Il patchwork (tradotto indica “lavoro con le pezze”) è un manufatto che consiste nell’unione, tramite cucitura, di diverse parti di tessuto, generalmente ma non esclusivamente di cotone, al fine di ottenere un oggetto per la persona o la casa, con motivi geometrici o meno.
(Wikipedia)
Ascoltare o leggere le notizie di questi tempi, assomiglia molto ad avere tanti pezzi di colore e fattura diversi da mettere insieme per creare una sorta di patchwork che dia un senso a quello che succede.
Entrati in campagna elettorale, siamo letteralmente investiti di proclami e promesse su abbassamento delle tasse, redditi di cittadinanza, salari minimi garantiti, rilancio dell’economia, ecc., senza che nessuno ci spieghi dove si possano trovare i soldi.
Sembra anzi completamente dimenticato il continuo abbassamento dei livelli di servizio al pubblico dovute proprio alla mancanza di fondi.
Così, ad esempio, la sanità continua ad allungare i tempi di attesa e ad abbassare le prestazioni e in Italia, se entri in un ospedale rischi di morire o di procurarti qualche lesione grave, non per la malattia che potresti avere, ma per la disorganizzazione, l’incompetenza e l’irresponsabilità.
Non parliamo poi degli altri servizi per la collettività.
Recentemente ho notato un aumento impressionante degli autovelox nei vari comuni, diventati così oramai macchinette da soldi per finanziare bilanci sempre più striminziti.
E si che di soldi ne circolano parecchi, ma non è dato sapere come vengano spesi.
Il pubblico contraddice tutte le leggi che gli economisti danno per scontato, invece di aumentare servizi e prestazioni, come avviene nel libero mercato, diminuendo i prezzi per l’utente finale, accade il contrario: i costi continuano ad aumentare e i servizi a diminuire. Mah!
Nel nostro patchwork, abbiamo ragioni per gioire: la crescita economica.
Già… l’economia…
Nel 2017 abbia raggiunto il valore massimo degli ultimi 24 anni di dipendenti a termine: 2.784.000 unità.
Leggo nell’articolo de ilsole 24 ore (Istat, cresce il reddito disponibile ma uno su tre è a rischio povertà):
Nel 2016 c’è stata «una significativa e diffusa crescita del reddito disponibile e del potere d’acquisto delle famiglie (riferito al 2015), ma anche un aumento della disuguaglianza economica e del rischio di povertà o esclusione sociale». È quanto rileva oggi l’Istat presentando i dati sulle condizioni di vita e di reddito nel 2016.
Quasi 1 su 3 a rischio povertà o esclusione
Ma quasi uno su tre, il 30%, delle persone residenti in Italia, è a «rischio di povertà, esclusione sociale» registrando un peggioramento rispetto all’anno precedente quando tale quota era pari al 28,7%. Per l’istituto «aumentano sia l’incidenza di individui a rischio di povertà (20,6%, dal 19,9%) sia la quota di quanti vivono in famiglie gravemente deprivate (12,1% da 11,5%), così come quella delle persone che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa (12,8%, da 11,7%)». Secondo l’Istat, nel 2016 erano 18,136 milioni le persone a rischio povertà o esclusione sociale.
Cuneo fiscale in continua crescita
Il costo del lavoro dal 2006 al 2015 mostra un andamento crescente segnato dalla riforma delle aliquote fiscali e contributive nel 2007, a cui è seguito un costante incremento del carico contributivo e delle imposte soprattutto per la crescita delle addizionali regionali e comunali. Nel 2015 il costo del lavoro risulta pari in media a 32mila euro e la retribuzione netta che resta a disposizione del lavoratore rappresenta poco più della metà del totale del costo del lavoro (54%, pari a 17.270 euro). La parte rimanente (46%, ossia 14.729 euro) costituisce il cuneo fiscale e contributivo.
(ilsole24ore – Nicola Barone – 6 dicembre 2017)
Si, d’accordo ma le aziende stanno andando bene…
Davvero?
Leggo da repubblica.it un articolo inviatomi da un amico: Ue, la ripresa non maschera i problemi di fondo: mancano investimenti e campioni del futuro.
Tra le dieci aziende che valgono di più non ce ne sono del Vecchio continente. Gli investimenti sono al palo. E il Vecchio continente snobba quelli in beni intangibili, come brevetti e tecnologia, che stanno spingendo il resto del mondo.
(…)Il primo indizio viene dalla Borsa, che consente di misurare le grandi aziende di successo. Nel 2007, fra le dieci aziende che valevano di più sui mercati finanziari, tre erano europee, una cinese, tutte aziende petrolifere. Nel 2017, di cinese ce n’è una (Alibaba), di europee nessuna. Decisivo il fatto che le prime sei sono aziende del mondo digitale (Apple, Google, Microsoft, Amazon, Facebook, Alibaba).
(…)Questo dato genetico sta dietro al secondo indizio: gli investimenti in intangibili. Se i tangibili sono i beni concreti, da toccare con mano, gli intangibili sono il sale dell’economia moderna, quelli che consentono ai paesi avanzati di tenere ancora a distanza i paesi emergenti. Non si tratta solo di digitale. Gli intangibili sono: ricerca e sviluppo, software, dati, design, marketing. Negli Usa, gli investimenti in intangibili hanno superato quelli tradizionali già dal 1997. In Gran Bretagna, il sorpasso è avvenuto nel 2000: nel 2014, gli investimenti netti nei settori più moderni e impalpabili assorbivano una quota dello stock di capitale produttivo pari all’11 per cento, contro il 14 per cento degli Usa. E l’Europa? Qui, il sorpasso non è mai avvenuto. E, dagli anni ’90, le iniziative in ricerca e sviluppo, software, dati, design e marketing sono cresciute solo dal 9 al 10 per cento del Pil continentale. L’unico paese che sembra reggere il ritmo dei paesi anglosassoni è la Svezia. In Francia, facendo una media del periodo 1999-2013 i due spezzoni di investimenti, anno per anno, si equivalgono. Ma in Italia, gli investimenti in intangibili – nella media 1999-2013 – sono il 7,5 per cento del Pil, in Germania, l’8 per cento: la metà degli investimenti tradizionali.
(repubblica.it – Maurizio Ricci – 6 gennaio 2018)
E come non menzionare il grande inganno di Industry 4.0, stantia riedizione della Tremonti?
Qual è la menzogna spacciata per grande verità?
Che il problema delle imprese italiane sia di adeguamento tecnologico.
In realtà le aziende non hanno nessun problema tecnologico e se anche lo avessero, sarebbe facilmente superabile.
Ci sono invece quattro seri problemi:
- a) Una tassazione elevata, siamo un paese oppresso fiscalmente;
- b) La continua svalorizzazione del lavoro.
Abbiamo “precarizzato” il lavoro, si offrono lavori a termine a condizioni economiche indegne di un paese civile e moderno. Si persegue la ricerca del salario più basso continuando a trasferire lavoro nei paesi a più basso costo di manodopera non affrontando, dal punto di vista delle aziende, una strategia di più ampio respiro, nel nulla di un sistema politico assolutamente assente dalle tematiche del costo del lavoro. - c) Un abbassamento generale delle competenze e dei livelli di professionalità a tutti i livelli;
- d) Un problema culturale.
Molte aziende non soffrono per mancanza di tecnologia, ma per sistemi di gestione superati, obsoleti e non funzionanti, legati a modelli di gestione vecchi, tutti elementi che vanno a far parte degli “intangibili” di cui parlava l’articolo di Repubblica.
Alcune aziende che hanno investito nel 2017 utilizzando il “super-ammortamento”, hanno acquisito tecnologie già superate e la cosa ancora più grave è che non ne sono nemmeno consapevoli.
Va tutto bene come ci vogliono far credere?
Non direi.
E non ho menzionato i giovani che cercano opportunità all’estero, la disoccupazione, le carenze in infrastrutture, la burocrazia, ecc.
Insomma, avrei voluto intitolare il post di apertura dell’anno, SVEGLIATI ITALIA!
Il disegno del patchwork, in questo momento ancora confuso e non definito, ricco di pezze molto belle e di alcune altre di scarto, potrebbe essere modificato e diventare davvero un bel disegno. Ed è questo che ci deve dare la carica per affrontare con successo il nuovo anno che si è aperto.
Il futuro non è definito, chiuso, deciso; è aperto, modificabile e migliorabile.
Se con energia e forza si decide di uscire dalla propria zona di confort, il futuro è una grande opportunità per pensare e fare qualcosa di nuovo.
In chiusura del nostro evento del 14 dicembre, citavo le parole di Steve Jobs:
Quando cresci tendi a sentirti dire che il mondo è così com’è …
La vita può essere molto più ampia una volta scoperto un fatto semplice: tutto ciò che ti circonda e che chiami vita è stato costruito da persone che non erano più intelligenti di te, e puoi cambiarlo, puoi influenzarlo …
Una volta imparato, non sarai più lo stesso.
Puoi cambiarlo, puoi influenzarlo… ti interessa?
Per noi di Heiko Xplore, il 2018 sarà l’anno di Leonardo da Vinci e in uno dei prossimi post racconterò le ragioni di questa scelta.
Nel frattempo, a tutti voi, ai vostri cari e alle vostre persone, tantissimi auguri per un fantastico 2018 pieno di soddisfazioni e di sogni che si realizzano e … design a better world … perché le cose si possono davvero cambiare!
Buona settimana
Massimo