazione pone le basi per una crescita sostenibile e duratura. E un’azienda sana, dovrebbe periodicamente farsi la domanda se la sua struttura sia adeguata o se invece vada cambiata.
Se la tua azienda fosse un areo, ci voleresti sopra? A giudicare da come certe organizzazioni conducono i loro arei e i loro voli, sarebbe meglio stare a terra, eppure … eppure è possibile renderle migliori e spiccare il volo.
Il quinto pianeta era molto strano. Vi era appena il posto per sistemare un lampione e l’uomo che l’accendeva. Il piccolo principe non riusciva a spiegarsi a che potessero servire, spersi nel cielo, su di un pianeta senza case, senza abitanti, un lampione e il lampionaio.
(…) Salendo sul pianeta salutò rispettosamente l’uomo:
“Buon giorno. Perché spegni il tuo lampione?”
“E’ la consegna”, rispose il lampionaio, “Buon giorno”.
“Che cos’è la consegna ?”
“E’ di spegnere il mio lampione. Buona sera”.
E lo riaccese:
“E adesso perché lo riaccendi?”
“E’ la consegna”.
“Non capisco”, disse il piccolo principe.
“Non c’è nulla da capire” disse l’uomo, “la consegna è la consegna. Buon giorno.” E spense il lampione. Poi si asciugò la fronte con un fazzoletto a quadri rossi:
“Faccio un mestiere terribile. Una volta era ragionevole, Accendevo al mattino e spegnevo alla sera, e avevo il resto del giorno per riposarmi e il resto della notte per dormire …”
“E dopo di allora è cambiata la consegna?”
“La consegna non è cambiata, disse il lampionaio, “è proprio questo il dramma. Il pianeta di anno in anno ha girato sempre più in fretta e la consegna non è stata cambiata!”
“Ebbene?” disse il piccolo principe.
“Ebbene, ora che fa un giro al minuto, non ho più un secondo di riposo. Accendo e spengo una volta al minuto!” (Il Piccolo Principe – Antoine de Saint-Exupery)
Trovo questo brano del Piccolo Principe molto triste, da qualcuno è citato come esempio di perseveranza, a me sembra solo una scioccante, disarmante stupidità: se la consegna non è cambiata ma il mondo si, cambiamo la consegna.
Buona settimana
Massimo
One Comment