“Dicono che il genio consiste in un’illimitata capacità di curare i particolari” osservò sorridendo. “E’ una pessima definizione, ma si applica al lavoro dell’investigatore.”
(Sherlock Holmes – Uno studio in rosso di Arthur Conan Doyle)
In tutta la sala c’era un uomo solo, curvo su una tavola all’altro capo, assorto nel suo lavoro. Al rumore dei nostri passi si volse, poi balzò in piedi con un’esclamazione di gioia.
“Ho trovato! Ho trovato!” gridò apostrofando il mio compagno e correndogli incontro, con una provetta in mano. “Ho trovato un reagente che precipita con l’emoglobina e con nient’altro.”
Se avesse scoperto l’oro, il suo viso non avrebbe certamente espresso una gioia maggiore.
“Il dottor Watson, il signor Sherlock Holmes” fece Stamford.
“Tanto piacere” disse Holmes in tono cordiale, stringendomi la mano con una forza di cui non l’avrei creduto capace. “A quanto vedo, lei è stato nell’Afghanistan.”
“Come fa a saperlo?” domandai sbalordito?
(Uno studio in rosso – Arthur Conan Doyle)
“Come fa a saperlo?” in quella domanda lo stupore del dottor Watson per le capacità di analisi quasi magiche esibite dal famoso investigatore Sherlock Holmes.
Nelle prime pagine del primo romanzo di Sir Conan Doyle, due tra i più famosi e longevi personaggi mai immaginati da uno scrittore, il dottor Watson e Sherlock Holmes si incontrano e iniziano un lungo sodalizio costellato da tanti casi di successo.
E “come fare a saperlo” è la domanda alla quale, i nostri partecipanti/amici, hanno cercato di dare una risposta per tre giorni in un training speciale ospitato da Freudenberg Sealing Technologies nello stabilimento di Pinerolo.
I partecipanti, divisi in team, hanno lavorato all’interno del sito produttivo, in quattro aree, per trovare le cause e, quindi, le soluzioni ad alcuni problemi a loro sottoposti.
E’ il ‘format’ unico dei nostri Boot Camp, che qualcuno ha cercato di copiare, dove alla teoria si affianca un’esperienza pratica per applicare e ‘sperimentare’ quanto appreso, ottenendo così una profondità di comprensione e di competenze pratiche, difficilmente ottenibili con altre formule.
Il nostro Boot Camp, A Beautiful Mind-La mente dell’investigatore: risolvere i problemi in modo efficace, ha l’obiettivo di trasmettere un metodo, strutturato ed efficace, per affrontare i problemi operativi e di processo.
Molto spesso, quando si affronta un problema si pensa subito alla soluzione anche se non è chiaro di quale problema ci si stia occupando, così la soluzione temporanea non risolve il problema, anzi spesso lo aggrava.
Problemi non risolti e cattive ‘soluzioni’ assorbono energie e tempo all’interno delle organizzazioni, drenando risorse e contribuendo a creare la mentalità del “pompiere”, ossia lo spegnimento di incendi (tentativi di risoluzione dei problemi).
L’approccio errato all’analisi dei problemi è parte di un tema più generale relativo alla carenza di competenze dei responsabili ai quali, spesso, non viene insegnato un metodo strutturato per affrontarli.
Lungi dall’essere un problema di persone, queste carenzesono un difetto di sistema e di processi, causati dall’idea, ancora radicata in molte organizzazioni, che la formazione sia un costo e che gli investimenti vanno dirottati sulle tecnologie e non sulla creazione di nuove competenze.
Il risultato è il ‘pompiere’ che tenta di arginare i problemi che la quotidianità e processi difettosi creano di continuo.
“E’ un gravissimo errore formulare delle ipotesi senza avere tutti gli indizi in mano. Ci si formano dei proconcetti.”
(Uno studio in rosso – Arthur Conan Doyle)
I partecipanti, con un approccio da detective, strutturato, hanno cercato gli indizi per definire il problema e cercarne le cause, approccio che porta ad una corretta definizione del problema e facilita l’individuazione della soluzione.
Tutto è problem solving!
La strategia, lo sviluppo di prodotti/servizi nuovi, lo sviluppo di nuovi mercati, la gestione della complessità, sono attività di problem solving molto particolare e di alto livello.
Padroneggiare un metodo solido e strutturato per affrontare problemi e opportunità sarà una delle competenze, trascurate in molte aziende al momento, sicuramente determinanti per una crescita sostenibile.
Tre giorni intensi, impegnativi e concentrati, in un’azienda come Freudenberg, all’avanguardia nelle tecnologie in un mercato competitivo come quello dell’automotive, ma con uno sforzo attento e sistematico alle persone, alla loro crescita e al loro sviluppo.
E la disponibilità e l’apertura prima dell’azienda stessa e dei suoi manager e poi delle persone di Freudenberg, hanno certamente avuto un ruolo determinante per il successo del Boot Camp.
I partecipanti, the Beautiful Minds, hanno vissuto fino in fondo lo spirito del Boot Camp. Grazie a tutti, davvero per la bellissima esperienza.
E’ con piacere e orgoglio che, a questo punto, voglio raccontare di un progetto innovativo, il Boot Camp di cui sopra ne è una manifestazione concreta, e vorrei farlo con le parole degli ideatori del progetto stesso.
INSIEME per il PINEROLESE – Costruire il futuro che vogliamo
Co-ideatori del Progetto “Insieme per Pinerolo”, nel 2017, sono stati il Dott. Giorgio Saretto e il Sig. Carlo Gremo, che insieme al CFIQ nella persona del Sig. Monetti hanno pensato che per far ricuperare al tessuto industriale del Pinerolese lo smalto e l’eccellenza che lo caratterizzava nel recente passato occorreva dare una scossa al territorio mettendo in circolo tutte le informazioni, metodologie ed approcci acquisiti nell’esperienze all’estero.
Partecipano pertanto al Progetto Acea in generale, coprendo la parte chiamata “Il pinerolese crea valore” avendo l’obiettivo di mettere le basi per stimolare nelle aziende la voglia di approcciare i problemi in modo diverso, sia dal punto di vista organizzativo che dal punto di vista della mentalità, coinvolgendo un gruppo di laureandi (che parteciperanno all’intero percorso gratuitamente, fornendogli anche l’opportunità di accedere in modo diretto a una possibilità d’impiego) in modo che abbiano i rudimenti moderni per avvicinarsi alle aziende in modo consapevole e proattivo.
Il tutto ispirandosi e confrontandosi con le metodologie e i risultati ottenuti dalla FST (Freudenberg Sealing Technologies) con l’appoggio determinante del AD ing. Filip Krulis.
Saranno le aziende stesse, guidate da Massimo Torinesi titolare della HEIKO Xplore, a creare una reciproca presa d’atto delle cose necessarie per migliorare, cambiare mentalità, attraverso alcuni eventi preparatori seguiti da Boot Camp che analizzeranno i 3 strumenti per migliorare, precisamente l’ADDESTRARE, il MIGLIORARE e IL PROBLEM SOLVING.
Cosa ci si prefigge:
preparare le piccole-medie aziende ad affrontare con strumenti gestibili, introdurre al mondo del lavoro reale 5 laureandi, approcciando i problemi in modo diverso, sia dal punto di vista organizzativo che dal punto di vista della mentalità, applicando i progressi tecnologici-comunicativi alle aziende.
Non si vuole assolutamente insegnare cosa produrre, come produrlo in officina, bensì fare in modo che i cospicui investimenti necessari per stare al passo con l’evoluzione tecnologica siano ripagati da un’alta produttività, che non va intesa come capacità produttiva della macchina acquistata, bensì che i costi per supportare tale capacità produttiva e le perdite causate dalle inefficienze, e che queste ci siano è cosa nota a tutti voi, siano ridotte al minimo.
Le linee di montaggio devono procedere lisce e senza intoppi di nessun genere, la qualità dei particolari da montare sempre, come minimo, accettabile e avere sempre pronto per il montaggio i particolari necessari.
Lo spazio è un costo, il turn over del magazzino nel mirino di ogni bilancio industriale, l’affidabilità delle consegne indispensabile per restare in gara ed ogni macchina, attrezzatura, strumento di controllo, sistemi di programmazione e gestione della produzione, oltre essere costosi, sono complessi e con know-how molto diversi, ma devono essere chiaramente interconnessi.
Tutto questo bisogna impararlo, aggiornarsi e seguirne l’evoluzione del mercato, ma non è sufficiente, è come avere un esercito di specialisti preparatissimi fisicamente, che conoscono le loro armi, i mezzi di movimento ed hanno i rifornimenti disponibili, ma che non sono capaci ad armonizzare queste energie perché settoriali, non prendono iniziative perché hanno paura di sbagliare, la linea del comando è molto verticale e le ineluttabili variazioni sul campo, abbandono il paragone militare, quali crisi di mercato, strette monetarie, variazioni sociologiche ed altre amenità del genere possono mettere in seria difficoltà l’azienda.
(dal sito CFIQ, consorziofiq.it, il progetto)
Siamo stati ben felici di aderire come partner al progetto poiché l’approccio operativo e concreto va oltre i soliti ‘lamenti’ che non producono nulla e copre un vuoto che né la politica, né le tante organizzazioni confindustriali o di settore, autoreferenziali e che nel migliore dei casi puntano a competenze orami superate, sembrano interessati a colmare.
Auspico e spero che, oltre a copiare i format, cosa peraltro inutile e un po’ vintage, qualcuno decida invece di copiare l’iniziativa per sviluppare territori, aziende e dare opportunità concrete a tanti giovani alla ricerca di lavori seri, in aziende serie, deprecarizzando il lavoro.
Affascinante e meritevole di impegno è l’idea espressa dal significato profondo della frase ‘costruire il futuro che vogliamo’ perché, usando le parole di Buckminster Fuller: siamo chiamati a essere gli architetti del futuro, non le sue vittime!
E allora, forza!
Si può fare!
Design a better world!
Buona settimana
Massimo