La domanda chiave non è: “che cosa stimola la creatività” ma “perché diavolo non tutti sono creativi? Dov’è andato perduto il potenziale umano? In che modo è stato bloccato?”. Sono dunque convinto che sia bene domandarsi non perché le persone creano, ma perché non creano e non trovano modi nuovi per fare le cose.
Dobbiamo abbandonare il senso di meraviglia di fronte alla creatività, come se il fatto che qualcuno abbia creato qualcosa fosse un miracolo.
(Abraham Maslow)
Come scriveva Maslow qualche anno fa, il potenziale umano è andato perduto, è stato bloccato.
Nelle organizzazioni vi sono potenzialità dormienti ed inespresse e sembra che sia impossibile risvegliarle.
E se fosse invece un problema di metodi, processi difettosi e pregiudizi sbagliati riguardo la natura umana e servisse un nuovo modello di leadership?
Una risposta, proponendo nuovi mindset e strumenti concreti, cercheremo di darla nel corso del training, organizzato per il 4-5-6 luglio dal titolo Leading People – Competenze di Leadership per guidare, coinvolgere e motivare, tenuto dal sottoscritto insieme con Roberto Grandis, psicologo clinico, psicoterapeuta e fondatore di Empatheia.
Dopo una rapidissima evoluzione nella prima metà del xx secolo, il management moderno ha rallentato il suo sviluppo teorico e applicativo, e rispetto ai grandi cambiamenti tecnologici, sociali e geopolitici sembra essersi evoluto, in questi ultimi anni con la stessa velocità di una vecchia tartaruga.
Dal 1990 non vi sono state grandi innovazioni nelle teorie di management e nelle pratiche di gestione aziendale. E rispetto a una crescita esponenziale nei cambiamenti della tecnologia e del business il grafico (vedi il grafico all’inizio)che rappresenta l’evoluzione nelle pratiche di management è piatto.
Di fatto stiamo gestendo le aziende nel 2014 come le gestivamo nel 1970. La differenza è davvero invisibile.
Come è possibile pensare di continuare a fornire a problemi nuovi risposte vecchie, obsolete, appartenenti a un secolo fa?
(Re-Think. Scoprire il bosone di Higgs per trasformare l’azienda. M.Torinesi – F.Grandis)
Così scrivevamo nel nostro libro del 2014, quattro anni dopo non è cambiato nulla…
Una sera di qualche anno fa, tornando in macchina verso casa, dopo una lunga e difficile giornata in un’azienda con un gruppo di manager dalla “mentalità antica” (per essere gentili) fui colpito da un’illuminazione: il problema del management è … il management, cioè loro stessi: i loro schemi mentali, le loro assunzioni circa le persone, la ricerca del risultato del breve termine, lo scegliere il “politicamente corretto” al “fare la cosa giusta”, la mancanza di strumenti e di modi diversi di fare le cose, la mancanza di prospettiva e il non sapere alcune nozioni basilari sulla natura umana.
Tutto questo in ambienti dove le risorse umane sono rimaste ancorate alla ricerca dei talenti, alle valutazioni annuali delle performance e via dicendo, cioè a vecchi strumenti riproposti con una patina di novità.
E, come ho scritto più volte, poiché il linguaggio non rispecchia la realtà, ma piuttosto crea una realtà, proprio il termine “risorse umane” riporta alla triplice divisione tra lavoro, terra e capitale considerate risorse dall’economia classica. Concetto un po’ antiquato, no?
Ecco allora le persone considerate come mezzi alla pari di una macchina, di una fotocopiatrice, risorse che possono essere ‘riparate’, ‘sostituite’, ecc. ecc.
Se tutte queste fantasiose tecniche di ricerca e selezione di talenti, di coaching, di leadership, ecc., di formazione in pillole, di eventi formativi da 30 minuti, funzionassero davvero non avremmo lo stato davvero triste di molte organizzazioni, dove a imperare non è l’eccellenza ma la demotivazione e invece della professionalità e della competenza regna l’arte della sopravvivenza e dell’arrangiarsi.
Ogni grande azienda sulla faccia del pianeta ha un programma di sviluppo della leadership, ma io vi sfido a trovare una definizione di leadership in qualsiasi parte del curriculum. Trovo stupefacente che miliardi di dollari vengano spesi ogni anno per la formazione alla leadership, lo sviluppo della leadership, il coaching sulla leadership, la gestione di programmi ad alto potenziale, e così via quando le aziende e gli individui che implementano queste iniziative non possono nemmeno dirvi cosa stanno cercando di ottenere. Ecco la cosa: come si assume, si forma e si sviluppa in uno standard che non esiste?
(Mike Myatt)
Già, come ci si può basare su uno standard o una definizione che non esiste?
Ovviamente noi abbiamo una nostra idea e per conoscerla è facile: partecipate al training di luglio.
Battute a parte, è necessario ripensare parecchie cose e tra queste anche ai modi di organizzare, coinvolgere e guidare le persone, che, non dimentichiamolo, sono il vero asset strategico delle aziende.
Abbiamo e avremo bisogno di leader che sappiano traghettare le aziende verso nuovi futuri, che sappiamo infondere visione e passione, che riconnettano le esigenze del business, i valori dell’organizzazione e il valore delle persone, che sappiano riporre la giusta attenzione non solo a quello che è legalmente possibile, ma anche moralmente corretto, che rivalutino il lavoro e l’etica del lavoro ad essa associato.
La leadership e il leader hanno e avranno ancora per molto tempo un ruolo e una posizione centrale nello sviluppo di un’organizzazione, solo che saranno funzioni espletate in modo profondamente diverso da come sono praticate oggi in molte aziende.
La difficoltà che molti imprenditori e molti manager devono affrontare e superare consiste nel lasciarsi alle spalle proprio quei metodi e quelle modalità di pensiero (mindset) che sono stati la ragione del loro successo. Il futuro non sarà un’estensione del passato con qualche piccola aggiunta, ma oggi più che mai, sarà qualcosa di completamente diverso.
Sempre più i responsabili delle organizzazioni dovranno affrontare un mondo dove complessità, incertezza, instabilità e conflitti di valore saranno la norma.
I manager non si trovano ad affrontare problemi che sono indipendenti gli uni dagli altri, ma situazioni dinamiche che consistono in sistemi complessi di problemi mutevoli fra loro interagenti. Definisco grovigli di problemi siffatte situazioni. I problemi sono astrazioni estratte da grovigli mediante l’analisi; essi stanno ai grovigli come gli atomi stanno ai tavoli e alle carte … I manager non risolvono problemi: essi gestiscono grovigli.
(R.Ackoff)
E gestire ‘grovigli’ richiede nuove competenze e nuovi mindset e non la recitazione dell’ultimo schemino o dell’ultima tecnica di moda proposti da qualche pseudo-esperto.
Insomma, nuovi pericoli, nuove sfide, ma anche un universo di nuove possibilità e opportunità.
La leadership e le competenze di leadership, contano e continueranno a contare ancora per un bel po’ di anni e dovrebbe essere primo interesse del leader continuare ad affinarle e migliorarle.
Quando iniziamo a chiederci perché certe situazioni nel mondo che ci circonda siano insoddisfacenti, iniziamo a riconoscere che quasi sempre il fenomeno ha un’origine sociale: regole e sistemi sono creati dagli esseri umani. Questa consapevolezza ci dà il coraggio di pensare che possiamo cambiare le cose.
(Adam Grant)
Nel nostro spazio, piccolo o grande che sia, siamo tutti leader, se vogliamo e ci interessa esserlo, e quindi… possiamo cambiare le cose.
Ritroviamo il lato umano dell’impresa a cominciare proprio da imprenditori e manager, per costruire un nuovo modello di leadership con un volto, appunto, umano.
Design a better world!
Buona settimana
Massimo