Nessun problema può essere risolto congelandolo.L’uomo che sta annegando non chiede quanto costa la corda.
Ursula Kroeber Le Guin
La frase che intitola il post di questa settimana è di Sir Winston Churchill.
E come lo statista inglese saggiamente ha detto, molte organizzazioni non riescono a risolvere i problemi e quindi li congelano.
Se incapaci di affrontarli, è meglio, pensano, congelarli.
O ignorarli.
Questi pensieri hanno avuto origine in una discussione a margine di un bellissimo training che abbiamo fatto recentemente. Stavamo discutendo del fatto che a queste attività dovrebbero partecipare i capi, primi fra tutti, invece che solo i loro collaboratori.
Come possono, infatti, questi “capi” guidare le loro persone se non ne hanno le competenze?
E ancora, più in generale, come aggiornano le loro competenze, i top manager, i direttori generali o gli imprenditori?
Immagini il silenzio se tutti dicessero solo quello che sanno? (Karel Capek)
Alcuni di loro probabilmente pensano di non averne bisogno perché sanno tutto o hanno visto tutto. Convinzione curiosa in un mondo che si muove alla velocità di Internet e che produce un’incredibile quantità di nuova conoscenza ogni giorno.
Altri sono convinti che le conoscenze e abilità acquisite venti o trent’anni prima in qualche università siano garanzia di essere adeguati all’oggi e al domani, con buona pace dell’apprendimento continuo.
I risultati di questi modi di pensare sono sotto gli occhi di tutti: demotivazione diffusa, disimpegno, rifiuto delle responsabilità e un calo preoccupante e inesorabile dei livelli di professionalità.
Sui social professionali sono apparsi estratti del report del World Economic Forum: The Future of Jobs. Employment, Skills and Workforce Strategy for the Fourth Industrial Revolution. January 2016.
E’ interessante notare che già nel titolo compare la frase Quarta Rivoluzione Industriale: la Prima Rivoluzione Industriale usava acqua e vapore per meccanizzare la produzione. La Seconda usava l’energia elettrica per creare la produzione di massa. La Terza usava l’elettronica e l’information technology per automatizzare la produzione. La Quarta si basa sull’evoluzione della terza, la rivoluzione digitale che è iniziata nella metà del secolo scorso, ed è caratterizzata dalla fusione di tecnologie che sfumano i contorni tra la sfera fisica, digitale e biologica.
Ci sono tre ragioni per le quali le trasformazioni di oggi non sono semplicemente un prolungamento della Terza Rivoluzione Industriale ma piuttosto l’arrivo di una Quarta e ben distinta: velocità, portata e impatto sui sistemi. La velocità delle attuali innovazioni non ha precedenti storici. Quando confrontata con le rivoluzioni industriali precedenti, la Quarta sta evolvendo a un ritmo esponenziale piuttosto che lineare. Inoltre, sta distruggendo quasi tutti i settori in ogni paese. E l’ampiezza e la profondità di questi cambiamenti annunciano la trasformazione di interi sistemi di produzione, gestione e governance.
Le possibilità di miliardi di persone connesse da dispositivi mobili, con una potenza senza precedenti di elaborazione, capacità di memoria, e l’accesso alla conoscenza, sono illimitate. E queste possibilità saranno moltiplicate dalle emergenti innovazioni tecnologiche in settori come l’intelligenza artificiale, la robotica, Internet of Things, veicoli autonomi, la stampa 3-D, nanotecnologie, biotecnologie, scienza dei materiali, stoccaggio di energia, e l’informatica quantistica. (The Fourth Industrial Revolution: what it means, how to respond)
In questo contesto, in rapido cambiamento, molte organizzazioni sono ferme alle logiche della prime tre rivoluzioni industriali.
Tu puoi conoscere il nome di un uccello in tutte le lingue del mondo, e quando avrai finito, non saprai assolutamente nulla per quanto riguarda quell’uccello… Allora guardiamo l’uccello e vediamo cosa sta facendo – questo è ciò che conta. Ho imparato molto presto la differenza tra il conoscere il nome di qualcosa e conoscere quel qualcosa. (Richard P. Feynman)
Le Human Resource sono ancorate a programmi di formazione sviluppati anni fa, e se, applicando il metodo scientifico basato sui fatti e l’osservazione, guardiamo ai risultati sul campo, cioè al modo di operare di persone e organizzazioni, dobbiamo trarne la triste conclusione che le politiche di sviluppo delle persone sono semplicemente fallimentari.
Sono vecchie e obsolete.
Non a caso nel report citato si parla di reinventare la funzione delle Human Resource (Reinventing the HR Function): Mentre i business leader iniziano a prendere in considerazione l’adattamento proattivo a un nuovo panorama dei talenti, essi hanno bisogno di gestire lo scompiglio dei talenti come una preoccupazione urgente. Essi devono capire che il talento non è più un problema a lungo termine che può essere risolto con metodi collaudati che hanno avuto successo in passato o sostituendo immediatamente lavoratori esistenti (They must understand that talent
is no longer a long-term issue that can be solved with tried and tested approaches that were successful in the past or by instantly replacing existing workers). Invece, poichè il tasso di variazione delle competenze accelera attraverso sia i vecchi ruoli che i nuovi in tutte le industrie, la costruzione e gestione dei talenti in modo proattivo e innovativo è una questione urgente (proactive and innovative skill-building and talent management is an urgent issue).
Combinate insieme, la crescita netta dei posti di lavoro e l’instabilità delle competenze pone la maggior parte delle aziende a dover fronteggiare le sfide maggiori nel reclutamento e nella mancanza di talenti, uno schema già evidente nei risultati e destinato a peggiorare nel corso dei prossimi cinque anni.
La domanda, allora, è come le imprese, il governo e gli individui reagiranno a questi sviluppi. Per evitare lo scenario peggiore – cambiamento tecnologico accompagnato da mancanza di talenti, disoccupazione di massa e crescente diseguaglianza – la riqualificazione e aggiornamento professionale dei lavoratori di oggi sarà fondamentale. (The future of Jobs – WEF)
Altro che la formazione vista come costo o perdita di tempo.
L’implicazione è una riqualificazione di tutti i livelli aziendali, secondo criteri innovativi e adeguati, dal top management all’ultimo dipendente.
Il report del Workd Economic Forum identifica dieci competenze da sviluppare entro il 2020:
- Problem Solving complesso.
- Pensiero critico: processi mentali di discernimento, analisi, e valutazione. Da Wikipedia: “il pensiero critico trae informazioni dall’osservazione, l’esperienza, il ragionamento o la comunicazione. Il pensiero critico si fonda sul tentativo di andare al di là della parzialità del singolo soggetto: i suoi valori fondamentali sono la chiarezza, l’accuratezza, la precisione e l’evidenza. (Monica D’Ascenzo – 28 Giugno 2016 – ilsole24ore – Le 10 competenze vincenti sul lavoro nel 2020)
- Creatività.
- Gestione delle persone.
- Coordinamento con Altri.
- Intelligenza emotiva.
- Capacità di giudizio e di prendere decisioni.
- Orientamento al Servizio.
- Flessibilità cognitiva: in altre parole si tratta di una delle funzioni esecutive, capacità che entrano in gioco quando si deve rispondere a situazioni non consuete. Nel dettaglio, qui, si intende la flessibilità di risposta, cioè l’abilità di attuare comportamenti diversi in base al cambiamento di regole o del tipo di compito. (Monica D’Ascenzo – post citato)
Qualche amico lettore attento e assiduo riconoscerà molti dei temi sui cui ho tentato di dare un contributo, nella convinzione che quelle dieci competenze faranno davvero la differenza e prepareranno le organizzazioni ad affrontare le sfide in questi tempi di rapido cambiamento.
Incredibilmente vi è, nonostante se ne parli da molto tempo, un rifiuto da parte di certi manager e imprenditori, nel prendere atto del ruolo fondamentale che alcune competenze hanno nell’ottenere una performance di eccellenza, che a sua volta rafforza il senso di auto-efficacia dei collaboratori come motore per una motivazione che non può più essere solo economica.
Siamo, purtroppo, ancora fermi alla teoria del bastone e della carota.
Oppure, come mi è capitato di sentire, negare l’importanza che l’intelligenza emotiva ha per formare un capo autorevole e ripiegare invece sul concetto di autorità.
Così in molte organizzazioni, anziché affrontare il problema delle competenze, si preferisce congelarlo e quando le proprie persone diventano inefficaci o inefficienti, sostituirle con il “talento” che viene da fuori e poter far ripartire la giostra fino al prossimo giro.
E’ il mito del talento che affascina molti.
Il mito del talento presume che siano le persone a rendere intelligenti le organizzazioni.
Il più delle volte è vero il contrario.
(Malcom Gladwell)
Se dovessi identificare in una parola alcuni dei comportamenti inadeguati più sopra riportati, userei MIOPIA.
- In medicina, vizio di rifrazione dell’occhio, dovuto a particolari condizioni anatomiche oculari (abnorme curvatura della cornea o del cristallino o allungamento dell’asse anteroposteriore dell’occhio), per cui i raggi luminosi provenienti da oggetti distanti vanno a fuoco su un piano anteriore alla retina, sulla quale invece si formano immagini sfocate e diffuse. 2. In senso fig., mancanza di perspicacia, cortezza di vedute, grettezza intellettuale. (Treccani)
Una visione miope non consente di vedere con chiarezza, la visione è sfuocata, imprecisa e non definita.
In sintesi è una mancanza di visione …
ll termine visione (vision) è utilizzato nella gestione strategica per indicare la proiezione di uno scenario futuro che rispecchia gli ideali, i valori e le aspirazioni di chi fissa gli obiettivi (goal-setter) e incentiva all’azione. Con il termine Vision si intende l’insieme degli obiettivi di lungo periodo che il Top Management vuole definire per la propria azienda, comprendere anche la visione generale del mercato e l’interpretazione di lungo periodo del ruolo dell’azienda nel contesto economico e sociale. (Wikipedia)
La visione viene sostituita con il “tirare a campare”…
E’ il momento di ripensare molte cose, di rivedere schemi e modelli che sono oramai superati.
Problem solving, pensiero critico, creatività, flessibilità cognitiva sono tra loro collegati, fanno parte di quella che in altri post ho chiamato mind-fitness e saranno competenze strategiche per le organizzazioni e irrinunciabili per imprenditori e top-manager.
La strategia, lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi, la creazione di nuovi modelli di business, la riprogettazione dei processi interni ed esterni, sono in realtà problem solving di alto livello e richiedono un set di nuove competenze che avranno un ruolo vitale per il successo delle organizzazioni del futuro.
Sappiamo molto bene quanto il cambiamento e l’aggiornamento delle competenze richiede coraggio e umiltà (di rimettersi in discussione e di ammettere di non sapere tutto!) e sappiamo quanto il proporre cose nuove sia complicato. Ci si succede continuamente. Abbiamo sviluppato tutta una serie di attività innovative e, spesso, ci scontriamo con la triste realtà di organizzazioni che non vogliono il nuovo ma cercano le solite cose, il tranquillo congelamento dello status quo.
In un post del luglio 2015, ben prima del report del World Economic Forum, scrivevo:
L’anno scorso abbiamo fatto un piccolo esperimento lanciando un workshop dal titolo “Skills for the future” rivolto ai responsabili delle Risorse Umane con l’obiettivo di:
– analizzare le nuove sfide che le aziende devono affrontare;
– identificare le nuove competenze per vincere le sfide;
– capire come creare ambienti di lavoro stimolanti, aperti, creativi;
– comprendere l’evoluzione del ruolo delle Risorse Umane;
– riflettere sulla leadership e le aziende innovative.
Abbiamo inviato qualche migliaio di mail ai vari responsabili delle Risorse Umane e abbiamo ricevuto solo una richiesta. Insomma, è stato un flop!
( La filosofia del catalogo – post del 19 luglio 2015)
Per essere concreti e propositivi, rilancio la sfida.
Se qualche Human Resource Manager o Talent Manager o Business Partner, fosse interessato a lavorare sul futuro e non sul passato, noi siamo disponibili, con l’obiettivo di produrre qualcosa di valore e innovativo e non già superato prima ancora di farlo nascere.
Alla fine quello che davvero determinerà la sopravvivenza e il successo di un’organizzazione sarà la sua capacità di imparare più velocemente della concorrenza.
Agli amici lettori che vogliono continuamente migliorare se stessi, imparare e aggiornare le proprie competenze e abilità anche in ambienti che lo rendono molto difficile o impossibile, un incoraggiamento a cercare la propria strada e a pensare che se la vostra organizzazione non si cura di voi, rimane sempre vostra la scelta di costruirvi un percorso personale di apprendimento, stimolo e motivazione.
A voi, in particolare, dedico questa frase di H.D.Thoreau:
Sii un Colombo verso i continenti e mondi che sono dentro di te.
Apri nuovi canali, non di commercio ma di pensiero.
Non fatevi “congelare”…
Buona settimana
Massimo
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