Ecologia umana. Idee per le riflessioni possono venire dalle direzioni più inaspettate.
E una riflessione speciale merita un pensiero di Papa Francesco espresso nell’Udienza Generale del 5 giugno 2013;
Che cosa vuol dire coltivare e custodire la terra? Noi stiamo veramente coltivando e custodendo il creato? Oppure lo stiamo sfruttando e trascurando? Il verbo “coltivare” mi richiama alla mente la cura che l’agricoltore ha per la sua terra perché dia frutto ed esso sia condiviso: quanta attenzione, passione e dedizione! Coltivare e custodire il creato è un’indicazione di Dio data non solo all’inizio della storia, ma a ciascuno di noi; è parte del suo progetto; vuol dire far crescere il mondo con responsabilità, trasformarlo perché sia un giardino, un luogo abitabile per tutti.
Ma il “coltivare e custodire” non comprende solo il rapporto tra noi e l’ambiente, tra l’uomo e il creato, riguarda anche i rapporti umani. I Papi hanno parlato di ecologia umana, strettamente legata all’ecologia ambientale. Noi stiamo vivendo un momento di crisi; lo vediamo nell’ambiente, ma soprattutto lo vediamo nell’uomo. La persona umana è in pericolo: questo è certo, la persona umana oggi è in pericolo, ecco l’urgenza dell’ecologia umana! E il pericolo è grave perché la causa del problema non è superficiale, ma profonda: non è solo una questione di economia, ma di etica e di antropologia. La Chiesa lo ha sottolineato più volte; e molti dicono: sì, è giusto, è vero… ma il sistema continua come prima, perché ciò che domina sono le dinamiche di un’economia e di una finanza carenti di etica. Quello che comanda oggi non è l’uomo, è il denaro, il denaro, i soldi comandano. E Dio nostro Padre ha dato il compito di custodire la terra non ai soldi, ma a noi: agli uomini e alle donne. Noi abbiamo questo compito! Invece uomini e donne vengono sacrificati agli idoli del profitto e del consumo: è la “cultura dello scarto”. Se si rompe un computer è una tragedia, ma la povertà, i bisogni, i drammi di tante persone finiscono per entrare nella normalità. Se una notte di inverno, qui vicino in via Ottaviano, per esempio, muore una persona, quella non è notizia. Se in tante parti del mondo ci sono bambini che non hanno da mangiare, quella non è notizia, sembra normale. Non può essere così! Eppure queste cose entrano nella normalità: che alcune persone senza tetto muoiano di freddo per la strada non fa notizia. Al contrario, un abbassamento di dieci punti nelle borse di alcune città, costituisce una tragedia. Uno che muore non è una notizia, ma se si abbassano di dieci punti le borse è una tragedia! Così le persone vengono scartate, come se fossero rifiuti.
(Papa Francesco – Udienza Generale,5 giugno 2013)
Si può essere o non essere religiosi (e io non lo sono), o credenti, ma questo nulla toglie di importanza alle parole del Papa.
E’ affascinante l’idea di un’ecologia umana (ecologia: scienza che studia i sistemi ambientali e le condizioni d’esistenza degli esseri viventi, nonché le interazioni di ogni sorta che esistono tra essi e il loro ambiente. Treccani).
Egli dice “E il pericolo è grave perché la causa del problema non è superficiale, ma profonda: non è solo una questione di economia, ma di etica e di antropologia”, dimensioni che, spesso, nel mondo del business e della finanza, sono dimenticate.
L’attenzione alla responsabilità sociale d’impresa (Responsabilità sociale d’impresa – nella letteratura anglosassone corporate social responsibility, CSR – è, nel gergo economico e finanziario, l’ambito riguardante le implicazioni di natura etica all’interno della visione strategica d’impresa: è una manifestazione della volontà delle grandi, piccole e medie imprese di gestire efficacemente le problematiche d’impatto sociale ed etico al loro interno e nelle zone di attività. Wikipedia) e il tema dello sviluppo sostenibile (sviluppo sostenibile è una forma di sviluppo economico che sia compatibile con la salvaguardia dell’ambiente e dei beni liberi per le generazioni future. Wikipedia) sono argomenti di grande attualità e interesse, sebbene, purtroppo, a volte trattati più come l’ultima moda del momento e tradotti in pratica con una serie di procedure operative volte a ottenere certificazioni e implementazioni più di facciata che, un modo di concepire l’attività dell’impresa.
Non vi è dubbio, tuttavia, che anche alla luce dei (relativamente recenti) scandali finanziari e delle crisi che si sono susseguite dal 2008, l’aspetto etico e antropologico assumono una rilevanza molto attuale.
Sul tema non può mancare un richiamo a un imprenditore italiano che potremmo definire “visionario” e di molto in anticipo sui tempi, Adriano Olivetti, che in un celebre discorso (23 aprile 1955) disse:
Può l’industria darsi dei fini? Si trovano questi semplicemente nell’indice dei profitti?
Non vi è al di là del ritmo apparente qualcosa di più affascinante, una destinazione, una vocazione anche nella vita di una fabbrica?
Fini, obiettivi, valori e loro traduzione in una pratica operativa che li incarni e li renda vivi ogni giorno, nelle piccole come nelle grandi cose.
Insomma fini che possono essere condivisibili, che possono attrarre energie e impegno, diventare la direzione che guida gli sforzi di uomini e donne che non lavorano solo per un salario (sebbene fondamentale per vivere) ma per creare qualcosa di valore e di significato più alto.
Una dimensione etica e antropologica, o “ecologica”, molte volte disattesa o dimenticata per ottenere “saving” o “profitti” promessi, il cui ottenimento giustifica tutto e il contrario di tutto.
Assisteremo, nel futuro prossimo, a un riavvicinamento alla sfera etica, unica possibilità per uno sviluppo che sia sostenibile, responsabile e attento anche all’ambito umano.
Per estensione potremmo parlare anche di ecologia delle idee, cioè sistemi e ambienti che favoriscono lo sviluppo d’idee.
Idee, che come organismi, nascono, combattono per emergere e sopravvivere e producono nuove idee più funzionali, cioè risposte migliori.
Nella mia interpretazione, ecologia umana significa studiare ambienti, relazioni, scambi di informazioni e di conoscenze, strutture, che producano il successo e l’evoluzione dell’organizzazione e degli uomini che ci lavorano.
Un’azienda è quindi un ecosistema aperto che scambia energia, materiali e informazioni all’interno del sistema stesso e con l’esterno. La capacità di evolvere è quella che ne assicura la sopravvivenza.
L’organizzazione che vuole affrontare dinamicamente l’ambiente in evoluzione deve essere quella che crea informazioni e conoscenza, non solo elaborarle in modo efficiente. Inoltre, i membri dell’organizzazione non devono essere passivi, ma devono piuttosto essere agenti attivi d’innovazione.(I.Nonaka – H.Takeuchi)
Inoltre è da combattere la “cultura dello scarto” che assume aspetti diversi e a volte persino banali, oltre a quelli gravi e tragici descritti da Papa Francesco. Così la disattenzione e la trascuratezza “scartano” persone che potrebbero, in un giusto ambiente e con le giuste competenze, essere “agenti attivi” e produrre innovazione.
Alcune aziende riescono a fare molto meglio di altre, creano le condizioni di coinvolgimento, partecipazione e sviluppo che, portano, team di persone comuni, a sviluppare prodotti innovativi, migliorare continuamente processi e dare un contributo importante allo sviluppo. Queste aziende sono meglio equipaggiate per affrontare le sfide che il mercato e i concorrenti creano continuamente perché evolvono generando risposte nuove e originali e non rimanendo agganciate a schemi superati.
Sono, cioè, organizzazioni “veloci” che imparano, cambiano e innovano.
L’enfasi – moda del momento e assenza di rigore scientifico unita al cercare scelte apparentemente facili – sul mito del talento porta molte aziende proprio a trascurare quell’incredibile serbatoio di opportunità e di potenzialità che è rappresentato dalla maggior parte delle persone che ci lavorano, focalizzandosi solo sul successo di pochi (i cosiddetti “talenti”) e “scartando” tutti gli altri.
Altre aziende hanno invece capito che proprio in quel serbatoio sono contenute le condizioni per un successo e uno sviluppo sostenibili.
Molti libri e articoli che si sono focalizzati sullo studio degli “strumenti e delle tecniche”, ad esempio, dei metodi usati dalle aziende giapponesi, hanno totalmente trascurato l’effetto della creazione di conoscenza derivante dalla capacità cumulativa di un gruppo esteso di persone di lavorare insieme, con metodo, valori condivisi e un linguaggio comune, capacità che produce una crescita delle conoscenze dell’organizzazione e un processo di innovazione sostenibile.
Coltivare (curare) con attenzione, passione e dedizione:
idee, persone, ambienti, creatività, relazioni, collaborazione, sostenibilità e integrità.
Custodire (mantenere, nutrire, vigilare):
valori, umanità, fiducia, rispetto, comportamenti, rapporti.
Coltivare e custodire potrebbero essere così due azioni, due possibili direzioni da percorrere per sviluppare un’idea di azienda “ecologicamente umana” nuova, moderna e in evoluzione.
Design a better world …
Buona settimana
Massimo
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