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Il Manuale delle Giovani Marmotte

By 26 Giugno 2016 Marzo 29th, 2018 No Comments

Il Manuale delle Giovani MarmotteBlog 2516“… e c’è chi vorrebbe avere tutte le risposte
Come nel Manuale delle Giovani Marmotte… “
(Eugenio Finardi, Vil Coyote.)

Nell’universo di Paperopoli e dei fumetti Disney, il Manuale delle Giovani Marmotte è un libro in formato tascabile, in dotazione a tutti i membri del corpo delle Giovani Marmotte, che rappresenta l’ideale di un’enciclopedia completa e disponibile in tutte le situazioni.

Il Manuale contiene una quantità immensa di sapere: vi figurano istruzioni per costruire ponti e barche o per sopravvivere in condizioni avverse accanto a notizie sulla storia delle civiltà del mondo, con dizionari ragionati di tutte le lingue moderne e antiche; né mancano carte geografiche dettagliate di ogni regione della terra e un indice di facile consultazione. Non vengono invece menzionate conoscenze di base che si possono naturalmente aspettare da ogni Giovane Marmotta, come per esempio l’ubicazione del Capo di Buona Speranza o le tabelline di moltiplicazione. Agli estranei al corpo delle GM è severamente vietata la consultazione dell’opera. Qui, Quo e Qua, giovani marmotte anche loro, nominano a volte il manuale L’infallibile. (Wikipedia)

Nel business e nella vita, ci sono molte Giovani Marmotte che con il loro manuale tascabile hanno tutte le risposte.
E in qualche capitolo del libro c’è sempre l’esempio o la storia giusta che ti dice cosa fare.
Facile! Semplice! E… sbagliato.

Molti “case history” sono delle belle storie che ti raccontano cosa è successo ma non hanno nessuno valore scientifico in quanto non sono teorie (nel senso che la scienza attribuisce al termine) che ti aiutano a predire il futuro. Se si applicano gli strumenti utilizzati da questa o quella azienda che ha avuto successo in un certo momento nel tempo, non hai certezza di ottenere lo stesso risultato.
Inoltre, molti “case history” raccontano una parte della storia e non dicono molto su tanti altri aspetti rilevanti trascurati o non conosciuti.
A volte sono un tributo alla figura del manager o dell’imprenditore che ne esce esaltato con doti di grande lungimiranza e leadership; oppure servono alle società di consulenza per trasmettere il messaggio che è stato il loro lavoro a rendere possibile quel successo, applicando uno dei principi base dei messaggi pubblicitari e facendo un salto logico privo di alcun fondamento razionale: fallo anche tu e seguici e otterrai gli stessi risultati.
Internet è pieno di questi case history, video, post, articoli e quanto altro.

Naturalmente le storie sono importanti e hanno un posto nell’acquisizione di conoscenza; ma, il punto non è questo, non può essere a loro tributato un potere taumaturgico o predittivo che non hanno.
Intere legioni di manager hanno partecipato alle famose “gite delle pentole” – hanno, cioè, visitato grandi aziende – sperando di trovare facili risposte o ricette, per poi tornare e non fare assolutamente niente.
Alcune Business School forniscono la versione evoluta del Manuale delle Giovani Marmotte infiocchettata in un bel pacchetto.
A livello personale, abbiamo un insieme di credenze, opinioni e assunzioni che non resisterebbero a un’analisi attenta e metodica e sono in qualche modo il nostro “manuale personale”.
Storie, ricette, formule e gite che sono accomunate dalla mentalità da Manuale delle Giovani Marmotte: soluzioni che di solito non funzionano.

Cercare di capire in che modo funziona la natura mette a dura prova le capacità della mente. Il cammino è disseminato di trappole sottili, meravigliose assi di equilibrio logiche su cui bisogna procedere con cautela, attenti a non fare previsioni errate.
Il terzo aspetto di cui voglio parlare è la scienza come metodo di indagine. Il metodo si basa sul principio che l’osservazione è il giudice ultimo di come stanno le cose. Quando si capisce che solo l’osservazione può dimostrare la verità di un’ipotesi, ogni altro aspetto e caratteristica della scienza diventa immediatamente comprensibile. In questo contesto “dimostrare” significa “verificare”, o “controllare”, e il famoso detto “l’eccezione dimostra la regola” dovrebbe essere cambiato in “l’eccezione verifica la regola”, o meglio “l’eccezione dimostra che la regola è sbagliata”. Questo è il principio scientifico. Se c’è un’eccezione, e si può osservare direttamente, allora la regola è sbagliata.
Le eccezioni sono interessanti di per sé, perché dimostrano che c’era un errore, e il bello a questo punto è andare a caccia della regola giusta, se esiste.
(Richard P. Feynman – Il senso delle cose)

I principi di cui parla Feynman, si applicano più in generale a molti aspetti della vita e non solo al business.
Così molte notizie, informazioni o trasmissioni televisive non hanno alcun carattere “scientifico” o veicolano idee avventate e quindi andrebbero prese con un atteggiamento come minimo di dubbio.

Un’altra importante caratteristica della scienza è la sua obiettività. Dobbiamo sforzarci di guardare i dati delle nostre osservazioni in modo obiettivo, ben sapendo che, come sperimentatori, potremmo essere influenzati dalle nostra aspettative.
(Richard P. Feynman – opera citata)
Assistiamo continuamente a una mancanza cronica di obiettività, dovuta a una costante distorsione dei fatti.
Di fronte all’evidente criticità di certi fatti e dati, molti preferiscono negare l’evidenza o credere ostinatamente nella propria idea.
Molto umano, molto comune, molto poco scientifico.
Quando avviene ad alti livelli, molto preoccupante e molto devastante.

Ho detto che l’osservazione è il giudice della verità di un’idea, ma da dove viene l’idea? Il rapido progresso della scienza richiede che gli esseri umani inventino sempre nuove idee da verificare.
(…) Non c’è un’autorità che decida quale idea sia buona e quale no: non abbiamo più bisogno di verità rivelate. Possiamo consultare il luminare di turno e chiedergli di illustrarci il suo punto di vista, e poi fare gli esprimenti del caso e scoprire se quel che dice è vero oppure no. Se non è vero, peggio per lui: e così che le “autorità” perdono un po’ della loro “autorità”.

(…) Le leggi possono rivelarsi sbagliate. Com’è possibile, se avevano trovato conferma in accurati esperimenti? Le osservazioni non erano corrette? Perché i fisici devono cambiare le leggi in continuazione? La risposta è che: primo, una cosa sono le leggi e una cosa le osservazioni; secondo, gli esperimenti non sono mai accurati al cento per cento.
Le leggi sono tentativi umani di estrapolare regole generali dai risultati sperimentali, e non l’oggetto dell’esperimento. Si tira ad indovinare, e la congettura per un po’ sembra valida, perché passa attraverso il setaccio sperimentale. Ma con un setaccio più fine, può darsi che non passi più. (Richard P. Feynman – opera citata)
Le leggi (fisiche) cambiamo in continuazione perché cresce la nostra conoscenza, per questa ragione temo le cristallizzazioni in modelli fissi e rigidi.

Il valore dell’ignoranza.
Quando uno scienziato dice di non sapere la risposta, si rende conto di essere ignorante. Quando dice che ha una vaga idea di cosa succederà, è incerto. Quando è abbastanza sicuro e dice: “Scommetto che andrà così”, ha ancora qualche dubbio. Ed è di primaria importanza, ai fini del progresso scientifico, riconoscere il valore di questa ignoranza e di questo dubbio. Il dubbio ci spinge a guardare in nuove direzioni e cercare nuove idee.

Ciò che oggi chiamiamo “conoscenze scientifiche” è un corpo di affermazioni a diversi livelli di certezza. Alcune sono estremamente incerte, altre quasi sicure, nessuna certa del tutto. Noi scienziati ci siamo abituati, sappiamo che è possibile vivere senza sapere le risposte. Mi sento dire: “Come fai a vivere senza sapere?”. Non capisco cosa intendano. Io vivo sempre senza risposte, è facile. Quello che voglio sapere è come si arriva alla conoscenza. (Richard P. Feynman – opera citata)

Dal conoscere all’agire…
Vorrei lo stesso spiegare, da un punto di vista generale, perché considero scienza e questioni morali indipendenti. Il problema umano più comune, la grande domanda, è sempre: “Cosa devo fare?”.
Riguarda dunque l’azione: “ Devo fare questa cosa? Cosa devo fare?”.
E come si può rispondere a una tale domanda? Si può dividerla in due parti.
Prima possiamo chiederci: “Se faccio questo, cosa succede?”. La risposta non mi dice se lo devo fare o no; infatti abbiamo un’altra parte, che è: “Bene, voglio che succeda o no?”.
La prima domanda – “Se faccio questo, cosa succede?” – è perlomeno suscettibile di indagine scientifica; e difatti è una tipica domanda scientifica. Non significa che sappiamo cosa succederà. Per niente. Non sappiamo mai cosa succederà: la scienza è molto rudimentale. Ma, perlomeno ci fornisce un metodo per trattare questo tipo di domande. Il metodo è provare, e guardare cosa succede, accumulare informazione, e così via.
Quindi la domanda “Se faccio questo, cosa succede?” è sicuramente un domanda scientifica. Invece la domanda “Voglio che succeda?”, alla fin fine, non lo è. (Richard P. Feynman – opera citata)
La seconda è una domanda sui valori che implica un giudizio di ordine superiore, ad esempio su quale risultato sia da preferirsi, se giusto o sbagliato e così via.

A molte di queste domande il “Manuale delle Giovani Marmotte” non può dare risposte che possono essere solo il frutto di un percorso di ricerca, di domande e di indagini continue.
Non esiste un “Infallibile” e si procede per tentativi ed errori imparando.

c’e’ chi e’ come paperon de paperoni
pieno di fantastiliardi di milioni
ma poi sta sveglio tutte le notti
per paura che arrivi la banda bassotti

ma io mi sento come will coyote
che cade ma non molla mai
che fa progetti strampalati e troppo
complicati e
quel bip bip lui non lo prendera’ mai

ma siamo tutti come will coyote
che ci ficchiamo sempre nei guai
ci puo’ cadere il mondo addosso o
finire sotto un masso
ma noi non ci arrenderemo mai
(Eugenio Finardi, Vil Coyote.)

Il Manuale delle Giovani Marmotte è utile solo a Paperopoli…
Come Wile Coyote non bisogna arrendersi e accettare soluzioni facili.
La ricerca non ha fine.

Buona settimana
Massimo

 

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