Caro imprenditore ti scrivo …Caro amico ti scrivo così mi distraggo un po’
e siccome sei molto lontano più forte ti scriverò.
Da quando sei partito c’è una grossa novità,
l’anno vecchio è finito ormai
ma qualcosa ancora qui non va.
Lucio Dalla – L’anno che verrà
Caro imprenditore le scrivo…
perché qualcosa ancora qui non va.
Pur essendo lei lontano non le scriverò più forte, ma con passione e anche un po’ d’emozione.
E poiché, l’anno si sta avvicinando alla fine, non è forse un buon momento per una piccola riflessione?
Essere imprenditori in Italia oggi è sicuramente molto complicato e richiede molto coraggio. Ho grande simpatia (per quel che può servire) per il suo coraggio e la sua costanza.
Quando, nel pieno della crisi ho lasciato il lavoro che svolgevo con successo per aprire, con quella che è diventata la mia socia, Heiko Xplore, mi sono sentito dire: “Ha proprio un bel coraggio!”. E chi poteva pensare di aprire un’azienda nel pieno della crisi economica in Italia?
All’inizio non è stato facile e giorno dopo giorno, con costanza, volontà e sacrificio, abbiamo fatto i nostri passi per consolidare la nostra piccola realtà che oggi è un elemento d’interesse nuovo e vivo, in un mondo fatto di schemi, finte risposte vendute bene e modelli molto spesso obsoleti.
Non le sto raccontando un fatto assolutamente personale per dirle quanto siamo stati bravi, ma, solo per spiegarle che, essendo anche noi imprenditori, anche se piccoli rispetto a lei, capiamo molto bene le scelte, a volte difficili e coraggiose, che lei deve fare in un contesto economico, giuridico e burocratico, costruito apposta per scoraggiare le aziende e gli imprenditori.
L’imprenditore gestisce con capitali propri un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi, così la definizione della Treccani. Si differenzia quindi da un manager che amministra e governa un’azienda o un’organizzazione che non ha creato, ma che si trova a dirigere con delega più o meno ampia.
Qui non parleremo di manager, ma solo di imprenditori, dal momento che è a lei che sto scrivendo.
Lei rischia del proprio, dunque, e probabilmente, come le tante chiacchierate fatte con molti imprenditori mi hanno fatto capire, la motivazione economica pur essendo importante non è l’unica ragione d’essere del suo fare impresa.
Molti imprenditori e quindi anche lei, immagino, sentono intensamente la motivazione e l’orgoglio di produrre e diffondere prodotti o servizi frutto del proprio lavoro e del proprio ingegno, la voglia di portare l’azienda a livelli internazionali e sentono, forte, anche la funzione sociale dell’impresa. Funzione sociale che si manifesta nel lavoro che la loro azienda dà a tante famiglie, fornendo a esse una fonte di sostentamento e di reddito e il contributo che l’azienda dà alla comunità e più in generale alla società.
Ho trovato personale evidenza di tutto questo, oltre che nelle conversazioni avute con tanti imprenditori, anche nei comportamenti effettivi attuati dalle imprese nel mezzo della crisi.
In generale, le imprese private hanno fatto quadrato cercando di superare la crisi con il minor impatto sociale e di business possibile.
Mentre società multinazionali non si sono fatte scrupolo di chiudere siti o di licenziare, molti imprenditori italiani hanno gestito con l’attenzione del “buon padre di famiglia” una situazione difficile.
E come in tante famiglie, nel momento di crisi, tutti hanno tirato un po’ la cinghia, lei avanti a tutti, diversamente da certe aziende gestite da manager che, pur avendo i dipendenti in cassa integrazione, non hanno mancato di pagarsi i bonus, con buona pace di varie “mission” roboanti che parlano di importanza delle persone, dei dipendenti e via cantando.
L’imprenditore è dunque una figura centrale, importante e fondamentale per la crescita delle persone, la sicurezza economica e il benessere di tante famiglie e della società tutta.
Quando penso a lei, non posso che provare rispetto, ammirazione, gratitudine e ispirazione. Lei mi dà una lezione di vita, di coraggio e di crescita professionale che è un impulso a migliorare, a cercare sempre nuove idee e, nel nostro piccolo, a cercare di supportarla sempre meglio.
Tuttavia qualcosa ancora qui non va…
E’ raddoppiato il numero di giovani che vanno all’estero in cerca di lavoro; il lavoro è diventato sempre più instabile è, mi si obietterà, una tendenza tipica di questi tempi così perturbati, certamente sì, ma anche di una difficoltà nel creare business sostenibili.
Molti processi aziendali sono lenti, farraginosi e superati e si fa una grande fatica a cambiarli, anche perché di fronte a certe scelte lei si ritrae, preferendo problemi noiosi ma conosciuti, alle difficoltà di portare avanti un cambiamento che, purtroppo, la spaventa poiché richiede, a lei per primo, di attuare nuovi comportamenti e modalità che magari non le sono familiari.
I processi di innovazione, in molte aziende, sono frammentati, incerti e frutto della solita genialità dell’”one man show” e quindi non riproducibili e sostenibili nel tempo.
C’è un forte schiacciamento sulle esigenze commerciali – i clienti hanno sempre ragione (cosa non vera!) – sintomo di un’incapacità di fondo nel riuscire a creare prodotti e servizi e più in generale un’esperienza al cliente, che faccia davvero la differenza.
Siamo oramai in tempi di “customizzazione di massa” e questo è un fatto, ma molto spesso diventa anche un’ottima scusa per non riflettere sulle capacità dell’impresa di creare prodotti validi e di successo.
Le strategie sono di corto respiro, risolvendosi spesso in un … “facciamo tutto che non si sa mai”, generando così comportamenti e attività assolutamente estemporanee.
Molte organizzazioni sono pervase da demotivazione e scoraggiamento, segni di una difficoltà oggettiva nel riuscire a coinvolgere le persone e nel stimolare la loro creatività, voglia di fare e impegno.
E’ probabilmente uno dei problemi più gravi e dal profondo effetto, soprattutto nel medio-lungo termine. S’incrina in modo grave la capacità dell’azienda di creare risposte nuove e originali rafforzando l’effetto dell’”one man show”.
Lei investe in macchine, impianti e software, anche cifre molto importanti, sebbene questi investimenti diano un ROI solo teorico (molto spesso), essendo il risultato di scelte tecnologiche che tendono a proiettare in modo lineare il passato nel futuro e quasi niente nello sviluppo delle competenze delle sue persone, perché crede che “è meglio che lavorino” e che la formazione sia solo un costo. Così però sta compromettendo la capacità della sua impresa di avere successo e crescita nel tempo.
A volte è prigioniero di sistemi contabili e di calcolo dei costi anacronistici che generano comportamenti non più adeguati. E’ la vecchia scuola, economia classica, dove gli investimenti buoni sono solo quelli in hardware, la “roba” che lei può toccare e che rimane sua. La tecnologia che può fare tutta la differenza.
Beh, mi permetta, è falso!
Quello che il mondo di oggi sta dimostrando è che il vero vantaggio competitivo sostenibile non è nella “roba” ma nel “know how” e cioè nella capacità di innovare, di creare nuova conoscenza e di inventare modelli di business, tutte cose che stanno nelle persone e non nella “roba”.
E’ un panorama di luci e di tante ombre, che assomiglia a quelle giornate di nebbia fitta così tipiche delle nostre parti.
Si esce poco la sera compreso quando è festa
e c’è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra,
e si sta senza parlare per intere settimane,
e a quelli che hanno niente da dire
del tempo ne rimane.
Lucio Dalla
Le scrivo perché forse è arrivato il tempo di cambiare qualcosa.
Di togliere i sacchi di sabbia vicino alla finestra.
Ma la televisione ha detto che il nuovo anno
porterà una trasformazione
e tutti quanti stiamo già aspettando
sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno,
ogni Cristo scenderà dalla croce
anche gli uccelli faranno ritorno.
Lucio Dalla
Una grande persona, Edward Deming, che ha insegnato la qualità ai giapponesi, una volta ha detto che “non è necessario cambiare, la sopravvivenza non è obbligatoria”. Possiamo anche decidere di estinguerci, di terminare la vita delle aziende in una ricerca spasmodica di … niente!
Se come invece credo, lei è una persona lungimirante, attenta e intelligente, allora sappia che può esserci un modo diverso.
Vedi caro amico cosa ti scrivo e ti dico
e come sono contento
di essere qui in questo momento,
vedi, vedi, vedi, vedi,
vedi caro amico cosa si deve inventare
per poterci ridere sopra,
per continuare a sperare.
Lucio Dalla
Lei prima di ogni altra cosa – citando Napoleone – è un mercante di speranza. E a quella io punto, sulla speranza, nel far leva sulla sua capacità di creare un mondo possibile migliore, un modo nuovo e diverso di fare impresa, con le sue persone.
Grazie per la sua attenzione e perdoni se ho osato troppo, ma è necessario essere pronti: L’anno che sta arrivando tra un anno passerà, io mi sto preparando è questa la novità.
Buona settimana
Massimo