E’ tipico usare nel mondo del business sia la metafora che l’analogia, non importa se stiracchiando così un po’ troppo le cose.
Così un’azienda è paragonata a una squadra, il manager a un coach, il lavoro sullo sviluppo delle competenze a un allenamento, il business a un gioco tra squadre con vincitori e vinti, la persona geniale a un fuoriclasse (metafore sportive).
Ancora: la competizione nel mercato paragonata a una guerra, vincere/battere la concorrenza, conquistare quote di mercato/nuovi segmenti, resistere, il leader come comandante, l’organizzazione come un esercito (il modello organizzativo a piramide, con i vari livelli gerarchici, prese ispirazione dall’istituzione che era la più organizzata ossia l’esercito), strategia, tattica, ecc.ecc. (metafora militare).
Oppure la metafora della macchina: l’azienda composta da ingranaggi ben oliati, che deve ‘funzionare’ come un orologio, funziona sempre nello stesso modo in tutto il suo ciclo di vita, ha un manovratore, e cosi via.
Sono tante le metafore e le analogie che utilizziamo senza neppure pensarci, essendo diventate parte del nostro modo di pensare e di comunicare.
Ma è davvero così?
Intanto dovremmo essere consapevoli che un’analogia non esprime un’uguaglianza ma una similitudine, cioè le due cose possono avere tratti comuni ma sono sicuramente diverse in molto altri aspetti a volte rilevanti. Ne scrissi a proposito della metafora sportiva:
Come dimostra la diffusione e il richiamo di pubblico da parte di famosi allenatori o ex-allenatori, o di giocatori, o dei tanti libri sulla performance scritti da coach e psicologi, la metafora vincente oggi è quella che paragona l’azienda a una squadra, sia essa di calcio, di pallavolo o di rugby.
Per quanto la matafora sportiva possa ispirare e magari abbia dei punti di interesse, un’azienda non è una squadra sportiva, i dipendenti non sono giocatori (e quali giocatori sarebbero? quelli professionisti strapagati, quelli giovani e motivatissimi ed entusiasti oppure dilettanti alle prime esperienze?), il manager non è un allenatore e il business non è un gioco (non come è inteso in ambito sportivo almeno).
(Quando Ronaldo mette la tuta e scende in fabbrica)
Ma c’è un’altra analogia sulla quale vorrei riflettere: quella del ‘togliere’, del ‘levare’, dello ‘snellire’.E’ il ‘Less is more’ che pure io ho spesso utilizzato.
Due frasi chiariscono il concetto:
La perfezione può dirsi raggiunta non quando non c’è più nulla da aggiungere, ma quando non c’è più nulla da togliere. (Antoine De Saint-Exupery)
La scultura è quella che si fa per forza di levare. (Michelangelo)
Lo scultore (la metafora) toglie, non aggiunge e grazie al suo ‘levare’ ecco comparire un bellissimo capolavoro.
Pur consapevole di quanto il ‘togliere’ e il ‘levare’ siano importanti, anche ‘l’aggiungere’ ha la sua importanza.
Manca la scultura della bellezza de’ colori, manca della prospettiva de’ colori, manca della prospettiva e della confusione de’ termini delle cose remote all’occhio; imperocchè così farà cogniti i termini delle cose propingue come delle remote; non farà l’aria interposta intra l’obiettivo remoto e l’occhio occupare più esso obietto che l’obietto vicino; non farà i corpi lucidi e trasparenti come le figure velate che mostrano la nuda carne sotto i veli a quella anteposti; non farà la minuta ghiaia di vari colori sotto la superficie delle trasparenti acque.
(Leonardo da Vinci – Trattato della pittura)
Walter Isaacson scrive nel suo bel libro su Leonardo:
Il “Cenacolo”
La tecnica di pittura era così leggera e stratificata che le singole pennellate erano impercettibili, ed egli a volte aspettava ore o giorni prima di aggiungere delicatamente sottili strati e ritocchi.
La “Gioconda”
Il fascino misterioso della Gioconda comincia con la preparazione della tavola di legno da parte di Leonardo. Su una tavola con una venatura sottile prelevata dal centro di un tronco di pioppo, più grande di quanto fosse consueto per un ritratto domestico, applicò uno spesso tratto di mestica a base di biacca di piombo invece di una più comune miscela di gesso, pastello e pigmento bianco.
Tale mano di fondo, sapeva, sarebbe stata più efficace nel riflettere la luce che riusciva ad attraversare i suoi sottili strati di colore traslucido e quindi avrebbe accentuato l’impressione di profondità, luminosità e volume.
Grazie a questa tecnica, la luce penetra oltre gli strati, e parte di essa raggiunge la mano di fondo bianca per poi essere riflessa all’indietro attraverso gli strati. I nostri occhi vedono un’interazione tra i raggi luminosi che rimbalzano sui colori alla superficie e quelli che danzano risalendo dalle profondità.
(…) Il dipinto acquista vita.
(…) Per le ombre del volto di Lisa, ricorse a un’innovativa miscela di ferro e manganese per creare un pigmento che fosse color terra d’ombra bruciata e assorbisse bene l’olio. Lo applicò con pennellate così delicate da essere impercettibili, sovrapponendo nel tempo fino a trenta sottili strati. Secondo un’analisi spettroscopica per fluorescenza di raggi X pubblicata nel 2010, “lo spessore di uno strato di colore bruno posto sopra la base rosa della guancia di Monna Lisa varia gradualmente da due soli micrometri a cinque, fino a circa trenta micrometri nell’ombra più profonda”. Tale analisi dimostrò anche che le pennellate erano applicate in un modo intenzionalmente irregolare per far sembrare più realistica la grana della pelle.
(Leonardo da Vinci di Walter Isaacson – Mondadori)
Altro che ‘togliere’ o ‘levare’!
‘Applicare’, ‘aggiungere’, ‘mettere’… con sapiente maestria, con gusto squisito, con tocco delicata ed ecco, voilà! il capolavoro!
Il pittore ‘aggiunge’ non toglie. Senza quelle straordinarie aggiunte non avremmo avuto Caravaggio, Raffaello, Van Gogh, Giotto, Monet, Rembrandt, Veermer, Durer e tanti, tantissimi altri.
Se solo il ‘togliere’ servisse, avremmo delle teli bianche.
Qual’è la morale allora?
Dobbiamo fare attenzione a semplificare e a ripetere formule o frasi stereotipate:
Tutto dovrebbe essere reso il più semplice possibile, ma non più semplice, diceva Einstein.
Anche nel business, se vuoi creare un capolavoro, non devi solo ‘levare’ ma anche ‘aggiungere’, con maestria, gusto, eleganza e profondità. Ci devi mettere idee, strategie, contenuti, concetti, valori, prodotti, creatività, innovazione. Non tanto, non troppo, solo quello che basta, solo quello che serve, con equilibrio e armonia.
Amo la scultura, le statue di Michelangelo e di Bernini sono assolutamente meravigliose, perfette nei dettagli, incredibili nell’esecuzione, hanno portato l’arte del ‘levare’ a vette altissime. Ma anche i pittori ci hanno regalato capolavori che ispirano, toccano, fanno volare l’immaginazione, colpiscono.
‘Aggiungere’ e ‘levare’, che la perfezione derivi da un perfetto equilibrio tra i due?
Pittura e scultura, colore e forma, esecuzione e immaginazione, solidità e sfumatura, dagli opposti una sintesi per fare business in modo incomparabile.
Aggiungere e levare… sottili e impercettibili strati di innovazione e originalità!
Dipingi la tua tela, scolpisci la tua statua.
Buona settimana
Design a better world.
Massimo
Foto crediti: WIKIPEDIA – Leonardo da Vinci – Musée du Louvre