La difficile navigazione della Terra di Mezzo e i due mondi.
I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo.
Wittgenstein
Come doveva sentirsi una persona nel 1899?
Alla fine di un secolo e all’apertura di quello nuovo?
Forse un po’ come ci siamo sentiti noi nel 1999 con l’attesa del “millenium bug”…
Il vecchio coabita con il nuovo, la tradizione con l’innovazione, la vecchia tecnologia con la nuova.
E’ la strana sensazione di chi sta nella Terra di Mezzo, a cavallo tra il Mondo 1, il passato, e il Mondo 2, il futuro.
Una strana posizione, una fase di transizione dove permane la tradizione e dove il nuovo non ha ancora manifestato tutte le sue potenzialità.
Sembra che la data di nascita ufficiale del World Wide Web sia il 6 agosto 1991, giorno in cui l’informatico inglese Tim Berners-Lee pubblicò il primo sito web (Wikipedia).
Ricordo che iniziai a usare il PC per la prima volta tra il 1987-1988.
All’epoca il primo foglio elettronico era Lotus 123: si creavano tabelle dai numeri e lettere verdi su sfondo nero.
Un paio di anni dopo, ho cominciato ad usare uno dei primi cellulari. I primi modelli (lo scrivo a beneficio dei “millenials”) potevano solo telefonare.
Il primo SMS della storia è stato inviato dall’ingegnere britannico Neil Papworth il 3 dicembre 1992 da un computer a un cellulare sulla rete GSM Vodafone: il testo del messaggio era “Merry Christmas”. Il primo SMS da cellulare a cellulare invece venne inviato all’inizio del 1993 da uno stagista della Nokia. (Wikipedia)
La fine degli anni ’90 e i primi anni 2000 hanno visto sviluppo di tecnologie che sono diventate oramai pervasive e la nascita dei “social”, del “e-commerce”, dei blog, di YouTube, ecco una breve sintesi:
- Google registrazione del dominio del sito 15 settembre 1997, costituzione della società 4 settembre 1998;
- Facebook nasce il 4 febbraio 2004;
- Linkedin lancio il 5 maggio 2003;
- YouTube fondata il 14 febbraio 2005;
- Amazon fu registrata nel 1994 nello Stato di Washington e cominciò le attività nel luglio 1995.
- il primo iPhone viene presentato al Macworld il 9 gennaio 2007. L’incredibile innovazione dell’interfaccia utente rappresenterà un vero punto di svolta nell’uso dei nuovi dispositivi di comunicazione e navigazione.
Insomma nel giro di relativamente pochissimi anni lo sviluppo del software, dell’hardware e di Internet, ha completamente cambiato le abitudini personali di milioni di persone e il modo di fare business.
E tutto è avvenuto senza che ce ne accorgessimo.
Come il proverbiale pesce di Wallace (vedi il post The Reality Gap del 21 maggio 2017), tutto è successo mentre la nostra vita proseguiva apparentemente in modo normale.
La stessa cosa che deve essere successa al nostro uomo del 1899…
E’ questo lo stato della Terra di Mezzo: il cambiamento avviene mentre siamo impegnati nel nostro quotidiano, così come succede in ogni epoca di transizione.
La singolare caratteristica di questi cambiamenti è profondamente diversa da quelli che hanno caratterizzato le epoche precedenti.
Le transizioni storiche precedenti si sono svolte in archi temporali lunghissimi, intere generazioni si sono succedute senza che nulla di veramente rilevante si manifestasse repentinamente.
I cambiamenti dell’epoca moderna, invece, hanno una velocità molto più elevata e, a volte, destabilizzante.
Siamo tendenzialmente portati a immaginare il futuro come un’estensione lineare del passato, cioè tendiamo a proiettare quello che vediamo accadere nel presente al tempo futuro, ma la peculiarità di quello che sta avvenendo è profondamente diversa.
Chi poteva immaginare negli anni ’80 o ’90 l’incredibile e ubiquitario sviluppo delle tecnologie digitali?
La verità è che gli esseri umani hanno tempi di adattamento molto più lenti e, seppure dotati di moderne tecnologie, tendono a seguire modelli e schemi di ragionamento del passato, ben conosciuto, vissuto e sperimentato.
E’ il rischio di chi si trova nella Terra di Mezzo conteso tra un passato appunto “andato” e un “futuro” potenziale non ancora arrivato.
Sempre più frequentemente ci vengono propinate “fake news”.
Il termine inglese “fake news” indica articoli redatti con informazioni inventate, ingannevoli o distorte, resi pubblici nel deliberato intento di disinformare o diffondere bufale attraverso i mezzi di informazione tradizionali o via Internet, per mezzo dei media sociali.
Le notizie false sono scritte e pubblicate con l’intento di attrarre il lettore o indurlo in errore al fine di ottenere finanziariamente o politicamente – spesso con titoli sensazionalistici, esagerati o palesemente falsi – la sua attenzione.(Wikipedia)
Ho recentemente scoperto un neologismo interessante: post-verità.
Il termine post-verità, derivante dall’inglese post-truth, indica quella condizione secondo cui, in una discussione relativa a un fatto o a una notizia, la verità viene considerata una questione di secondaria importanza.
Nella post-verità la notizia viene percepita e accettata come vera dal pubblico sulla base di emozioni e sensazioni, senza alcuna analisi effettiva sulla veridicità o meno dei fatti reali. In una discussione caratterizzata da “post-verità”, i fatti oggettivi, chiaramente accertati, sono meno influenti nel formare l’opinione pubblica rispetto ad appelli a emozioni e convinzioni personali. (Wikipedia)
Fake-news e post-verità sono termini interessanti su cui riflettere e concetti con i quali valutare e discriminare fatti e oggettività dalla mole enorme d’informazioni che oramai con cadenza giornaliera ci cadono addosso.
Hanno, peraltro e con ovvie conseguenze, assoluta rilevanza anche nel business e per il mondo delle imprese e la Terra di Mezzo, con i suoi contorni sfumati, ne è piena.
Pensando alle organizzazioni, ma non solo, alle fake-news e post-verità potremmo affiancare il concetto di fake-ideas: idee false, non scientifiche, ritenute vere.
E’ il rischio che corre chi attraversa la Terra di Mezzo.
Vivere e operare in un periodo di transizione veloce richiede, infatti, la capacità di lasciarsi alle spalle post-verità e fake-ideas, cioè tutta quella serie di credenze che non hanno un riscontro oggettivo (scientifico) e che rischiano di condizionare gravemente chi deve prendere decisioni importanti riguardanti il futuro della propria organizzazione.
Strattonati tra un passato che non c’è più e un futuro incerto, si corre il rischio di cercare la tranquilla sicurezza di quello che ieri ha funzionato.
Così, a titolo d’esempio, Industry 4.0 è una post-verità nonché una fake ideas, un’illusione da sbornia tecnologica, con la credenza fallace che software, intelligenza artificiale e robot potranno rendere competitivi aziende che sono intrappolate nel Mondo 1 (passato).
L’attenzione e l’attrazione prodotta dai tanti motivatori, coach e altro, che promettono incredibili risultati seguendo semplici ricette sono altre fake ideas e post-verità.
Altri esempi sono la persistenza di concetti economici e di gestione che nati all’epoca delle grandi corporation e ammantati di una patina di autorevolezza continuano a determinare comportamenti disallineati rispetto alle dinamiche di un mondo sempre più interconnesso, veloce e in rapida evoluzione.
E come non pensare a una visita in un’azienda fatta qualche tempo fa, dove il mio accompagnatore, pieno di orgoglio “tecnologico”, mi mostrava una linea con tanto di robot che effettuava la lavorazione, mente un addetto “umano” caricava il materiale nella giusta posizione prendendolo da un grande contenitore perché il robot “fosse comodo” nel prelevarlo e posizionarlo? Stranezze della Terra di Mezzo…
Oppure alle tante volte in cui, chi dovrebbe correggere processi difettosi, tende ad automatizzarli o a digitalizzarli?
E come non pensare alle tante post-verità/fake ideas legate a processi di valutazione del personale, survey varie, analisi di clima e attività più o meno formative?
Paradossi della Terra di Mezzo: commistioni di vecchie abitudini, modelli di pensiero superati trattati con un pizzico di tecnologia per farli apparire nuovi.
E’ interessante pensare al Mondo 1, il passato e ai tanti mestieri scomparsi: la sveglia umana (I lavoratori poco mattinieri sono sempre esistiti, e prima che le sveglie si diffondessero nelle case, il rischio di arrivare tardi al lavoro era concreto. In Inghilterra e in Irlanda, durante la Rivoluzione Industriale, si diffuse così il mestiere di svegliatore. Queste persone andavano di casa in casa e bussavano a porte e finestre con lunghi bastoni, per pochi centesimi alla settimana. Non si muovevano di lì finchè non avessero la certezza di aver buttato gli operai giù dal letto. Focus.it); il pin’s boy (il raccoglitore di birilli del bowling); l’accenditore di lampioni; il tagliatore di ghiaccio (prima dell’avvento delle moderne tecniche di refrigerazione, chi praticava questa attività segava grossi blocchi di ghiaccio per rivenderli a quanti li richiedevano per mantenere il cibo al fresco. Focus.it); la centralinista telefonica (nelle prime fasi della storia della telefonia, queste figure erano indispensabili per realizzare chiamate su lunghe distanze, perché mettevano in comunicazione due interlocutori remoti. Focus.it), il lettore nelle fabbriche (questo impiego consisteva nel leggere a voce alta quotidiani, libri – e, più tardi, testi sindacali – agli operai nelle fabbriche, per rendere il lavoro manuale meno monotono e noioso. Focus.it); l’arrotino; il carbonaio.
Lavori che guardiamo, forse con un pizzico di nostalgia, ma anche con il sorriso di chi, come noi, fortunatamente sa di essere nato in un’epoca diversa e non deve, quindi, per vivere fare proprio quei lavori.
E chi sa, forse qualcuno tra qualche decennio, quando scriverà un post sugli anni post-2000 citerà con un sorriso e un po’ di nostalgia i lavori scomparsi: manager, capo reparto, capo contabile, addetto alle Risorse Umane …
Magari nel Mondo 2, certe figure non esisteranno più, saranno relegate alla storia come lo “svegliatore”.
Quando ci imbattiamo in qualcosa che abbiamo già incontrato, lo interpretiamo e gli attribuiamo un significato senza investire tempo o energia per analizzarlo. Lo facciamo in base a modelli di pensiero, abitudini e routine che tendono ad accumularsi via via che diventiamo adulti.
(…) Essere creativi, invece, significa dare vita, attraverso integrazioni e mix di concetti diversi, a variazioni che intervengono su questi modelli di pensiero, li modificano e ci offrono così un ventaglio di possibili alternative. E’ questa integrazione fra concetti ad attivare l’immaginazione. Le persone molto creative non partoriscono idee strabilianti perché sono più intelligenti, istruite, competenti o geneticamente predisposte alla creatività. Il loro lavoro è, più che altro, combinare concetti in modo nuovo. E’ questo il loro strumento più importante per produrre idee originali sempre nuove. Per riuscirci, investono tempo e volontà nel potenziamento della loro energia creativa e focalizzano la propria attenzione sulle sfide creative. Traggono piacere dal processo e sono curiosi.
(Estanislao Bachrach)
Possiamo diventare un “mestiere che non esiste più”… oppure reinventarci con creatività e curiosità e cambiare costantemente, creando così le condizioni per arrivare con successo al Mondo 2, alla fine la scelta è sempre e solo nostra.
Design a better world …
Buona settimana
Massimo
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