Questa settimana ospitiamo uno scritto di Silvia.
Reduci dal successo del doppio evento ‘Engage’, di cui recentemente ho postato il video, ci stiamo preparando per il workshop che ne è nato:
ENGAGE-Logos,Ethos,Pathos.
La potenza e il fascino della comunicazione personale d’impatto
4 e 5 aprile 2019 – con il sottoscritto e Silvia.
Buona lettura, buona riflessione e buona settimana.
Massimo
Siamo in una fase storica accelerata che non ammette però scorciatoie e occorre concentrarsi su un percorso lungo e sostenibile, tornare all’autenticità, che passa necessariamente dalle esperienze. A meno che tu non stia vendendo teoremi matematici, stai vendendo emozioni. D’altronde siamo umani, non cyborg. Almeno per ora. (Le aziende) devono sforzarsi di mettersi in ascolto, provando a capire ciò di cui la società necessita realmente. Devono proporre una storia credibile, autorevole, onesta, coerente. Una storia che non è per tutti.
(da un’intervista a Seth Godin)
Si dice che sia quasi impossibile trovare un’attrice per recitare Giulietta.
Il suo personaggio è un’adolescente eppure esprime sentimenti così assoluti che un’attrice deve avere esperienza di vita e capacità espressive tali che forse solo dopo i venticinque anni può essere in grado di recitare quella parte. Ma ormai è tardi, è troppo vecchia.
Per chi fa questo lavoro – l’attore o l’attrice – la definizione che si usa è: “in quale immaginario emotivo vai a pescare per evocare dentro di te la realtà di ciò che devi esprimere?”.
Di immaginario quindi parliamo.
Di tutto ciò che abbiamo archiviato nella nostra memoria come importante nella nostra vita e che non abbiamo buttato via negli anni. Potrebbe essere un’immagine forte, una storia vera e propria, un’emozione che è stata messa lì e che chissà perché rispunta forte e potente richiamata da chissà cosa.
Le emozioni importanti e i ricordi più radicati solitamente sono legati alla prima infanzia, certo poi altre emozioni hanno bisogno dell’età più adulta per essere comprese e quindi stampate nell’hard disk della memoria (parlo per esempio dell’Amore romantico – non dell’innamoramento, o della morte).
Ci sono un immaginario personale e un immaginario collettivo. Quest’ultimo è rappresentato da tradizioni, simboli, archetipi, miti, tutto ciò che ci ha aiutati a comprendere e a raccontare la comunità di appartenenza. E qui i Greci andavano forte.
Ma andiamo oltre.
Torniamo a bomba. Seth Godin suggerisce: bisogna capire ciò di cui la società ha bisogno veramente.
Veramente.
Veramente vuol dire per davvero.
Faccio un esempio semplice e diretto: Jobs è stato un Re in questo, nel pescare nei desideri, nei sogni.
Noi non accettiamo lo status quo. Siamo Pirati.
Chi di noi non ha mai voluto essere un pirata? Magari poi ce lo siamo dimenticati. Ma chi vuole essere messo nel gruppo di automi dello spot del 1984 in cui presentava il Macintosh? Nessuno!
Di cosa ha bisogno il mio IO di quando ero piccolo/piccola?
Di sentirsi una voce fuori dal coro!
Di essere speciale.
E se anche adesso mi racconto che va bene così, che sono cresciuto/cresciuta, che mi accontento… quell’emozione lì l’ho provata a un certo punto della mia vita! E Jobs me la vende, me la fa rivivere. Va a pescare nel mio immaginario dell’infanzia e prende una delle cose più potenti che rispecchia una delle fasi della crescita – il bisogno di cercare un’identità diversa dagli altri come individuo, anche per definire i propri confini e conoscersi – e ce la mette su un piatto d’argento.
Questo è l’esempio estremo.
Quel che voglio dire è che ha capito una delle cose di cui abbiamo bisogno. Ci dice: puoi essere ciò che hai sempre sognato. Ma non ce lo dice razionalmente. Ci porta lì emotivamente.
Godin parla della velocità e della superficialità e dice: non seguiamo quella strada perché non serve.
Bisogna fare lo sforzo di concentrarsi su un percorso lungo e sostenibile, essere autentici e passare dalle esperienze.
Insomma… fare fatica.
Aspetto interessante.
Ma noi facciamo già un bel po’ di fatica.
Vero.
Ma la facciamo nella giusta direzione? O disperdiamo pensieri, idee, parole, azioni… insomma, tempo?
Tra le perdite di tempo c’è il fatto di non ascoltare.
Quanto sto ascoltando solo il mio gomitolo di lana che si dipana nel cervello e quanto ascolto veramente ciò che ho intorno?
Per ascoltare bisogna per un momento dimenticare ciò che è nella nostra testa e ascoltare gli altri o la situazione.
Quanto riesco ad ascoltare senza pensare? Quanto me lo concedo?
Ovviamente fa perdere l’equilibrio.
Bisogna spostare il proprio baricentro e sporgersi, senza sapere se e come tornare al proprio centro. Ci vuole coraggio. Ma è l’unico modo per procedere.
Ho bisogno di capire non solo ciò che mi sta dicendo ciò che mi sta intorno, ma anche capire l’immaginario delle persone o della situazione per comunicare in modo efficace.
Se di fronte a me ho un amante della montagna non userò la leva giusta se parlerò del mare solo perché a me piace. Non evoco le emozioni legate al suo immaginario, ma legate al mio, e mi giro intorno, esattamente come quando parlo senza ascoltare.
Quando imparo ad ascoltare veramente riesco a intuire ciò di cui c’è veramente bisogno.
Ciò che ti propongo, la sua storia, dove si infila per farti vivere meglio?
Lavorare meglio? Respirare meglio?
Dove ti emoziona?
Dove si mette nel tuo stomaco per farti essere più felice? Di cosa hai bisogno?
Di cosa c’è bisogno? Non di cosa ho bisogno io. Ma di cosa c’è bisogno.
Non si arriva lì con i social media, che occupano i nostri vuoti esistenziali, ci aggiungono qualche informazione che diversamente non avremmo, ma emotivamente sprofondano nel nostro cuore/cervello di mezzo palmo.
L’attenzione non supera i pochi secondi e difficilmente finisco di leggere i post.
Non si arriva lì con ‘spottoni’ beceri ormai desueti, a volte figli di quelle réclame anni ’80.
Seth ci suggerisce un piano.
Siamo pronti per attuarlo?
Quanta attenzione metto io, quanto tempo, quanto sono disposto a perdere l’equilibrio per ascoltare, cambiare opinione, guardare fuori dai miei soliti schemi, per fare e passare esperienze e storie?
Può essere più faticoso, perché è diverso per ognuno e ognuno deve trovare il suo modo.
Ma così si arriva ad ottenere ciò che c’è di più prezioso adesso: l’attenzione vera e il tempo.
Attenzione però: l’attenzione e il tempo degli altri sono preziosi esattamente quanto i nostri.
Li meritiamo?
Buona settimana a tutti
Silvia Elena Montagnini
Design a better world!