La ruota del criceto. “Bè, al paese nostro” disse Alice, sempre con un po’ di fiatone “in genere si arriva in un altro posto… se si corre per tanto tempo come abbiamo fatto noi.”
“Che paese lento!” disse la Regina. “Qui, invece, vedi, devi correre più che puoi, per restare nello stesso posto. Se vuoi andare da qualche altra parte devi correre almeno il doppio.”
(Lewis Carroll – Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie)
Sempre di corsa, sempre impegnati, con Outlook che segnala minaccioso, o la suoneria dell’iPhone, dell’Apple watch (per i più evoluti) che ci segnala il prossimo meeting, il prossimo impegno …
Vite di corsa … e “se vuoi andare da qualche altra parte devi correre almeno il doppio”.
Una velocità, quella assunta dal nostro mondo, che non è la velocità con cui noi esseri umani siamo abituati a muoverci. Così viviamo vite di corsa tra un impegno e l’altro, quasi che la saturazione della nostra giornata sia un elemento importante per capire quanto contiamo, quanto siamo importanti.
Abbiamo definito tra i vari “indicatori”, la gestione “ottimale” dell’agenda come elemento di autovalutazione.
Un buon manager deve sempre avere tutto sotto controllo e soprattutto e prima di tutto il proprio tempo, così può essere efficiente. Lo senti nei discorsi di chi ti racconta di quanti impegni e a quante riunioni riesce a partecipare e nell’elogio al “multitasking”, assunto a pratica di eccellenza.
Ma … è davvero così?
Naturalmente la situazione varia in funzione della posizione aziendale.
Ai livelli più alti l’impegno è nella definizione delle strategie o di riunioni, dove si decidono cose importanti (almeno così sembrerebbe), mentre ai livelli intermedi molti responsabili sono impegnati nella pratica del “pompieraggio” spegnendo incendi su incendi, risolvendo problemi e fornendo soluzioni che, nel peggiore dei casi, producono l’aggravarsi del problema che vorrebbero risolvere e nel migliore dei casi, sono totalmente inefficaci.
L’ho chiamato “effetto formicaio impazzito”.
Immaginate quello che succede quando scoperchiate un formicaio, è il caos: le povere formiche corrono da tutte le parti in un crescendo di agitazioni e attività parossistiche, ma in realtà, non vanno da nessuna parte, sono sempre li.
Qualcuno potrebbe preferire un’altra metafora: il criceto sulla ruota.
Il simpatico roditore, come un amante del fitness sul tapis roulant, corre per ore impegnandosi al massimo, consuma energia e … non si muove.
Così alcune organizzazioni sono come formicai impazziti che producono molta agitazione e le persone come criceti costrette a correre su una ruota che deve girare sempre più velocemente, nell’illusione che a un numero maggiore di rotazioni corrispondano risultati eccezionali.
Visione un po’ folle del mito dell’efficienza tanto caro a certi manager.
Sul tempo ho scritto in un paio di altri post: Il tempo “molle” e il giusto ritmo (28 luglio 2014) e nel Il mestiere di “capo” 2: “facite ammuina” (24 aprile 2016).
Ritorno sul tema perché avverto quanto sia sentito e vissuto con emozioni contrastanti – rassegnazione, frustrazione, soddisfazione, compiacimento – da coloro i quali devono imparare a convivere con una cronica mancanza di tempo.
Per come stanno andando le cose, avremo più tempo, o meno tempo, nel prossimo futuro?
La domanda è retorica e la risposta è ovvia, il mondo continuerà ad accelerare e l’orizzonte temporale diventerà sempre più corto.
Dobbiamo allora prepararci a correre almeno il doppio?
In realtà avremo sempre lo stesso tempo.
La giornata è fatta di 24 ore e a meno di rivoluzioni in campo astronomico o di qualche politico in vena di definire per legge una durata inferiore, o di qualche consulente esperto di teoria della relatività capace di ridefinire il concetto di tempo, è plausibile pensare che anche nel futuro un giorno equivarrà sempre a 24 ore.
La questione, quindi, non è il tempo che abbiamo a disposizione ma l’uso che ne facciamo.
E come potremmo usare meglio il tempo?
Potremmo intanto ridurre al minimo i “distruttori di tempo” che portano a disperdere energie inutilmente.
Mail.
Ipotizzo che, se una persona riceve in media 40 mail al giorno (cifra molto, molto ragionevole), e dedica a ciascuna di esse tre minuti, tra lettura e risposta, o stampa – lettura – risposta, essa perde 120 minuti, ossia due ore al giorno.
Una buona azione (buona anche nel senso che farebbe davvero bene a tutti!) sarebbe quindi imparare a mandare meno mail e gestire la comunicazione in modo diverso.
Un’altra azione auspicabile sarebbe di interrompere le catene di Sant’Antonio: mail che arrivate a innumerevoli rinvii sono indistinguibili dai rotoli di papiro dell’antichità, con il risultato che nessuno ricorda nemmeno più la causa scatenante della catena.
Il detto latino verba volant scripta manent andrebbe implementato con buon senso, magari ristretto a quegli invii elettronici di documenti davvero importanti e non una sorta di firewall di protezione del tipo “ma eri anche tu in copia alla mail del…” innalzato per protezione da indebite richieste di assunzione di responsabilità.
E’ curioso che in un mondo che si muove secondo i tempi istantanei di Internet e dove la comunicazione è diventata una necessità imprescindibile per muoversi con velocità, siano ben poche le aziende che hanno un processo strutturato di condivisione delle informazioni rilevanti.
Così mail e telefonate continue diventano distrazioni che abbassano in modo rilevante l’efficienza personale, obbligando le persone a continuare a interrompere il lavoro in corso per sbirciare la mail appena arrivata, il messaggio o la telefonata.
Riunioni
Se un problema causa molte riunioni, alla lunga le riunioni diventeranno più importanti del problema. (Arthur Block)
La “riunionite cronica” minaccia molte organizzazioni, accompagnata dall’uso esteso dei “comitati”. In un’intervista, Steve Jobs, disse che in Apple non c’erano comitati, ma che l’azienda, seppur grande (l’intervista è del 2010), era organizzata come una start-up.
Distinguere tra le varie tipologie di riunioni – informative, strategiche, di risoluzione di problemi, allineamento delle priorità, gestione di una crisi, etc – diventa importante per gestirle nel modo corretto e nel tempo giusto, magari cercando anche di prepararle bene.
Il tempo speso per ogni punto dell’ordine del giorno è sempre inversamente proporzionale alla somma di denaro che il punto comporta. (Arthur Block)
Una riunione con una decina di partecipanti che discutono per ore – a volte senza produrre niente di concreto – ha un costo elevatissimo, non dovrebbe esserci un’attenzione diversa?
Micromanagement
La sfida principale per un dirigente che per natura è un uomo d’azione è scoprire il giusto equilibrio tra dirigere e fare: in caso contrario, lo spettro della microgestione può facilmente fare la sua apparizione. Questo è l’aspetto negativo dell’essere un “dirigente che si sporca le mani”. Scendere troppo in basso e sporcarsi troppo significa portare via il lavoro alle persone che lo devono fare: quelle che dirigi. Alcuni saranno felici di potersi concedere una pausa caffè mentre il capo fa il loro lavoro, ma altri si sentiranno scalzati e derubati. (John Maeda)
Prima il problema poi la soluzione
Molto tempo è dedicato al “pompieraggio”, cioè ad arginare e contenere i problemi che nascono dall’attività operativa. Una parte dei problemi che si presentano ogni giorno sono in realtà problemi noti e antichi mai risolti ma solo tamponati. L’efficacia delle azioni di risoluzione dei problemi appare molto bassa.
Non potrebbe essere, come ipotesi di lavoro, che la modalità con cui i problemi vengono trattati sia difettosa?
Lavorare per migliorare le competenze di problem solving dell’organizzazione diventa così un punto importante per prevenire e impedire il ripetersi di problemi conosciuti, liberando tempo, risorse ed energie per quei problemi che sono veramente nuovi e che le dinamiche di un’impresa devono affrontare quotidianamente, invece di lottare ogni giorno con gli stessi problemi di sempre.
E’ tipico di molti capi di stampo tradizionale fornire tutte le risposte (non è quello che del resto deve fare il capo? Dare risposte?) che hanno due caratteristiche: non funzionano (altrimenti i problemi non ci sarebbero perché sarebbero già stati intercettati e risolti) e non fanno crescere i collaboratori condannandoli a ritornare per avere pseudo-soluzioni.
Alice sospirò stanca. “Secondo me potreste impiegare meglio il vostro tempo” disse “invece di sprecarlo con indovinelli senza risposta.”
“Se tu conoscessi il Tempo come lo conosco io” disse il Cappellaio “non ne parleresti con tanta confidenza.”
“Non so che vuoi dire” disse Alice.
“Certo che non lo sai!” disse il Cappellaio, agitando sprezzante il capo. “Scommetto che non ci hai nemmeno mai parlato con il Tempo!”
“Forse no,” rispose prudente Alice “ma so che devo batterlo quando ho lezione di musica.”
“Ah! Questo spiega tutto” disse il Cappellaio.
“Non gli va di essere battuto. Se invece ti fossi mantenuta in buoni rapporti con lui, lui farebbe fare al tuo orologio tutto quello che vuoi tu.”
(Lewis Carroll – Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie)
Dovremmo cercare di mantenere buoni rapporti con il tempo perché è l’unica cosa che è veramente nostra.
In fin dei conti anche il criceto ogni tanto scende dalla ruota.
Buon Tempo e buona settimana
Design a better world …
Massimo