I consumatori sono statistica. I clienti sono persone.Alcune organizzazioni e tra poco farò qualche esempio, si sono totalmente dimenticate dell’obiettivo principale che dovrebbero perseguire, dedicandovi le loro migliori energie e capacità e cioè che lo scopo del business è creare clienti e mantenerli (Peter Drucker).
Il cliente, che dovrebbe essere oggetto della massima attenzione, finisce così per essere trattato in modo indegno, da strutture che ignorano, prima ancora dei basilari concetti di marketing e di customer service, le semplici regole della buona educazione, del rispetto, della serietà e di un fondamentale principio che è la ragione stessa di esistenza dell’organizzazione, ovvero l’erogazione di un servizio almeno equivalente al prezzo pagato per ottenerlo e/o di prodotti all’altezza delle caratteristiche qualitative promesse.
Per queste aziende la qualità e l’esperienza del cliente sono frasi immaginifiche da usare negli spot pubblicitari e da dimenticare subito dopo nella realtà dei fatti.
Il concetto di “organizzazione” in questo contesto è inteso in senso ampio e va da strutture pubbliche al mondo delle imprese.
I casi cui mi voglio riferire sono tre: la Brexit, le società di telefonia mobile e fissa e le strutture ospedaliere. Questi tre diversi e apparentemente lontani mondi hanno in realtà alcuni punti di contatto su cui è opportuna una riflessione.
Brexit
Quando il governo teme il popolo, c’è libertà. Quando il popolo teme il governo, c’è tirannia.
Benjamin Franklin
L’autorità di governo, per quanto io sia desideroso di sottomettermi a essa – dato che obbedirò di buon grado a quelli che sanno e che possono fare meglio di me, e in molte cose anche a quelli che non sanno e non possono fare altrettanto bene – è ancora impura: per essere pienamente giusta, deve avere l’approvazione e il consenso dei governati. Non può avere diritti sulla mia persona o proprietà, al di fuori di quelli che io le concedo. L’evoluzione da una monarchia assoluta a una costituzionale, e da una monarchia costituzionale a una democrazia, è un progresso in direzione di un autentico rispetto per l’individuo.
(…) Non vi sarà mai uno Stato veramente libero e illuminato, fino a quando lo Stato non giungerà a riconoscere l’individuo come una forza più alta e indipendente, dalla quale derivano tutto il suo potere e la sua autorità, e lo tratterà di conseguenza.
(Henry David Thoreau – Disobbedienza civile)
Al di là di giudizi di ordine politico, la scelta della Gran Bretagna di uscire dalla Comunità Europea è antistorica.
In un mondo che vede il rafforzamento delle collaborazioni tra nazioni, gli inglesi decidono di giocare la partita da soli. Ritengo che sia una scelta miope e inadeguata rispetto alle sfide che l’Europa deve affrontare.
Tuttavia è interessante riflettere sulle ragioni di questa scelta.
A mio parere, è il risultato di una grave mancanza di leadership a livello europeo e di una Comunità vista come vessatoria, autoritaria e composta di burocrati che legiferano sulla lunghezza delle vongole, ma, sono totalmente inetti rispetto ai grandi temi di politica internazionale e a una seria risposta alla crisi economica.
Probabilmente se il referendum fosse fatto in altri paesi, Italia inclusa, i risultati sarebbero simili.
Insomma, gli inglesi – e non solo loro – non percepiscono alcun valore nel rimanere all’interno della Comunità Europea.
La generale bassa partecipazione alle elezioni, fenomeno diffuso in molti paesi, è testimonianza di un distacco sempre più pronunciato tra una classe politica chiusa in un mondo autoreferenziale che non ha più nulla da spartire con i problemi veri della gente, delle imprese e incapace di generare risposte nuove e originali ai problemi di sempre che la globalizzazione sta portando a livelli intollerabili.
Grave mancanza di leadership, disinteresse per i problemi reali e incapacità di creare valore per i cittadini degli stati membri della Comunità sono tra le cause della Brexit.
Le istituzioni di Bruxelles dovrebbero essere al servizio delle persone e non il contrario.
Quei signori hanno completamente dimenticato il loro obiettivo e i loro clienti (cittadini).
Società di telefonia mobile e fissa
Consideriamo i clienti gli invitati a una festa a casa nostra. E’ compito nostro, tutti i giorni, migliorare ogni aspetto dell’esperienza che vivono… E se riusciamo a dar vita a un’esperienza straordinaria, allora ne parleranno tra di loro. Il passaparola è potentissimo.
(Jeff Bezos)
Le telefonate a orari improbabili e la scocciatura continua dei signori della telefonia che ti propongono continuamente offerte incredibili, hanno raggiunto livelli insopportabili.
La stessa azienda chiama più volte al giorno e più volte alla settimana, sempre con operatori diversi, i quali poi si giustificano dicendo che non disponendo di un database dei potenziali clienti, non sanno che il collega ha già telefonato.
In spregio alle leggi sulla privacy chiamano direttamente al numero di cellulare.
Probabilmente usano agenzie pagate in base al numero di nuovi contratti, moderni bounty killer (cacciatori di taglie) ai quali tentiamo invano di fuggire.
Altro che clienti soddisfatti.
In alcuni siti di queste società non è nemmeno previsto un numero o un indirizzo e-mail dove poter mandare eventuali contestazioni o reclami.
Nei loro indicatori di performance la soddisfazione dei clienti sarà sempre al massimo perché hanno eliminato di default tutte le possibilità di feedback da parte dei clienti.
Ogni utente potrebbe raccontare storie di disservizi, fastidi e obblighi contrattuali unilaterali.
Queste società hanno impostato la loro strategia solo sul prezzo e per questo hanno scatenato una battaglia tra di loro per la conquista degli utenti che si trovano in mezzo a offerte, proposte e altre idiozie collegate.
Siamo clienti felici e soddisfatti? Direi proprio di no, siamo solo rassegnati.
E se domani un nuovo operatore venisse sul mercato seguendo solo alcune regole basilari di efficienza, rispetto e trasparenza, sono sicuro che molte di queste aziende perderebbero di colpo un bel numero di clienti.
Anche loro considerano i clienti invitati a una festa: una messa nera dove si compiono riti satanici…
Ospedali
Egidio-by pass, ingegnere grasso e saggio con cui avevo fraternizzato nei giorni precedenti, mi venne incontro dandomi una pacca sulla spalla: “Ho saputo della sua prima diagnosi, complimenti, congratulazioni, non vedeva l’ora, eh?”.
“Già, ma francamente speravo di meglio.”
“Ma lei è appena arrivato, ed è oltretutto al suo primo ricovero! Cosa si aspettava, il colpo di bacchetta magica?”
Forse aveva ragione lui, e approfittai della sua presenza per capire qualcosa di più dei meccanismi ospedalieri. “Quindi, secondo lei, io sto sbagliando ad agitarmi tanto?” gli domandai con deferente rispetto.
“Figliolo mio, ma è naturale! Lei mi sembra un giovincello idealista e sprovveduto. La prima cosa che bisogna tenere a mente, entrando qui dentro, è che un ospedale non è poi un posto così brutto come lo dipingono.
Solo che bisogna essere in ottima forma fisica e spirituale per reggerlo, e non è da tutti. Ma non è colpa di nessuno se non della nostra salute deficitaria, si ricordi.”
“E allora tutti quelli che vengono qui sperando di guarire? Cosa sono, ingenui?”
“E’ chiaro, tutti sperano di guarire la prima volta, di trovare la causa vera dei loro disturbi e di poterla eliminare definitivamente. Ma è come quando, da ragazzi, si sogna l’amore eterno e assoluto. Basta fare qualche esperienza e, dopo le prime delusioni, si abbassano le pretese e a quel punto si può essere moderatamente felici. In ospedale è lo stesso, basta sapere come stanno le cose e non pretendere la luna. Ora anche lei sa che, come una rondine non fa primavera, così una diagnosi non fa necessariamente una malattia.”
“Quindi è una questione di pretese eccessive, di presunzione…”
“Vede quel gruppetto di malati là in fondo”, indicò con un dito un capannello di persone vicino al telefono a gettoni. “Non ce n’è uno che non sia già passato per questo ospedale almeno due o tre volte. Eppure qualcuno di loro, in questo modo, è persino riuscito a raggiungere un’autentica saggezza, un salutare senso della realtà: i più intelligenti hanno capito che quando entri in un ospedale non sei più una persona, ma un caso. E non per niente, se ti capita di guarire, è per caso.” (Roberto Levi – Lo sapevo non dovevo ammalarmi)
Ci hanno raccontato che la sanità in Lombardia è a livelli di eccellenza.
Probabilmente il benchmark che questi politici hanno fatto è stato con le strutture sanitarie della Somalia.
Lunghe liste di attesa, ospedali dove mancano medicine e medicamenti, assistenza infermieristica delegata in molti casi a infermieri e infermiere che parlano a malapena italiano, con turni pesanti e sottopagati – quindi arrabbiati e nervosi, reparti con gravi carenze di personale, sono alcuni dei problemi che non consentono di avere un’assistenza adeguata a un paese civile e moderno.
Procedure assurde e inefficienti che ricadono sui pazienti o i loro familiari, pensate da chi, chiuso in qualche ufficio senza conoscere la realtà operativa, ha creato processi faticosi, lunghi, aggiungendo alle preoccupazioni per la salute, un aggravio di fastidi intollerabili.
Medici e infermieri frustrati da processi mal progettati e che devono operare in un sistema che invece di consentire loro di creare valore per il cliente/paziente attraverso lo svolgimento della professione per la quale molti si impegnano con passione e serietà, sono trasformati in burocrati con scartoffie da riempire o con sequenze di visite impossibili da gestire.
Eroi ed eroine che cercano di fare il loro meglio in un sistema mal gestito e mal organizzato e i cui costi continuano ad aumentare.
E clienti/pazienti che sono oramai rassegnati a entrare in una sorta di tritacarne da cui sperano di uscire forse curati, almeno – si spera – vivi.
Mentre i politici, naturalmente vanno in cliniche e ospedali privati … Mah!
Noi comune plebaglia siamo solo dei casi.
Tre casi, politici, operatori di telefonia, sanità, diversi ma simili nell’ignorare i bisogni dei loro clienti e potenziali tali, in tempi dove si parla di valore e dell’importanza dell’esperienza del cliente.
Ricordate sempre che non potete controllare il vostro futuro. Il destino non è nelle vostre mani: è in quelle di un consumatore e di una società irrazionali. Sono i cambiamenti nei loro bisogni, desideri e aspettative che vi diranno dove andare (…). Questo vuol dire che i manager devono avere il polso del cambiamento ogni giorno, sempre (…). Devono essere dotati di una spiccata curiosità, osservare gli eventi, analizzare i trend, cercare gli indizi del cambiamento e tradurli in opportunità. (Michael Kami)
Poiché non ne possiamo fare a meno, speriamo che un raggio di luce squarci le tenebre di cervelli confusi e impegnati in giochi tutti interni e che hanno dimenticato la ragione per cui la loro organizzazione esiste: noi, clienti, utenti, pazienti e cittadini.
Non siamo statistica ma persone…
Design a better world.
Buona settimana
Massimo